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Poco coraggio e troppo ottimismo. Dialogo sul Def tra Mantovani e Rossi

Di Mario Mantovani ed Emilio Rossi

Mario Mantovani: La Nota di aggiornamento del Def 2019 denota un significativo cambiamento di linguaggio rispetto al governo precedente ed è la prima conferma di una differente attenzione, rispetto al governo precedente, all’equilibrio di bilancio e alla collaborazione con la Commissione Europea. Nei fatti non si discosta però in modo significativo dalla linea già tracciata, confermando l’assenza per l’Italia di spazi significativi di manovra, erosi da politiche imprudenti negli anni precedenti. Le previsioni tendono a confermare una modesta crescita degli indicatori principali e continuano a mostrare una crescita contenuta di Pil, occupazione e consumi a partire dal 2020. Le previsioni macroeconomiche sono inoltre basate su un’ipotesi priva di shock nell’andamento del commercio internazionale.

Emilio Rossi: I principali elementi di rischio esterno per l’economia italiana nel 2020 rimangono quelli relativi alla guerra commerciale avviata dagli Usa nei confronti della Cina, che probabilmente si allargherà all’Europa, pur se in misura minore. Oltre all’impatto diretto sulle esportazioni europee e italiane, le tariffe di Trump mettono a rischio la crescita economica globale, per il loro impatto sulla fiducia e sui prezzi degli asset finanziari. Di minore gravità complessiva per l’area Eurozona appare l’eventuale uscita del Regno Unito dall’Ue, anche se il contraccolpo immediato di una hard Brexit potrebbe a sua volta incidere negativamente su fiducia e prezzi degli asset. Non sono poi da sottovalutare i rischi interni, legati alla potenziale instabilità della coalizione governativa, con riflessi sui tassi di interesse per famiglie e imprese e sul costo del debito.

MM:  Senza sconfessarli, il documento conferma il limitatissimo effetto delle misure simbolo del precedente governo – quota 100 e reddito cittadinanza – sull’occupazione e sui consumi. Credo sia importante evidenziare l’inutilità di presunte cure-shock per il lavoro in Italia. I problemi vengono da lontano e le previsioni contenute nella Nadef rappresentano un quadro sconfortante: crescita negativa della produttività, prevista ottimisticamente in modesta crescita dal 2020; stagnazione del numero di occupati e modesta riduzione dei disoccupati; modesto dinamismo delle retribuzioni. Non appare in vista quella crescita qualitativa del lavoro, necessaria a riavviare i consumi e a sostenere un welfare squilibrato dalla demografia.

ER: Al di là del preambolo sulla volontà di dare priorità a crescita e occupazione, la Nadef appare focalizzata sulla sola necessità di far quadrare i conti. Sia la produttività misurata in termini di Costo del Lavoro per Unità di Prodotto (Clup) che l’occupazione misurata in termini di Unità Lavorative Annue (Ula) appaiono muoversi solo in funzione dell’andamento economico. Infatti, sono previste aumentare nel 2020 rispettivamente di 1,1% e 0,4%, ossia ai tassi minimi degli ultimi anni. Il rilancio significativo degli investimenti in infrastrutture è di nuovo rinviato, così come le politiche di semplificazione della burocrazia, del riordino del sistema della giustizia, della formazione, dell’università e della ricerca. Queste ultime sono elementi chiave per il miglioramento qualitativo del lavoro. Si tratterebbe di politiche con costi ridotti, ma traspare ancora una volta lo scarso interesse per riforme strutturali capaci di aumentare produttività, output potenziale e occupazione del Paese nel medio termine. Nonostante la scelta di dichiarare “a completamento della manovra di bilancio 2020-22 una serie di Ddl collegati alla decisione di bilancio”, inerenti teoricamente alle suddette riforme, lo scetticismo nei confronti della realizzazione effettiva potrà essere dissipato solo dopo l’approvazione dei Ddl.

MM: Si possono addurre diverse giustificazioni, sia legate al ciclo economico ancora vicino alla recessione, sia più propriamente politiche, ma anche questo governo rinvia la riduzione del deficit necessaria ad avviare il debito su un sentiero sostenibile nel lungo termine. La manovra si basa in larga parte su un ampio utilizzo della flessibilità di bilancio e sulla riduzione delle spese per interessi, ottenuta silenziando gli elementi destabilizzanti presenti nel precedente governo, ma a rischio in caso di instabilità politica. Ipotesi tuttavia non sufficienti a sterilizzare l’eliminazione delle clausole di garanzia (leggasi aumento dell’Iva) e i mancati proventi da privatizzazioni. Mancano ancora diversi miliardi, da reperire con la legge di Bilancio. È apprezzabile che siano state accantonate le ipotesi di un ennesimo condono, ma sul fronte della lotta all’evasione speriamo si possa uscire da proclami generici, in passato raramente supportati da un’adeguata capacità operativi e di analisi dei dati, in larga parte già disponibili.

