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Sfida all’ultimo euro. Il governo alla prova del Def

È stato convocato il Consiglio dei Ministri per domani lunedì 30 settembre alle 18,30 per la discussione e l’approvazione della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef). Al di là dei contenuti specifici del documento, è un passaggio importante della “sfida all’ultimo euro” tra gli ormai quattro partiti che costituiscono la maggioranza parlamentare del governo Conte bis. Il successivo sarà il varo, previsto per il 10 ottobre, del Documento Programmatico di Bilancio (Dpb), che dovrà essere inviato alle autorità e partner dell’Unione europea (Ue) entro il 15 ottobre e che, deve contenere (per regole omogenee europee), dettagli sul programma di finanza pubblica per i prossimi tre anni (entrate, spese, saldi, debito) nonché stime di economia reale. Il momento cruciale della sfida avverrà con il dibattito in Consiglio dei Ministri del disegno di legge di bilancio per il 2020 e dalla successiva discussione parlamentare.

In cosa consiste la sfida? Ciascuno dei quattro partiti ha visioni politiche differenti che riflettono blocchi sociali diversi. Ciascuno ha fatto promesse ai propri elettorati; si tratta in gran parte di promesse che comportano impegni di spesa di parte corrente. Ciascuno vuole mantenerle perché il corpo elettorale è fluido. C’è stato, negli ultimi anni, un travaso di voti dal Pd al M5S e, poi, da quest’ultimo alla Lega. Ciascuno, quindi, tenta di tenersi ben stretti i propri elettori e possibile di attirarne altri, preferibilmente dai partiti con cui si sorregge, insieme, il Governo.

Il Nadef fornisce il quadro di riferimento economico entro cui elaborare il Dpb ed il disegno di legge di bilancio. A differenza dell’anno scorso, questa volta non ci dovrebbero essere grandi differenze tra la visione dell’Italia e quella dell’Ue sull’andamento macroeconomico: le stime convergono su un tasso di crescita per il 2020 dello 0,4-0,6%. Molto basso per accontentare tutti, anche perché secondo gli ultimi dati lo stock di debito pubblico è già al 135% del Pil. In aggiunta, queste stime rischiano di essere ottimistiche. Se raffrontiamo il periodo gennaio-luglio 2019 con quello dell’anno scorso vediamo che il fatturato è rimasto invariato, mentre gli ordinativi, complice anche il peggioramento della situazione internazionale, sono scesi del 2,3%, con una punta del -4,1% per quelli esteri. Vuol dire che dopo il rallentamento dei consumi e il crollo degli investimenti, specie in macchinari, ora sta lentamente emergendo quel fattore negativo per la crescita che finora avevamo solo intravisto: la discesa della domanda estera. Se quindi la prima parte della nostra crisi 2018-19 è stata determinata dalla domanda interna, la seconda viene ulteriormente appesantita dal rallentamento di quella estera. L’andamento nei prossimi mesi dipenderà anche da quello che farà la Germania. Se l’economia tedesca vivrà un anno difficile, peggiore rispetto alle previsioni, per l’Italia sarà arduo invertire una tendenza che ha visto il Pil andare in negativo nella prima parte dell’anno. E’ verosimile che tutto il 2019 sarà sostanzialmente a crescita zero e che nel 2020 si faticherà a toccare lo 0,4-0,6%.

Tutto ciò avrà un impatto sui nostri vincoli di spesa, perché se il Pil resta fermo i rapporti debito/Pil e deficit/Pil non scendono. Non necessitiamo di deroghe per quanto riguarda gli investimenti pubblici perché abbiamo 77 grandi progetti per i quali i finanziamenti sono stati stanziati da anni e che, bloccati per circa 16 mesi dal precedente Governo, attendono che vengano espletati gli adempimenti amministrativi per la nomina dei commissari (pare siano in corso trattative non facili all’interno del nuovo quadripartito).

Le spese di parte corrente (cresciute del 5% negli ultimi due anni nonostante vincoli, restrizioni e conati di spending review) ed il loro finanziamento sono il vero nodo perché su esse insistono le promesse all’elettorato. Come il nodo verrà sciolto lo si vedrà nel Dpb e nel disegno di legge di bilancio. Il Nadef dovrà, però, indicare se, per finanziarle, ci sarà una rimodulazione/aumento Iva od una revisione delle detrazioni fiscali (seguendo ad esempio le indicazioni della Commissione presieduta dal Prof. Mauro Maré). La prima strada è difficile da digerire un po’ a tutti ma soprattutto al M5S, che ne ha fatto un vessillo sbandierato anche dall’attuale Capo politico Di Maio, anche di fronte alle telecamere da New York. La seconda tutta sul vivo quei gruppi di interesse vicini al PD ma parte dei quali si sono avvicinati anche alla Lega.

In questa ottica dovrà essere letto il Nadef.

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