Il Green new deal è una questione molto seria per tutte le implicazioni che ha sullo sviluppo del Paese e la tutela dell’ambiente (si veda Dieci buone ragioni per sbloccare l’End of Waste – Formiche 15/9/2019). Sulla quasi approvazione nel Consiglio dei ministri del 19 settembre si è scritto molto. A questo proposito un bell’intervento dell’ex Ministro Pecoraro Scanio, proprio su Formiche.net, ha messo in evidenza la priorità dell’emergenza climatica rispetto a quella economica. A ciò si potrebbe opporre che il clima è importante per l’uomo (e non in assoluto) e che tra i Goals dell’Onu ci sono anche quelli sociali (occupazione, povertà, ecc). Ma meglio tornare sul piano nazionale più confacente a chi scrive. Nel dl Ambiente abbiamo letto tutti del taglio del 10% ai Sussidi ambientalmente dannosi (Sad, si veda anche Tra riforma ambientale e sussidi ambientalmente dannosi). Una logica abbastanza simile, quella del dl Clima non approvato, a quella adottata da ministri delle Finanze di governi italiani meno recenti, che in questo modo tendevano a recuperare gettito. Non si possono eliminare i sussidi senza aumentare le tasse, almeno a qualcuno.
E non possiamo aumentare le tasse, visto che ne paghiamo già abbastanza, anche di quelle ambientali (tasse rifiuti, contributo provinciale, oneri in bolletta e alla pompa – ormai sono la metà del prezzo – accise varie). Come i Sad, anche le tasse ambientali sono di incerta classificazione e definizione e tuttavia qualche esempio possiamo farlo. Pagare tasse più alte sulla produzione dei rifiuti ci aiuta forse a produrre di meno o a gestirli meglio? Non mi sembra proprio e, purtroppo, qualche esempio lo abbiamo davanti agli occhi. Anzi l’aumento delle tasse, anche quelle ambientali, ci ha costretto, per rimanere competitivi, a introdurre i cosiddetti sussidi (in linea con le norme comunitarie), anche nel campo sociale (vedi le riduzioni per famiglie e servizi sociali). Solo con investimenti ben fatti, si può pensare di ridurre o eliminare eventuali distorsioni fiscali. Non “tagliare” ma investire.
Ci vogliono, quindi, un piano Industria 4.0 esteso all’economia circolare, dei crediti fiscali per chi investe nell’ambiente. Ancora, utilizzare in maniera sempre più efficace le varie di incentivazioni sul risparmio energetico (ad esempio i certificati bianchi). Sembra, peraltro, la logica sulla quale si sta ragionando in vita della nuova versione del dl Ambiente e in prospettiva della nuove legge di Stabilità. Tuttavia, questo però funziona poco, se non sblocchiamo le infrastrutture e i progetti dei privati in materia. Ad esempio, il tema dei “permessi” è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della CO2 previsti dal Pniec. Da oggi al 2030 ci sono 11 anni, ma se più della metà di questo periodo se ne va per ottenere l’autorizzazione, sarà più difficile raggiungere gli obiettivi previsti. Facciamo un altro esempio, quello dell’End of Waste (la “fine del rifiuto”).
Lo scorso 23 settembre la Regione Lombardia ha pubblicato una Circolare destinata agli enti territoriali regionali. Nella circolare la Regione Lombardia dà indicazione di non intervenire sui titoli autorizzativi vigenti e di non procedere, per ora, a stralciare le operazioni di recupero già autorizzate e conformi alla norma ai tempi vigente, considerata l’incertezza interpretativa attuale. Per quanto concerne le nuove autorizzazioni o i rinnovi, la circolare conclude che i relativi procedimenti dovranno essere valutati sulla base del nuovo testo dell’art. 184-ter, non potendosi autorizzare cessazioni di qualifica del rifiuto non previste da regolamenti comunitari o da decreti e norme nazionali. Intanto, alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati (presieduta dal Presidente Benvenuto) è partita (addirittura) un’indagine conoscitiva sul tema dell’End of Waste.
Dal 16 settembre stanno sfilando le associazioni di categoria, tutte che chiedono in maniera chiara e risoluta, di recepire l’art. 6 della Direttiva n. 851/2018, in particolare il par 2. D’altro canto un sistema End of Waste dà corpo e sostanza al tema del Green Procurement. Ed è abbastanza inutile inserire clausole verdi nei capitolati o dare crediti fiscali se non si riescono ad incrementare le “produzioni verdi” in Italia. Nonostante ciò, la norma mancante nel testo del dl Ambiente era proprio quella dell’End of Waste. In vista del nuovo testo che (si dice) dovrà essere portato al Consiglio dei ministri del 3 ottobre, ferveranno certamente i lavori a livello ministeriale. E tutti noi “incrociamo le dita” sperando che la soluzione sia quella prevista dalla direttiva comunitaria. Intanto, si chiude il 27 settembre, venerdì che ha visto lo “sciopero per il Clima” con assenza giustificata a livello ministeriale. Come scriveva Italo Calvino nel Barone Rampante “si sa che i rivoluzionari sono più formalisti dei conservatori”.
PS: A proposito alcuni Atenei hanno addirittura spostato le sessioni di esame previste per oggi. Il clima sarà stato, forse, contento, gli studenti dipende.