ER: La previsione programmatica (ossia comprese le misure adottate dal governo) del Pil reale per il 2020 è di 0,6%, di cui 0,4% tendenziale. Quest’ultima appare ottimistica in un quadro internazionale debole mentre l’impatto positivo sul Pil di 0,2% delle misure è ottenuto principalmente tramite l’abolizione dell’aumento IVA e quindi dalla flessibilità concessa dalla Ue per le relative coperture. Se poi si considera che la crescita del Pil nominale – su cui si basano le previsioni delle entrate – è prevista al 2%, quindi con deflatore del Pil a 1,4%, (stimabile intorno a 0,8% per il 2019) l’ipotesi di essere di fronte a stime di crescita molto ottimistiche si rafforza ulteriormente. Sul fronte delle coperture, secondo la Nadef occorrerà reperire circa l’1,6% del Pil per sterilizzare l’aumento dell’Iva, ridurre il cuneo fiscale di circa 2,7 miliardi e effettuare interventi vari. La metà delle risorse reperibili internamente (0,8% del Pil) proviene dalla lotta all’evasione (0,4%, circa 7 miliardi) e l’altro 0,4% da varie misure mentre il rimanente 0,8% sarebbe coperto con la flessibilità Ue e/o con ulteriori risorse da reperire in sede di legge di bilancio. La stima di 7 miliardi ottenibile dalla lotta all’evasione nel 2020 appare a sua volta ottimistica e probabilmente soggetta a scrutinio della Ue. Sarebbe decisamente preferibile utilizzare la massima cautela sulla contabilizzazione di poste incerte come gli introiti da lotta all’evasione e non usarle a copertura di costi certi come la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva. Un altro elemento critico è che il debito pubblico nel 2020 si riduce solo di 0,5% del Pil rispetto al 2019 a fronte di dismissioni previste per lo 0,2% del Pil – riduzione non sufficiente a soddisfare la Regola del debito nel 2020 – e anche nel 2021. Secondo quanto riportato nella Nadef “La regola del debito segnala un percorso di avvicinamento che implicherebbe un rapporto debito/Pil pari al 128 per cento nel 2021, con un gap di 5,4 punti percentuali”.

MM: Pur evitando il pesante effetto che avrebbero avuto gli aumenti dell’Iva, si prevede un aumento della pressione fiscale, frutto di una riduzione delle imposte dirette (riduzione del cuneo fiscale) e di un aumento di quelle indirette. La riduzione dell’Irpef sui redditi bassi potrebbe ulteriormente aggravare l’effetto già oggi molto marcato, che vede un’impennata molto ripida del prelievo già a partire dai 35mila euro, a mala pena definibili come reddito medio. C’è curiosità intorno al cash-back dell’Iva pagata con strumenti tracciabili, speriamo che non risulti troppo complicato nell’attuazione.

Ritornano poi le ipotesi di riduzione delle ormai famose deduzioni e detrazioni fiscali, la cui quasi totalità si traduce in riduzioni dell’Irpef legate a carichi famigliari, alla casa e al welfare. A dispetto dei detrattori, tolte alcune agevolazioni marginali, si tratta di strumenti selettivi ed efficaci di riduzione del cuneo fiscale, che favoriscono in particolare la crescita del welfare integrativo.

Non sembrano in vista provvedimenti veramente efficaci sulla fiscalità delle imprese, salvo forse la reintroduzione di meccanismi agevolativi per gli aumenti del capitale.
È molto apprezzabile l’impegno dichiarato a favore della crescita sostenibile. E in questo senso sarebbe importante che un documento programmatico contenesse stime sulla sostenibilità, anche ambientale e sociale, dello status quo e delle politiche governative. C’è molta attesa per l’annunciato Green New Deal, che dovrebbe consentire un rapido aumento degli investimenti “verdi”; auspichiamo che possa favorire anche i Green Jobs, magari applicando in modo selettivo le previste azioni di riduzione del cuneo fiscale.

ER: Il cambiamento di linguaggio rispetto al governo precedente è accompagnato da una serie di dichiarazioni d’intenti condivisibili. Oltre a voler recuperare la collaborazione con l’Unione Europea, volontà già chiara nell’aver scelto il ministro Gualtieri, nella Nadef vengono annunciati l’impegno a sviluppare nuovi canali di credito, il supporto alle politiche europee per l’Unione del mercato dei capitali, l’attenzione alla produttività del sistema economico, la riconversione energetica, un Green New Deal italiano ed europeo.

Alle dichiarazioni occorrerà dar seguito con fatti e misure concrete. Per ora, a meno di revisioni significative introducibili nella Legge di Bilancio 2020, appare non del tutto escludibile una procedura Edp da parte dell’Ue mentre si apre la strada per una manovra di aggiustamento a primavera – a fronte del combinato disposto di previsioni di crescita ottimistiche, coperture incerte e dipendenti da una forte flessibilità eventualmente concessa dalla Eu e del non rispetto della regola del debito. È anche possibile ipotizzare il ricorso a nuove clausole di salvaguardia per il 2021 per coprire eventuali e probabili minori entrate da lotta all’evasione fiscale.

MM: Potrei sintetizzare così: la copertina del libro economico italiano è cambiata ed è più presentabile. Ma il contenuto è sempre modesto. Sconta l’assenza di continuità e sostenibilità dell’azione governativa, in grado di orientare quella, realmente decisiva, delle forze più attive e dinamiche del nostro paese. In bocca al lupo Italia.

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