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Se Intelligence fa rima con dialogo. Parla Frattini (Sioi)

Interesse nazionale, motore dell’intelligence. Un concetto mutevole in forma e contenuti che ne rende permeabile la definizione dei confini. Ma se è vero che esso è la ragion d’essere dell’attività di intelligence, è altrettanto vero che quest’ultima deve evolversi almeno allo stesso passo. Ma il lavoro dell’intelligence non è soltanto di servizio – cioè quello di agire in base alle priorità indicate dallo Stato –, bensì anche quello di produrre un risultato su cui il governo possa aggiustare le proprie decisioni.

L’attività dei Servizi segreti è in grado di plasmare e rimodulare le priorità stesse del sistema-Paese, innescando un’interazione reciproca con l’esecutivo. Un sistema che si è potuto efficientare anche grazie alla riforma del 2007, che ha reso possibile ai servizi segreti di curare in modo strutturato tutti i profili di interesse nazionale alla luce dei repentini cambiamenti tecnologici e geopolitici in atto.

La facoltà dell’intelligence di portare sul tavolo decisionale temi sempre nuovi è cruciale soprattutto nella misura in cui le minacce più classiche alla sicurezza nazionale sono sia lungi dall’essere scongiurate, sia hanno modificato natura e obiettivi, in particolare sul versante cibernetico ed economico. Di fronte al progressivo allargarsi della dimensione cibernetica, l’intelligence ne ha intuito la dimensione orizzontale, capace di attraversare trasversalmente molteplici criticità e – in certi casi – amplificarle. In secondo luogo, la globalizzazione economica ha trasformato i luoghi di investimento e gli investitori stessi in elementi direttamente attinenti alla libertà e alla sicurezza nazionale.

Con questa consapevolezza – quando ricoprivo la carica di ministro degli Affari Esteri – a sostegno dell’intelligence economica è stato istituito un comitato strategico sui fondi sovrani; questa decisione fu strumentale alla presa di coscienza che gli investimenti relativi a fondi sovrani costituiscono oggi una delle maggiori criticità per l’attività dei Servizi in materia economica. Ma di fronte alla crescente complessità delle minacce e alla frammentazione degli interessi, è sempre più verosimile che l’interesse nazionale venga privato della sua natura e ridotto a una locuzione abusata, spesso fraintesa. È quindi necessario non solo mediare tra gli attori coinvolti, ma anche creare veri e propri forum di dialogo e scambio di informazioni, in funzione di tutte le priorità nazionali.

A tale scopo, in Italia sarebbe auspicabile la creazione di un Consiglio di sicurezza nazionale. Ad oggi, il sistema-Paese si avvale solamente del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, che però non ha la facoltà di coinvolgere al suo interno tutti gli attori non pubblici– come aziende, associazioni, imprenditori, operatori delle telecomunicazioni, vigilanza del settore bancario –, altrettanto importanti per la definizione dell’interesse statale. Un Consiglio di sicurezza nazionale potrebbe invece coinvolgere tutti gli stakeholder in una platea di confronto, evitando che le decisioni prese a livello interministeriale vengano semplicemente diffuse a cascata, senza un confronto diretto.

L’Italia ha tutte le carte in regola per giocare questa partita. I servizi segreti hanno mostrato un’ottima capacità di monitoraggio e di visione organica dell’interesse nazionale, anche nei casi in cui i dissidi interni alla politica hanno fatto scivolare importanti dossier – come quello libico – al di fuori dell’orizzonte di priorità. Molto può essere fatto anche a livello europeo.

Sebbene sia ancora condivisa da più parti l’idea dell’interesse nazionale come una prerogativa esclusivamente statale, può (e deve) esserci un certo grado di avvicinamento su alcuni importanti dossier. Ad esempio, i fatti legati all’attentato del Bataclan – in cui uno dei terroristi ha circolato per almeno tre Paesi europei senza una segnalazione a una banca dati centrale – rivelano la necessità di dotarsi di un’unica centrale operativa che faciliti la condivisione di dati.

L’European union intelligence analysis centre (Intcen) rappresenta un importante organismo a livello europeo per stabilire un dialogo costruttivo sul tema, ma si è ancora molto lontani dalla condivisione delle informazioni. Che si tratti di istituzioni nazionali o europee, rimane comunque prioritario continuare a lavorare per implementare un dialogo inclusivo e costruttivo sull’interesse nazionale, affinché non risultino esclusi importanti attori o, peggio, dossier critici.



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