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L’Italia (senza divisioni politiche) sale a bordo del Tempest. Evviva

È ufficiale: l’Italia ha scelto il Tempest britannico. Come da anticipazioni di stampa, la firma della lettera d’intenti è avvenuta a Londra nel corso della conferenza dedicata alla difesa Dsei, e segue mesi in cui industria e mondo militare invitavano il ministero della Difesa a procedere in tale direzione, salendo dunque a bordo del progetto inglese per il caccia europeo di sesta generazione. Tutta la politica italiana ha dato il suo assenso, dal Pd alla Lega, da Forza Italia al M5S, mentre il neo ministro della Difesa Lorenzo Guerini, in un passaggio di consegne simbolico (e positivo) con Elisabetta Trenta, che aveva seguito il dossier, ha espresso la sua soddisfazione.

LA FIRMA

A firmare il memorandum of understanding c’era per l’Italia il generale Nicolò Falsaperna, segretario generale della Difesa e direttore generazione armamenti. Si tratta di un primo accordo per la cooperazione, a cui seguiranno intensi e delicati negoziati per la parte più tecnica, quella in cui si decideranno attività di sviluppo e ritorni industriali e si inseriranno i requisiti delle proprie forze armate. L’incontro determinante è stato quello di fine agosto a Helsinki tra l’ormai ex ministro Elisabetta Trenta e l’omologo del Regno Unito Ben Wallace a margine del vertice informale con gli altri colleghi dell’Unione europea. Si apre così il mandato di Lorenzo Guerini a palazzo Baracchini, con una scelta ereditata dal suo predecessore a cui tuttavia dovrà seguire un’azione costante. L’intesa, ha detto il neo ministro, “è un’importante partnership nel settore strategico dell’aerospazio; un risultato molto positivo raggiunto grazie al lavoro efficace e concreto, che conferma l’eccellenza dell’industria italiana della Difesa”.

L’INTESA

“La dichiarazione d’intenti – spiega la Difesa – impegna entrambi i governi a sviluppare ulteriormente le proprie capacità nel settore Combat air”. Si tratta del risultato di uno studio di fattibilità lanciato oltre un anno fa, il quale ha dimostrato che “Uk e Italia sono partner naturali nel settore”, soprattutto considerando che le due Aeronautiche “impiegano sistemi d’arma comuni, Eurofighter e F-35”. Sulle esperienze acquisite su tali assetti, nota il ministero, “è stato registrato un forte allineamento di vedute in merito alle caratteristiche necessarie ad un sistema aereo di prossima generazione”, da aggiungere alla “cinquantennale” esperienza condivisa su Tornado ed Eurofighter. Così, “entrambi i governi hanno confermato la comune volontà di stabilire una solida base industriale per poter sviluppare le necessarie capacità tecnologiche e assicurare il successo del programma, esprimendo la volontà di fare affidamento sulle rispettive industrie nazionali, comprese le realtà industriali condivise quali Leonardo e Mbda, oltre che Avio Aero ed Elettronica”.

IL PROGETTO BRITANNICO…

Per l’Italia, si tratta di una scelta che il settore attendeva da tempo. Il progetto britannico era stato presentato a luglio dello scorso anno al salone di Farnborough, alle porte di Londra, e da subito era apparsa la risposta britannica alle mosse di Parigi e Berlino, che già nel luglio del 2017 si concretizzavano in una prima intesa tra Emmanuel Macron e Angela Merkel per il caccia di sesta generazione. Ma quella del Regno Unito si era dimostrato anche un progetto più che concreto, con tanto di un primo stanziamento da ben 2 miliardi di sterline fino al 2025, destinato al team industriale composto da Bae Systems, Leonardo Uk, Mbda e Rolls Royce. Poi, lo scorso luglio, come previsto, al progetto Tempest ha aderito la Svezia, desiderosa di far salire a bordo il proprio colosso Saab, forte dell’esperienza pluridecennale nella produzione di velivoli caccia, a partire dal più noto Gripen.

…E QUELLO FRANCO-TEDESCO

D’altra parte quella industriale è la partita più ghiotta, anche guardando il fronte franco-tedesco. Già ad aprile 2018, è arrivata l’unione di intenti tra la francese Dassault e il colosso franco-tedesco Airbus, fino all’assegnazione da parte della Difesa di Parigi del primo contratto a febbraio: 65 milioni di euro alle due aziende per la definizione dell’architettura generale e dell’organizzazione industriale del velivolo di nuova generazione, destinato a sostituire i Rafale ed Eurofighter. Poi a luglio, al salone parigino di Le Bourget, le ultime novità sono state presentate in pompa magna nella giornata di apertura con la presenza di Macron. Oltre all’adesione ufficiale della Spagna (già nota da dicembre 2018), Dassault e Airbus hanno reso nota la proposta congiunta per la prima fase di sviluppo tecnologico dei dei dimostratori, sia per il caccia, sia per i velivoli remoti che da esso dipenderanno. In più, la proposta comprende anche un Air combat cloud (Acc) per gestione di tutto il “sistema di sistemi”, con l’obiettivo di eseguire i primi voli dimostrativi entro il 2026.

LA SCELTA ITALIANA

L’Italia restava al palo. Ciò aveva generato le perplessità del mondo industriale e militare, per una partita da cui dipenderà il futuro assetto del settore Difesa e aerospazio del Vecchio continente. Da diversi mesi le preoccupazioni si erano fatte più insistenti, tutte a indicare l’urgenza di fare una scelta rapida, e quasi tutte a propendere per il Tempest britannico. A far preferire la proposta di Londra emergevano diverse ragioni, la convergenza delle linee di volo, i legami industriali (forte la presenza di Leonardo in Uk), ma soprattutto la disponibilità dei proponenti. Da Parigi e Berlino non sarebbe mai arrivato alcun invito, mentre il Tempest era dichiarato sin dall’inizio disponibile ad adesioni che, secondo gli esperti, rivolgevano lo sguardo proprio a Svezia e Italia.

LE ESIGENZE

Tra gli obiettivi del trio non è da sottovalutare il contesto europeo. L’adesione dell’Italia al Tempest permetterebbe infatti al progetto di essere suscettibile di assegnazione dei co-finanziamenti previsti nel nuovo Fondo europeo di Difesa (Edf), lo strumento da cui si attendono 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Nel frattempo però ci sono tanti passi ancora da compiere, anche nel caso in cui i due progetti diventino uno solo. Alla base ci sono comunque le esigenze operative, con la necessità rimpiazzare gradualmente, a partire all’incirca dal 2040, i 96 Eurofighter che termineranno in quel periodo la loro vita operativa. Si deve individuare in definitiva il velivolo che volerà insieme agli F-35, e su questo gli obiettivi tra Italia e Uk sono pressoché identici vista la condivisione degli assetti di volo.

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