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La “Casa di carta” e le nuove leadership contemporanee

È uno dei titoli di punta di Netflix. Possiede già due primati non scontati: è la serie di lingua non inglese più vista del catalogo Netflix ed è l’unica fiction ad aver mai vinto il premio di Migliore serie TV drammatica agli lnternational Emmy Awards (nel 2018) in lingua spagnola. Perché questo successo? Come tutte i serial popolari, la trama è una scusa per intercettare e parlare delle inquietudini di fondo degli individui e delle comunità contemporanee. Cosa insegna a noi cittadini, consumatori, professionisti, manager o leader?

ETICI MA SPIETATATI NELL’IPER-CONTRADDIZIONE

Non farò troppi spoiler e sarò misurato nelle informazioni, ma per i lettori che non conoscono la trama della serie devo riportare in breve di cosa stiamo parlando.

La Casa di Carta tratta dell’epica avventura di un gruppo di individui troppo umani: grossolani, crudi, maleducati e criminali, che – uniti da un deus ex machina, il “Professore”: uomo riflessivo, fragile, debole, cagionevole ma geniale e dalla doppia personalità (introspettiva vs attiva) – decidono di fare il colpo della vita. Irrompere nella zecca nazionale spagnola, prendere in ostaggio 60 persone – dipendenti interni – e con loro stampare nuovo denaro. Non una banale rapina che porta via la ricchezza dei contribuenti. Ma un colpo contro il Sistema capitalistico. Da qui in poi proseguite voi, guardando – se volete – la serie…

Quello che trovo interessante non è la trama in sé, può piacere o meno, ma il sistema dei personaggi creato, il modo in cui si relazionano e il loro mondo che sembra il nostro. Dove resistere diventa la parola d’ordine.

la casa di carta

E in cui viene richiesto a tutti (personaggi della serie o spettatori) di essere allo stesso tempo: razionali ma istintivi, freddi ma empatici, riflessivi ma attivi, pacati ma veloci, dipendenti ma intraprendenti, trasparenti ma opachi, etici ma spietati. Una somma di contrapposizioni che creano inquietudine e caos. Avvento delle società ad iper-contraddizione (hyper-contradiction society).

GIÙ NELL’HYPER-CONTRADICTION

Nella serie, queste iper-contraddizioni ci rispecchiano e ci portano ad identificarci nei protagonisti più significativi del serial:

  • – Tokio: l’istinto che mette in discussione tutti e tutto, spariglia le carte e fa ricominciare i giochi (che guarda caso è la voce narrante);
  • – Berlino: la razionalità fredda e cinica capace però di grandi sacrifici;
  • – Rio: l’ingenuità della fiducia e delle emozioni positive che possono essere pericolose se non in equilibrio con l’intelligenza;
  • – Helsinki: la generosità della forza e la verità della passione, inutile se non bilanciata da una visione delle cose;
  • – Nairobi: la volontà di prendersi cura degli altri nel portare a temine compiti, obiettivi, responsabilità;
  • – Denver: l’azione risolutiva, difficile e veloce che se viene compiuta senza riflettere rovina tutto;
  • – Il Commissario Murillo: il pensiero critico e sospettoso che è sempre alla ricerca di qualcosa in cui credere (amicizia, lavoro, amore, etc)
  • – Il Professore: il disadattato geniale, mix assoluto di contrasti – come ognuno di noi è oggi – pacato e spietato, timoroso e risoluto, apprensivo e fermo, fragile ma all’occorrenza capace di diventare un ninja.

Noi siamo questi personaggi, cittadini e professionisti che gestiscono risorse in situazioni incoerenti, cioè in Case de Papel dove il familiare si rivela più che mai mutevole e disorientante. Tutti nella tana del Bianconiglio, di fronte al perturbante freudiano (A che è anche NON-A).

