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Così la Difesa si riorganizza. Il punto del sottosegretario Calvisi

“Uno strumento militare di dimensioni più contenute, ma più sinergico ed efficiente nell’operatività e pienamente integrato nel contesto dell’Unione europea e della Nato”. È l’obiettivo della Difesa ribadito dal sottosegretario Giulio Calvisi, intervenuto alla Camera per rispondere a un’interrogazione a prima firma della deputata pentastellata Alessandra Ermellino, relativa all’organizzazione del personale delle Forze armate. In particolare, gli interroganti hanno chiesto al dicastero guidato da Lorenzo Guerini un bilancio della legge 244 del 2012, la cosiddetta “Legge di Paola”, elaborata dall’allora ministro della Difesa con l’obiettivo di avere entro il 2024 uno strumento militare di dimensioni più contenute, ma più sinergico ed efficiente.

L’ATTENZIONE DEL DICASTERO

Su questo, ha spiegato Calvisi, l’attenzione del dicastero resta ben focalizzata. “La Difesa è impegnata da tempo a realizzare, in applicazione della legge 244 del 2012, una revisione dell’intero strumento militare che, tenendo conto da un lato delle esigenze di sicurezza correlate al quadro geostrategico di riferimento e dall’altro della perdurante difficile congiuntura economica, mira a garantire la sostenibilità finanziaria e l’efficienza operativa”. Fino ad oggi, ha aggiunto il sottosegretario in quota Pd, “le misure adottate tracciano un percorso del tutto coerente con le previsioni delle disposizioni normative e con gli obiettivi da conseguire in termini quantitativi, qualitativi e temporali”. In primo luogo, si procede con “la graduale riduzione numerica del personale”.

COSA PREVEDE LA LEGGE

D’altronde, la cosiddetta “Legge Di Paola”, prevede una riduzione generale entro il 2024 a 150mila unità di personale militare delle tre Forze armate partendo da un numero complessivo di 190mila. Negli stessi tempi, si dovrà passare a 20mila unità per il personale civile, a fronte delle 30mila di partenza. Particolarmente ostico risulta l’obiettivo sul fronte del bilanciamento della spesa, attualmente pesantemente sbilanciata verso il Personale, a detrimento delle voci Esercizio e Investimento da cui dipendono gli investimenti per la modernizzazione. Secondo la legge 244, la funzione Difesa dovrà essere ripartita “orientativamente” sul 50% per il settore del personale, 25% per l’esercizio e 25% per l’investimento.

UNO STRUMENTO MILITARE ADEGUATO

Non sarà facile. Difatti, ha spiegato Calvisi, c’è prima di tutto “l’esigenza di mantenere elevati standard qualitativi”, da accompagnare agli “ineludibili impegni internazionali assunti dall’Italia”. In ogni caso, “l’intervento strutturale in chiave riduttiva già intrapreso mantiene la sua piena attualità, e va implementato affinché le strutture organizzative, cioè gli enti, i comandi delle aree di vertice, operative, territoriali, logistiche, formative ed infrastrutturali delle Forze armate, siano ricondotte entro limiti compatibili con le risorse disponibili”. Non sarà un indebolimento, ha chiarito il sottosegretario: “La riorganizzazione è finalizzata all’ottenimento di uno strumento militare di dimensioni più contenute, ma più sinergico ed efficiente nell’operatività e pienamente integrato nel contesto dell’Unione europea e della Nato, capace di esprimere e di sostenere capacità operative adeguate agli scenari di instabilità del quadro geopolitico ed economico”. Per questo, la riduzione numerica del personale, militare e civile, “è oggetto di un costante monitoraggio a cura dello Stato maggiore della Difesa e degli Stati maggiori delle Forze armate”.

IL RIORDINO DELLE CARRIERE

Parallelamente, si lavora sul riordino della carriere. “Nell’ambito dell’evoluzione degli scenari di riferimento, l’attenzione è costantemente volta all’ottimizzazione funzionale dello strumento militare, anche in relazione alla funzione di supporto del personale civile”. Già nel 2017, ha ricordato a Montecitorio Calvisi, il decreto legislativo n. 94 prevedeva “l’attribuzione anche per il ruolo dei graduati e dei sergenti di una qualifica speciale attribuibile al personale che rivestiva il grado apicale”, in modo da “valorizzarne l’operato affidando ad essi incarichi di maggiore responsabilità rispetto ai pari grado”. In più, “la carriera del ruolo marescialli è stata riconosciuta a sviluppo direttivo; precedentemente questa era una prerogativa dei soli ufficiali; ciò – ha detto concludendo il sottosegretario – unitamente al requisito del possesso della laurea per la promozione al grado di primo maresciallo, ne sancisce un’ulteriore elevazione funzionale”.



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