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Nel mondo fluido

Riprendiamo un passaggio dal messaggio di saluto del neo ministro degli Esteri Luigi Di Maio agli ambasciatori:

Attenzione prioritaria sarà dedicata alle sfide e alle urgenze più immediate, come il Mediterraneo allargato, l’Africa e la questione migratoria, sulla quale intendiamo lavorare per una maggiore responsabilizzazione dell’Europa e un superamento del regolamento di Dublino. L’Africa in particolare, non può essere più vista solo come motivo di preoccupazione, bensì come opportunità per individuare nuovi partner strategici attraverso i quali incrementare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese. Investimenti nei mercati emergenti, innovazione tecnologica, ricerca scientifica sono volàni importanti per l’internazionalizzazione dell’intero Sistema Paese, per alimentarne le dinamiche di crescita sostenibile e attenta agli equilibri climatici e ambientali, per innescare circoli virtuosi di crescita e sviluppo a beneficio delle generazioni future. 

Sono parole certamente condivisibili che, per essere efficaci dal punto di vista del governo, devono trovare un contraltare politico che, fino a oggi, è stato piuttosto giocato sul piano della propaganda.

Il Mediterraneo allargato è prevalentemente letto come terreno di scontro fra estremismi culturali e religiosi e non, laicamente, nella ricchezza delle sue complessità e potenzialità. Uno per tutti, il caso Libia è paradigmatico: tra tensioni interne e internazionali, quel Paese immenso è prigioniero di una guerra civile che sta sacrificando un popolo in una spirale negativa apparentemente senza vie di uscita. Tanti sono i tentativi per provare a risolvere una situazione sempre più intricata ma un dato è certo: nulla potrà essere pensato in termini di pacificazione e di ricostruzione se non si fermeranno gli scontri, responsabilizzando le parti interne e internazionali (l’Italia, nel quadro europeo, può fare molto) e individuando anche vie di intervento attraverso forme di soft power, a esempio le partnership inter-universitarie.

L’Africa, raramente, viene letta nelle sue prospettive di sviluppo (in ciò che in quel continente sta evolvendo) ma pressoché soltanto come terreno di conquista e come pericolo demografico (pur essendo, queste dinamiche, del tutto realistiche).

Il Mediterraneo allargato e l’Africa incrociano, inevitabilmente, la questione delle migrazioni, del nostro stare in Europa e della necessaria riforma del Trattato di Dublino.

Sono di fondamentale l’importanza, inoltre, i temi delle innovazioni tecnologiche, si pensi alla partita del 5G in termini di sicurezza nazionale, dei cambiamenti climatici e della crescita sostenibile. La questione di fondo, che incrocia quella della sovranità e del suo esercizio, è quella della mediazione tra spinte globali e interesse nazionale.

Il trasferimento politico di queste sfide diventa sempre più decisivo. La politica, oltre a raccogliere consensi, rafforza l’azione di governo solo se aiuta a far maturare consapevolezza diffusa sulla intensità delle transizioni nelle quali siamo immersi. Una cultura “glocale” non nasce dall’alto ma nei luoghi in cui le persone vivono e, spesso, soffrono; “glocalità” non è solo un esercizio intellettuale ma è la vita reale, quotidiana e territoriale, di ciascuno di noi che non può che inquadrarsi in dinamiche che – al contempo – ci comprendono e ci superano. La politica internazionale, val bene ricordarlo, è politica interna (e il rapporto con l’Europa lo dimostra).

Per questo auspichiamo, e gli intellettuali liberi (i servi o i detrattori del principe non sono intellettuali) hanno un ruolo fondamentale, che la politica colga la necessità di diventare “laboratorio” di realtà nella realtà. Non bastano convegni, blog, direzioni, feste o piazze ma ci vuole un lavorìo continuo, e faticoso, di coinvolgimento critico all’esterno delle forze politiche, sindacali, imprenditoriali. Bisogna rientrare nella realtà, investire sulla formazione di un personale dirigente che conosca i processi storici e il loro impatto sulla vita delle persone e che sappia dialogare, nel merito delle questioni, con chi quei processi raramente domina ma subisce.

 

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