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Le priorità di Italia Viva? Sostenere le imprese per tutelare i lavoratori. Parola di Mattia Mor

Di Mattia Mor

Abbiamo votato la fiducia al decreto legge che reca disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, decreto che ha avuto un percorso inusuale, a cavallo del lavoro di due governi diversi. Ci siamo avvicinati al testo con senso di responsabilità verso il Paese, ma sappiamo che presenta diverse criticità, lo abbiamo votato più per la bontà media del provvedimento che per il merito dei singoli punti.

Si sarebbero dovute affrontare con più coraggio ed una visione di lungo periodo le sfide che la quotidianità ci pone innanzi, in termini di tutela del lavoro e gestione delle crisi aziendali, non con il freno a mano tirato. C’è ancora molto, molto, da fare, soprattutto spostando il focus su quella che deve essere la priorità di un governo, ovvero la crescita dell’economia.

Se cresce il Pil, migliorano le prospettive per le aziende che sono in crisi e per i loro lavoratori, e crescono le opportunità per le aziende che vogliano investire. Dobbiamo uscire dalla logica di contrapposizione tra le tutele ai lavoratori e lo sviluppo delle imprese: dobbiamo rafforzare queste ultime, per creare maggiori occasioni di occupazione e lavori più stabili.

Detto ciò, le modifiche adottate nel corso dell’esame nelle commissioni hanno apportato notevoli miglioramenti al testo base. Questa maggioranza ha deciso di impegnarsi e di caratterizzarsi sui temi della sostenibilità come mai era accaduto in precedenza. È un netto cambio di passo, che segue una presa di coscienza dell’opinione pubblica che è bene che sia tra le priorità del governo, così come lo è, nettamente, tra quelle di Italia Viva. Si fa un altro passo avanti mettendo insieme la tutela dell’occupazione con quella dell’ambiente e della salute.

Mi riferisco, in particolare, all’articolo 13, che destina la quota annua dei proventi derivanti dalle aste CO2, nella misura di 100 milioni per il 2020 e di 150 milioni annui a decorrere dal 2021, al fondo per la transizione energetica nel settore industriale, per finanziare interventi di de-carbonizzazione e di efficientamento energetico. Fondamentale che le centrali vengano riconvertite, ma senza che si perda un solo posto di lavoro. Sviluppo economico e sostenibilità ambientale sono per noi strettamente intrecciati e ogni nostra azione politica deve mantenere la barra dritta su questa priorità.

Inoltre, grazie a un emendamento elaborato dalla Commissione Ambiente al Senato, troviamo anche la nuova normativa sul cosiddetto end of waste, ovvero la “cessazione della qualifica di rifiuto”, uno dei perni dell’economia circolare. L’approvazione di questa norma rappresenta un buon punto di partenza per sostenere la svolta green che il nuovo Governo ha annunciato di voler compiere a partire dagli investimenti previsti in legge di bilancio. Investimenti su cui Italia Viva sarà vigile e pronta a stimolare il lavoro del governo, a partire dal piano da noi presentato alla scorsa Leopolda, priorità della nostra azione politica.

In merito al lavoro sottolineo il risultato ottenuto anche grazie al gruppo di Italia Viva al Senato in merito alla stabilizzazione dei lavoratori precari dell’Anpal Servizi, che pone fine al paradosso per cui coloro che dovrebbero aiutare i precari e i disoccupati a trovare occupazione sono precari a loro volta. L’articolo 8 invece consente che il fondo per il diritto al lavoro dei disabili sia alimentato anche attraverso versamenti da parte di soggetti privati, a titolo spontaneo e solidale, e anche questo è per noi un importante passo in avanti.

Il decreto interviene poi sul lavoro dei cosiddetti rider, che parla a tutte i lavoratori organizzati da piattaforme digitali. Dobbiamo essere sinceri, noi avremmo scritto la norma in maniera diversa. Avremmo preferito una disciplina più semplice, omogenea, che riguardasse alcune specificità del lavoro autonomo. I rider sono la piccola componente di un’area del mercato del lavoro che si allarga e che avrà bisogno di risposte che dovranno arrivare da un lavoro di lungo periodo, che dovremo fare insieme, Parlamento e Governo, per individuare le tutele da dare a forme di lavoro che cambiano troppo rapidamente.

Dovremo fare lo sforzo di individuare una base solida di diritti che abbracci tutta l’area del lavoro subordinato e autonomo e che parli di giusta retribuzione, protezione da infortuni e malattia, tutele previdenziali, welfare allargato e diritto di associazione sindacale, ma anche alla privacy e alla disconnessione. In attesa di questa riscrittura del diritto del lavoro, questo decreto-legge fa una cosa molto semplice: estende l’articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015, il cosiddetto Jobs Act, per chiarire che tutti i lavoratori intermediati da piattaforme digitali si vedono riconosciute le tutele del lavoro subordinato.

Si prevede però che si applichino le tutele del lavoro subordinato, a meno che non intervenga la contrattazione aziendale collettiva nella sua autonomia e responsabilità a chiarire che il settore dell’economia digitale ha specificità che richiedono tutele e protezioni sancite dalla contrattazione collettiva. Queste norme non possono che essere un primo passo nel percorso di lettura e intervento in un mondo del lavoro in profonda trasformazione.

