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Il voto ai 16enni ha bisogno di riflessione (meglio se filosofica). L’opinione di Ocone

Chissà cosa avrebbe pensato Benedetto Croce della proposta dell’ex presidente del Consiglio Enrico Letta di dare il voto ai sedicenni? Il filosofo napoletano amava ripetere infatti il vecchio detto che il meglio che ha da fare la gioventù è di invecchiare il prima possibile. Probabilmente nelle sue parole c’era anche un intento polemico, politico: sul mito della “Giovinezza” aveva costruito la sua retorica l’Italia fascista, tutta tesa a differenziarsi dalla vecchia Italia liberale che giudicava spenta, prosaica, priva di energie (“Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza” recitava la più nota canzone del ventennio).

E un intento politico alla fine ci sarà pure nelle parole di Letta, se è vero come è vero che è a sinistra che votano per lo più i giovani, anche se spesso oggi preferiscono i movimenti verdi a quelli della sinistra tradizionale. Raymond Aron, fra l’altro, diceva che chi non è stato un socialista da giovane difficilmente sarà un buon conservatore nella maturità. In ogni caso, la maturità è stata da sempre associata alla saggezza, alla capacità di giudizio sereno e anche un po’ distaccato, alla capacità di temperare le proprie passioni ed incanalarle lungo un sentiero di buon senso. Certo, vedendo da vicino molti protagonisti della vita pubblica di oggi ci si può chiedere a buon ragione se essi, pur di età avanzata, abbiano mai raggiunto la maturità comportamentale. Anche se, per converso, è dato anche osservare tanti giovani che sono molto più maturi dei loro padri.

Diciamo, per buttarla giusto un po’ in filosofia, che gioventù e vecchiaia sono categorie ideali che sempre meno hanno oggi un corrispettivo nella identità anagrafica di ognuno. Tanto più che le età della vita si sono allungate e il giovanilismo è quasi un dogma nelle società avanzate. Il problema è complesso, e una eventuale riflessione su di esso è opportuna. Ha ragione perciò il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha commentato la proposta del suo predecessore dicendo sì che “ci sta benissimo”, ma aggiungendo pure che è opportuno promuovere su di essa “una riflessione” seria, meglio se in sede parlamentare e non governativa.

Sostanzialmente d’accordo con Letta si sono poi dichiarati anche il segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, e il capo politico dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio. Quest’ultimo, in particolare, ha legato il diritto di voto ai sedicenni alla necessità, anzi al diritto a suo dire, che essi possano scegliersi il proprio futuro (”scegliere chi decide della loro vita”). Il che ci sta nell’ideologia dell’iperdemocraticismo che è propria dei pentastellati. Un po’ meno, in verità, in quella della sinistra liberal, che elogia ad ogni pie’ sospinto la “competenza” in politica. Ma tant’è! Puntuale anche il richiamo di Di Maio all’impegno ambientalista dei giovani, tutti schierati in difesa delle battaglie della giovanissima Greta Thunberg.

Che dire? L’animo scettico di chi scrive porta sì a dar ragione al leader dei Cinque Stelle quando dice che i giovani sono stati “traditi” dai più anziani (diciamo pure dai “padri” a loro volta “figli” più o meno degeneri del Sessantotto), ma anche a temere che alla fine i giovani siano strumentalizzati, magari senza cattiveria o intenzionalità, ancora una volta. E proprio da chi dice di parlare a loro nome e di voler dare addirittura a loro dare a loto tutta intera la voce. Tema complesso, davvero, quello sollevato dalle dichiarazioni di Letta. Ha ragione Conte: massima apertura sul voto ai sedicenni, ma prima riflettiamo seriamente sulle conseguenza di esso!

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