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Phisikk du role – Il voto, villa arzilla e il Grillo sfuggito

Tutto si può dire di Grillo politico tranne che non conosca la regole della comunicazione. Questa storia sbilenca degli anziani interdetti dal voto, ovviamente, si iscrive nella procedura di riappropriazione della scena, forse per crisi di astinenza, forse per conferire supporto al Movimento nel momento giusto, forse per il solito gusto situazionista dello spiazzamento, o per tutte queste cose insieme.

Grillo, dunque, lancia la provocazione e tutti a replicare indignati (noi compresi). Ma questa volta vorrei restare nel tema cercando di evitare che la palla prenda la via delle gradinate.

Mettiamola così: c’è un rigurgito “epistocratico” – nel senso di correnti di pensiero che intendono limitare il diritto di voto solo concedendolo a chi possa dimostrare una precisa cognizione degli argomenti – che si abbatte sul dibattito pubblico a cominciare dalla dottrina dei politologi come Jason Brennan, autore di un celebrato lavoro, “Contro la democrazia”, recentemente pubblicato anche in Italia con i tipi della Luiss University Press. Se Brennan si lamenta dell’incompetenza di massa che negli ordinamenti democratici, in cui ad ogni cittadino corrisponde un voto, crea disastri e favorisce l’adozione di scelte sbagliate, ancorché promosse dalle forze populiste con linguaggio antagonista gradito ai più – vedi Brexit – Grillo propone di eliminare un pezzo di corpo elettorale, gli ultrasessantacinquenni, che sarebbero poco proiettati verso il futuro, dunque intrinsecamente vocati alla conservazione politica. Fantastico!

Lasciamo per un momento da parte i trascurabili argomenti giuridici come la Costituzione, il valore della conquista del diritto di voto ed altre lievissime cose che evidentemente il maître a pensèr non ritiene degne di considerazione e diamo un’occhiata ai numeri che aiutano sempre a capire i fenomeni. In Italia c’è una popolazione che invecchia, e questo lo sanno tutti, ma non sanno che gli over 65 sono addirittura il 22,4 % del totale. A questi vanno sommati i giovani sotto i 18 anni che non hanno diritto di voto e arriviamo al 38%. Fatta fuori questa fetta consistente di elettori – a parte l’ipotesi del rinforzo della fascia di età tra i 16 e i 18 (altra gagliarda trovata mediatica) che non conferisce numeri così stravolgenti e comunque oggi non c’è – resterebbe una platea elettorale del 60% degli italiani aventi diritto al voto. A quel numero occorre togliere quanto meno il 25% di astenuti, tanto, più o meno, si è tenuto lontano dalle urne alle politiche, e arriviamo così al 35% di elettorato attivo che Grillo vuole portare alle urne e che sarebbe chiamato a decidere su tutto il resto.

Certo, se invece di 45 milioni al voto se ne presentano 25/26, con la platea parlamentare ridotta e una soglia di sbarramento salita a livelli stratosferici, può essere pure che la partita si metta bene per qualcuno dei player attuali. Ma, visto che vogliamo stracciare i principi fondanti delle democrazie liberali dell’Occidente, perché non facciamo una cosa più elegante? Diamo un bel patentino per votare: facciamo un esame per vedere se il candidato elettore sa parlare un italiano corretto (specie i congiuntivi) e conosce qualche articolo della Costituzione. Magari per gli ultra 65 il patentino lo rinnoviamo ogni cinque anni, come si fa con quello di guida. E cominciamo dall’arzillo settantunenne Beppe Grillo.

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