L’obiettivo a nostro parere dovrebbe essere quello di proseguire nella strada avviata con il Jobs Act, che, anche a seguito di queste modifiche, rimane intatto nel suo impianto e che intende ampliare i diritti coniugando tutele e flessibilità. È proprio grazie alla riforma chiave del governo Renzi che si sono estese le tutele al lavoro precario e realizzate dunque quelle che oggi sono previste per i rider. Riforma dunque che ancora oggi produce risultati rilevanti, come li ha prodotti in passato con la creazione di un milione di posti di lavoro, con la cancellazione delle finte partite Iva e delle finte collaborazioni, con l’eliminazione di quel tipo di lavoro autonomo che era in realtà lavoro subordinato. Rimane dunque per fortuna aperta, la valvola di sfogo della contrattazione aziendale. Auspichiamo che le migliori risposte arrivino nei prossimi mesi, quando le parti sociali raccoglieranno la sfida di questo decreto-legge e di quella norma del jobs act che esso estende.

Italia Viva, all’interno, ricordo, di una necessaria negoziazione di maggioranza plaude al fatto che almeno questa finestra rimanga aperta, al fine di non ingessare eccessivamente un settore che produce innovazione, offre servizi che i consumatori apprezzano e richiedono, settore che crescerà sempre di più nei prossimi anni, e prendiamo pertanto questa soluzione come un bicchiere mezzo pieno.

Passando al capo relativo alla risoluzione delle crisi d’impresa non possiamo che approvare il potenziamento della struttura di cooperazione tra Mise e ministero del lavoro ed in particolare dell’unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi. Positivo è il nostro giudizio sullo stanziamento di risorse per le aree di crisi complessa, sull’aumento delle risorse per la cassa integrazione straordinaria e sull’estensione dell’indennizzo per le aziende che hanno cessato l’attività commerciale.

Sul caso Ilva, per noi fondamentale, non possiamo non dirci preoccupati. Il tema è delicato, difficile, e non riguarda solo l’Italia. C’è una crisi europea, vengono chiusi stabilimenti in Germania, in Francia, in Belgio, per una situazione di sovraccapacità produttiva. Abbiamo chiara la situazione, ma per noi deve essere altrettanto chiara una cosa, il nostro Paese non può restare senza siderurgia. Deve finire il tempo dei cambi di idee e dell’ambiguità. Oggi è il tempo delle scelte chiare da assumere, per dare un futuro certo allo stabilimento.

L’acciaio è il motore di sviluppo di un Paese industriale, tanto più a forte vocazione meccanica e cantieristica come l’Italia, e non possiamo permetterci di depauperare la nostra economia affrontando la crisi di Ilva e di Taranto in maniera ideologica. Ma tra il diritto al lavoro e il diritto alla salute dobbiamo trovare una conciliazione possibile e necessaria. Noi non ci arrendiamo all’idea di sacrificare l’occupazione alle questioni della salute, ma non vorremmo neppure sacrificare, di fronte al diritto sacrosanto alla sicurezza di quei lavoratori e di quelle comunità, lo sviluppo di un territorio e di una Nazione.

L’unica strada è quella di muoversi con criterio, sapendo che bisogna fare quegli investimenti che non si sono fatti nel passato per mettere in sicurezza gli impianti e consentirgli di produrre a quei regimi di produzione che consentono di essere economicamente sostenibili. Anche in questo caso, soprattutto in questo caso, sviluppo economico e sostenibilità ambientale, insieme, senza tentennamenti.

Per i 10mila lavoratori di Taranto e dell’indotto e per i cittadini della città pugliese, che rischiano di veder interrotti i percorsi di risanamento ambientale e riconversione dell’impianto produttivo, per il sistema produttivo italiano che vedrebbe depotenziarsi il principale fornitore di acciaio e il principale polo siderurgico europeo. Noi crediamo che ogni garanzia ambientale, occupazionale e industriale passi attraverso la continuità produttiva e crediamo che il governo debba mettere in campo ogni azione possibile per garantirla.

Il ministro Patuanelli al Senato ha preso un impegno di proseguire nella direzione di un accordo che rispetti il piano industriale, e ne prendiamo atto. Abbiamo dato la nostra fiducia al governo ma chiediamo si eviti, a tutti i costi, la chiusura di Taranto. Noi di Italia Viva riteniamo che questo governo, a differenza degli slogan di quello precedente, debba essere concentrato sul fare. E per poter “fare” bisogna cambiare la visione delle politiche economiche ed industriali.

Bisogna tornare ad investire nella parte produttiva del paese: sostenere le imprese per tutelare di conseguenza i lavoratori e la loro occupazione. Dal prossimo provvedimento in materia economica e di crisi aziendali ci aspetteremo ben di più di una semplice azione di sopravvivenza, ricordando un’altra volta ancora che questo è un testo scritto da un’altra maggioranza che noi abbiamo modificato per migliorarlo. Noi crediamo alla possibilità di riduzione delle diseguaglianze e redistribuzione del reddito come conseguenza di crescita economica e aumento dell’occupazione, ed è questa la centralità della nostra azione politica.

Il lavoro da fare per lo sviluppo del nostro Paese è tanto, e non c’è un minuto da perdere.

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