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Proprietà intellettuale e sicurezza nazionale. Ombre cinesi sull’Italia?

Di Giacomo Bandini

Mercoledì 16 ottobre abbiamo lanciato l’Indice Internazionale della Proprietà 2019 che include anche il case study di Competere “Belt and Road Initiative and Its Effects on Intellectual Property: The Case of Italy”. Perché l’accordo sulla Nuova Via della Seta potrebbe essere problematico per la tutela della proprietà intellettuale e la sicurezza nazionale?

Il 21 marzo 2019, a Roma, il governo italiano firmava il Memorandum of understanding con la Cina per poter entrare ufficialmente nella Belt and Road Initiative (Bri) chiamata anche Nuova Via della Seta. Questa scelta ha provocato ondate di critiche e perplessità provenienti soprattutto dagli alleati Occidentali, inclusi gli altri Paesi membri dell’Unione Europea, per via dei rischi politici ed economici. Uno dei maggiori rischi è costituito dall’impatto dell’iniziativa sulla proprietà intellettuale.

PERCHÉ È IMPORTANTE

La nostra economia è basata per larga parte su aziende che esportano in tutto il mondo prodotti originali e unici, distinguendosi per il marchio made in Italy. È il simbolo della creatività, dell’innovazione e del know how italiano che viene apprezzato a livello globale proprio per queste caratteristiche. Sono soprattutto le Pmi ad essere ambasciatrici di queste eccellenze. Le stesse che fanno più fatica a tutelare la proprietà, soprattutto quella intellettuale e che sono maggiormente colpite dal fenomeno della contraffazione.

Elevati tassi di violazione della proprietà intellettuale comportano conseguenze significative per le aziende e per il sistema-Paese: diminuzione dei volumi di affari, del valore del brand e vantaggio competitivo per le imprese; ostacolo ai processi di innovazione con ricadute negative sulla crescita, economica e l’occupazione; rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori; danni reputazionali con conseguente calo degli investimenti esteri; perdita del gettito fiscale e maggiori spese per contrastare la contraffazione.

IL PRIMATO DEL FAKE

Il valore che questa attività illecita sottrae annualmente alle imprese italiane è di circa 24 miliardi (dati Oecd). Circa il 67% del materiale contraffatto che viene confiscato dalle autorità italiane proviene dalla Cina (37%) e dal relativo hub commerciale di Hong Kong (30%). I beni che maggiormente vengono messi in commercio a seguito di violazioni della proprietà intellettuale sono articoli di moda e del lusso, macchinari e attrezzature elettroniche, articoli in pelle e strumenti ottici e medici.

PIÙ SCAMBIO PIÙ DANNI

Per quanto riguarda il valore delle merci confiscate, i dati mostrano che i settori italiani più penalizzati sono quelli della moda e del lusso (3,8 miliardi di euro), dell’agroalimentare e del tabacco (3,6 miliardi di euro), e dell’elettronica (3,1 miliardi di euro). Nel 2017 la Cina risultava il primo Stato al mondo per dispute legali riguardanti la violazione della proprietà intellettuale per un totale di 237.242 casi sia di prima istanza sia in appello. Tra il 2016 e il 2017 le dispute hanno visto un incremento del 33,5%. Una maggiore apertura dell’interscambio commerciale potrebbe comportare maggiore circolazione di merci contraffatte che non solo verrebbero immesse nei circuiti italiani, ma anche in quelli europei.

Istanze aperte in Cina per violazione della proprietà intellettuale

tabella Competere

SICUREZZA IN GIOCO

Non sono solo i beni di consumo a dover allarmare le autorità italiane circa il futuro ingresso nella Nuova Via della Seta. La partnership infatti non riguarda solamente il commercio di beni, ma anche il finanziamento di snodi infrastrutturali tra cui i principali scali marittimi e lo sviluppo di nuove joint venture nelle telecomunicazioni (come per il 5G). La portata di eventuali sottrazioni del know how industriale o di violazioni della proprietà intellettuale potrebbe essere enorme, penalizzando anche la sicurezza nazionale.

Su questo esperimento l’Italia ha gli occhi puntati dell’Occidente. Come Paese del G7 potrebbe essere la prima grande economia atlantica ad entrare in una iniziativa commerciale cinese di portata globale. Dal suo successo o dal suo fallimento potrebbero dipendere le sorti della Bri oltre i confini orientali.

Se i futuri governi intendono proseguire verso l’implementazione della Belt and Road Initiative dovranno cercare di proteggere le imprese italiane e la sicurezza dei cittadini: è necessario concordare con la Cina regolamenti chiari in materia di tutela della proprietà intellettuale prima di implementare le varie iniziative previste; devono preventivamente essere stabiliti sedi e procedimenti efficaci per risolvere le controversie in materia di violazione sia interni sia esterni ai due Paesi; è fondamentale definire standard internazionali che prevedano sanzioni e penalizzazioni per la violazione della proprietà intellettuale; la cooperazione con i partner Europei e Occidentali è importante per mantenere elevati livelli di sicurezza e vigilanza.

(Articolo pubblicato su Competere)

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