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Il caso del generale Stano. La lettera di Comellini (Sindacato dei militari)

Di Luca Marco Comellini

Gentile Direttore,
ho letto con interesse le dichiarazioni del generale Leonardo Tricarico e quelle della signora Elisabetta Trenta in merito alla recente conferma da parte della Corte di Cassazione civile della condanna inflitta al generale Bruno Stano dalla Corte di Appello di Roma che ora, quindi, dovrà risarcire gli eredi delle vittime e i feriti della strage di Nassiriya. Entrambi chiamano in causa il Sindacato dei Militari per il plauso alla decisione degli ermellini.

Se per un verso non mi sorprendono le parole dell’amico Leonardo, del quale conosco il coraggio, la tenacia e la passione con cui – da quando è in pensione – s’impegna pubblicamente per difendere la categoria dei generali, dall’altro, invero, devo ammettere che non mi stupisce neanche la posizione assunta dalla Trenta. Infatti, non mi sembra che il suo dire “io sto con il generale Stano” possa essere inteso come una novità.

Semmai mi sarei meravigliato del contrario visto che la Trenta, da ministra della Difesa del breve governo pentaleghista, nei fatti, ha sempre concretamente soddisfatto solo le richieste dei generali limitandosi a riservare alla truppa solo le chiacchiere, dei simpatici selfie, un balletto, qualche panettone e numerose pacche sulle spalle.

Non mi sorprende neanche la rivelazione postuma dell’esistenza di un “tavolo tecnico” ad hoc che l’ex ministra grillina dice di aver voluto per trovare una soluzione che, molto probabilmente, come già avvenuto in passato, sarebbe sicuramente stata l’ennesima norma salva generali. Per fortuna è intervenuta prima la sentenza della Cassazione.

Sicuramente non spetta a me ricordare all’amico Leonardo e alla signora Trenta o ai suoi lettori il complesso e lungo iter giudiziario che hanno dovuto affrontare i reduci e i familiari dei caduti di Nassiriya, tra mille difficoltà e i maldestri tentativi – per fortuna falliti – che taluni personaggi politici hanno cercato di mettere in atto per affossare i processi e cancellare quelle precise responsabilità che i giudici hanno definitivamente accertato proprio a carico dello Stano.

Ai due, Tricarico e Trenta, mi permetto di suggerire, prima di fare ogni ulteriore commento o di prendere posizione a favore o contro la decisione della Cassazione civile, di dedicarsi ad una attenta lettura di tutte le sentenze pronunciate dai Tribunali militari e ordinari nelle quali, alla fine, contrariamente a quanto da questi e molti altri è stato erroneamente sostenuto, fu proprio la Corte d’Appello di Roma – 1 Sez. Civile – già nel 2017 in sede di rinvio, ad affermare: “Accertata la piena responsabilità dello Stano in relazione al reato contestatogli, è altresì fondata la domanda risarcitoria proposta dalle parti civili… Nella fattispecie in esame è manifesta la stretta dipendenza tra il reato commesso e la morte e le lesioni riportate dalle vittime…”. E tale sentenza è stata confermata in ogni sua parte dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso dello Stano.

La decisione dei giudici può anche non piacere ma va rispettata e se l’affermare una contrarietà alla sentenza di condanna è pur sempre lecito, ma, in vero, oggi lascia il tempo che trova, contrariamente ai generali io sono fermamente convinto che anche il solo pensare di modificare la legge per rendere impunibili coloro che esercitano delle pubbliche funzioni rappresenti un pericolo da non sottovalutare e sufficientemente idoneo a rendere evidente uno scarso senso dello Stato in chi propugna una simile e pericolosa soluzione.

Il Sindacato dei Militari sta dalla parte dei diritti e del diritto, dalla parte delle vittime di Nassiryia. Ci auguriamo che lo sia anche il ministro Guerini.

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