NELLA CASA DI CARTA: TRA FOLLOWSHIP E LEADERSHIP

Mentre sei di fronte al perturbante avviene l’azione drammatica. Ed è interessante osservare – nella serie – dove questa accade. Costantemente dentro “case” o “tende”; luoghi dell’iper-contraddizione. Le “case” che sono poi grandi istituzioni e organizzazioni finanziarie o le “tende” montate ad hoc dalla polizia a seconda delle necessità di intervento. Allegorie delle grandi strutture immobili o delle piccole costruzioni smontabili dove oggi prendiamo decisioni. Questi ambienti – proprio come quelli in cui viviamo e lavoriamo – sono sempre preda di:

  • – catastrofi incombenti, almeno nel percepito dei personaggi e quindi del lettore-spettatore: tutti sempre sull’orlo del finimondo;
  • – fluidità di relazioni e sentimenti: ci si innamora, poi ci si odia, poi si è amici, poi nemici, di nuovo alleati e poi avversari;
  • – ambiguità di situazioni e ruoli: le guardie diventano i ladri, i cattivi sono i buoni – in un modello di relazione dove a turno ci si passa lo scettro del comando ma non dell’obbedienza;
  • – ansia da enigma: la perenne condizione di tensione e apprensione che si traduce nel “cosa accadrà adesso?” (tipica situazione delle fiction riuscite ma anche delle nostre attuali vite davanti al perturbante).

Gli spazi della Casa di Carta sono il nostro ecosistema famigliare, sociale e organizzativo. Ci muoviamo alla costante ricerca di un senso da dare all’entropia e di una solidarietà da trovare tra colleghi, capi, collaboratori, clienti (o parentele, amici, conoscenti) dentro situazioni ansiogene e potenzialmente aggressive.

Palcoscenici in cui di volta in volta siamo follower – che ascoltano e seguono – o leader – che conducono. Tormento, contraddizione e disorientante sono le chiavi emotive della serie che risuonano la nostra iper-contraddizione. Trasformandoci da spettatori ad attori.

GESTIRE L’IPERCONTRADDIZIONE. LE COMPETENZE PER LA RESISTENZA

La Casa di Carta mette magistralmente in scena la sociologia delle organizzazioni in cui esistiamo. Con le Istituzioni e le aziende che sembrano regolarmente sull’orlo del precipizio, al limite del loro mandato. In ambienti estremi: volatili, incerti, complessi, ambigui o come si dice adesso con un acronimo divenuto trendy nel mondo accademico e aziendale VUCA (volatility, uncertainty, complexity, and ambiguity). Nella dimensione VUCA dobbiamo resistere e avere una serie di capacità di tenuta per vivere in situazioni estreme ad iper-contraddizioni dove la normalità non tornerà più.

la casa di carta 2

Difficile? Certo, ma queste abilità esistono. Il Professore ci ricorderebbe che l’attuale dibattito scientifico le ha definite come “post-normal skills” perché necessarie nel gestire problemi al di là della normalità quotidiana. Per questo ci occorrono:

– l’istinto terribile di Tokio: per captare prima degli altri le tendenze e gli eventi;
– la passionale sensibilità di Nairobi: per prendersi cura dei compagni;
– la resistenza e il coraggio infinito di Helsinki: per reagire agli urti e andare avanti nonostante tutto;
la curiosità senza limiti di Rio: per non rimanere fissi in una tradizione o in un dogma;
l’azione determinante di Denver: per stare focalizzati sull’obiettivo e raggiungerlo;
la freddezza che improvvisa di Berlino: per “ballare con i robot”;
la logica sospettosa del Commissario: capace di unire i puntini;
– la creatività controfattuale del Professore: per uscire da ogni situazione.

Nelle nostre Case di Carta, queste sono attitudini cognitive indispensabili per cavarsela. Ricordando sempre il mantra dei protagonisti della Casa de Papel: “Noi siamo la Resistenza”. Perché mai come oggi – negli ambienti VUCA – come cittadini, professionisti, manager e leader siamo chiamati a decidere in che modo resistere agli errori del passato. E, attraverso le nostre iper-contraddizioni, edificare i nuovi futuri.

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