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Inclusione in azienda? Fa crescere il fatturato e migliora il clima tra colleghi

“Inclusione” e “Diversità” sono due termini ormai noti anche nel vocabolario di numerose aziende, indipendentemente dalla loro natura e dalla loro storia.
Non si tratta solo di un approccio politically correct, ma di azioni che producono anche concreti risvolti economici, a cominciare da ricadute positive sulla reputazione aziendale agli occhi dei consumatori.
Ne ho parlato con Monica Magri, HR & Organization Director di The Adecco Group Italia.
In quest’intervista Magri spiega perché al giorno d’oggi nessuna azienda con ambizioni di crescita può prescindere da iniziative e pratiche di questo tipo.

Avete appena presentato un White Paper su diversity e inclusione in azienda, come mai?
Perché siamo convinti che le aziende inclusive siano quelle che riescono a far convivere diversi approcci e stili di leadership, valorizzando le differenze individuali e di cultura e con vantaggi concreti anche per il business. Un’azienda che dimostra di mettere in pratica questi valori è sicuramente una realtà più attrattiva: la percezione di diversità rende più liberi di esprimersi e soprattutto di essere sé stessi.
L’azienda riesce così ad avere persone focalizzate sulle performance e non concentrate ad aderire a modelli e valori preconfezionati.
Il nostro White Paper “Diversity & Inclusion, una nuova leva competitiva in azienda” nasce dunque per dimostrare alle altre aziende che l’inclusione produce vantaggi concreti anche in termini di innovazione, crescita e sviluppo.

Quali sono quindi, nello specifico, questi vantaggi concreti?
Un grande vantaggio che spesso viene sottovalutato riguarda la reputazione e la percezione esterna. Nel nostro White Paper riportiamo alcuni dati emblematici in tal senso: il 51% dei consumatori dichiara di scegliere con convinzione brand inclusivi e un ulteriore 23% preferisce brand che investono sulla D&I.
Complessivamente dunque tre italiani su quattro esprimono preferenze di questo tipo. Un aspetto che però molti non considerano è quello legato ai vantaggi economici: il gap di crescita dei ricavi tra una azienda che investe sulla D&I e una che non lo fa può superare il 20% a favore dell’azienda più inclusiva. E pensare che appena un anno fa il divario era del 16,7%.

Ma torniamo all’obiettivo di sensibilizzazione del vostro White Paper. Se lo avete fatto per questo è perché in Italia siamo ancora indietro. È veramente così?
Stiamo crescendo molto e molto velocemente, ma c’è ancora da lavorare. Persiste infatti l’errata convinzione che la Diversity sia essenzialmente un costo, quando, come abbiamo appena visto, ci sono numerosi studi che dimostrano l’esatto contrario. In particolare, abbiamo ancora un grado di attenzione troppo basso rispetto alle differenze etnico-culturali e alla seniority. Le pratiche D&I attuali si concentrano prevalentemente sul genere (82%), sugli under 30 (55%) e sulle persone con disabilità (53%). Inoltre, solo il 42% delle imprese monitora i risultati attraverso indici di misurazione delle performance.

Quali dunque i fronti più urgenti su cui agire nell’immediato oltre ad alzare l’attenzione sulle differenze etnico-culturali?
Sono diversi i fronti su cui dobbiamo agire rapidamente, e in questo caso non parlo solo dell’Italia ma in generale dell’Unione Europea e di alcuni paesi extra UE. Tra questi ci sono sicuramente i temi legati al gender gap come la parità di salario a parità di mansioni, le possibilità di accesso ai ruoli executive e un bilanciamento del carico assistenziale extralavorativo che la donna si trova a sostenere in famiglia rispetto agli uomini, la violenza di genere e infine l’indipendenza economica e l’istruzione con particolare riferimento alla cultura scientifica e tecnologica. Tali obiettivi sono i cardini su cui la stessa Unione Europea ha impostato il suo programma di lavoro per gli anni a venire e i diritti delle donne e delle ragazze rientrano anche all’interno dei 17 punti dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Continuerete a dare l’esempio anche in futuro? Le aziende possono essere il punto di partenza per il cambiamento dell’intera società?
Le aziende rappresentano la società: ne sono un prodotto e costituiscono un microcosmo dinamico chiamato a confrontarsi con urgenza con i cambiamenti in atto. In un contesto sociale sempre più complesso sia culturalmente che dal punto di vista dell’economia e dei mercati, capire e accettare le diversità significa interrogarsi su come le differenze possano influenzare processi, ambienti e la capacità delle persone di lavorare per valorizzare i talenti e costruire organizzazioni efficienti e produttive. Continueremo a lavorare guidati da queste convinzioni, sapendo che siamo di fronte a un cambiamento epocale e irreversibile e coloro che riusciranno ad abbracciare velocemente il nuovo avranno molte più probabilità di sopravvivere in un mercato sempre più competitivo.

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