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Perché Kiev scende in piazza per la formula Steinmeier (che piace a Zelensky, Putin e Merkel)

Diecimila manifestanti si sono riversati oggi sulle strade di Kiev. Il motivo è una ferma protesta contro l’approvazione del “Piano Steinmeier”, ovvero il nuovo accordo sull’Ucraina raggiunto lo scorso primo Ottobre a Minsk da rappresentanti dei separatisti filo russi, Russia, Ucraina e mediatori dell’Osce.

IL PIANO STEINMEIER E IL PLAUSO DI BERLINO

Il Piano Steinmeier è la strategia, elaborata dal ministro degli Esteri tedesco (oggi presidente) Frank-Walter Steinmeier nel 2016, che comporta l’organizzazione di elezioni locali libere e democratiche nei territori occupati in cambio della concessione di un ordinamento speciale per il Donbass.

Tale accordo apre la strada a un vertice fra Francia, Germania, Russia e Ucraina, il cosiddetto “formato Normandia” (l’ultimo sull’Ucraina si è svolto nell’ottobre del 2016).

“Abbiamo fatto dei passi avanti, ma ne restano ancora molti da compiere”, ha spiegato Angela Merkel riguardo l’intesa e le sanzioni alla Russia. Il cancelliere tedesco ha anche confermato, senza indicare una data, che il summit in formato Normandia ci sarà e si terrà a Parigi. Secondo Merkel l’obiettivo dell’incontro di Parigi è quello di porre fine al conflitto che dura ormai da cinque anni nel Donbass.

LA CONTESTAZIONE NELLE PIAZZE

I negoziati sul Donbass, che mirano a concedere un’ampia autonomia alla regione dell’Ucraina orientale, però sono fermamente contestati in Ucraina. I manifestanti, organizzati sotto forma di assemblea popolare, hanno chiesto le dimissioni del presidente Volodymyr Zelensky, il rifiuto della concessione dello status speciale al Donbass, con conseguente impedimento dello svolgimento di elezioni locali e quindi di non procedere con il ritiro delle truppe dietro la linea di demarcazione.

Il Gruppo di contatto trilaterale per la risoluzione del conflitto nel Donbass ha infatti approvato la separazione di forze e risorse nei siti pilota di Petrivske e Zolotoe e il presidente Zelensky ha garantito personalmente “la sicurezza della popolazione locale”.

Non solo. Dopo l’accordo preso a Minsk le dichiarazioni del presidente ucraino sono state precise.

“Se si organizzano elezioni con la legge ucraina, il confine deve essere ‘nostro’. Non si possono organizzare elezioni se nelle regioni contese rimangono ‘forze’ di qualsiasi natura”, riferendosi Zelensky alle elezioni delle regioni in questione.

La legge sull’autonomia, ha altresì aggiunto, verrà definita “in stretta cooperazione e consultazione con la società civile. Non saranno superate linee rosse di alcun genere. Non ci possono essere e non ci saranno elezioni con la pistola puntata alla tempia, non stiamo parlando di capitolazione”, ha assicurato Zelensky, per cui “con il lavoro fatto (a Minsk), sono stati rimossi gli ultimi ostacoli per il vertice in formato Normandia, la cui data sarà fissata a breve”.

Ma l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko ha definito il Piano “una resa alla Russia”.

LA REAZIONE RUSSA

“Le possibilità di tenere un summit nel formato Normandia nel futuro relativamente prossimo stanno aumentando”. Queste le parole di oggi del consigliere presidenziale russo Juri Ushakov che ha parlato all’emittente Rossiya1.

Si è espresso al riguardo anche il rappresentante permanente della Russia all’Osce, Alexander Lukashevich: “Serve la massima attivazione del lavoro del gruppo di contatto, dove Kiev e il Donbass hanno tutte le opportunità per un dialogo diretto”.

Positivo pertanto anche l’ambasciatore su un prossimo “formato Normandia”, che precisa come il tutto sarà più chiaro dopo la conferma del ritiro delle truppe dai villaggi di Petrovske e Zolotoe, che dovrebbe iniziare domani.

“Credo che Volodymyr Zelensky voglia genuinamente risolvere la crisi del Donbass e mantenere le promesse fatte durante la campagna elettorale ma se ci riuscirà o meno, se prevarrà contro chi si oppone a questo progetto, è presto per poterlo dire”. Aveva affermato il presidente russo Vladimir Putin in settimana.

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