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L’AGGRESSIONE BRUTALE E L’INVASIONE DELLA TURCHIA IN SIRIA VIOLA IL DIRITTO INTERNAZIONALE

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 È ben chiaro il quadro della situazione davvero pericolosa che si sta delineando in Siria, dove la Turchia è entrata con una massiccia forza militare verso il nord est, dove è presente il popolo di etnia curda, violando il parametro del divieto di aggressione, le norme fondamentali su cui si poggia il diritto internazionale umanitario o d’umanità. Il concetto di aggressione riveste un’ovvia importanza nel senso che tale espressione sta a indicare, come precisa la Risoluzione 3314 del 14 dicembre 1974, «l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato (…) incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite». Da qui si può desumere la atteggiamento dello Stato turco per aver disatteso le norme internazionali che inibiscono l’azione coercitiva militare contro uno Stato attraverso atti comportanti la responsabilità individuale degli organi ufficiali sul piano penale. Le violazioni compiute e poste in itinere dalle autorità di Ankara contro la Siria comporta la sua responsabilità sul piano giuridico, in quanto Stato, non solo, ma ad esse si connettono anche il perseguimento di individui-organi rei di crimini di guerra contro l’umanità. Quanto scritto, sta a indicare che il fondamento dell’inibizione di utilizzo dello strumento aggressivo e le disposizioni che costituiscono il pilastro del diritto d’umanità ormai sono sotto l’ombrello della c.d. perentorietà o tassatività. La parola perentorietà è stata sottolineata dalla Commissione di Diritto Internazionale delle Nazioni Unite – organo sussidiario che ha come scopo quello di promuovere lo sviluppo del diritto internazionale e la sua codificazione – che ha statuito  che le norme imperative di jus cogens riflettono e tutelano i valori fondamentale su cui si mantiene l’equilibrio della comunità internazionale e, pertanto, sono gerarchicamente superiori alle altre disposizioni di diritto internazionale generale e, non solo, sono applicabili universalmente. Le norme imperative, pertanto, non consentono alcuna deroga, vale a dire che l’aggressione, ad esempio, non può essere posta come giustificazione in quanto è una violazione delle inamovibili disposizioni de quo. Le norme imperative (o perentorie), inoltre, tanto per fare chiarezza, consistono nell’identificare siffatte norme in una regola che sia accettata dalla comunità internazionale nel suo insieme considerata e come disposizione giuridica e come norma non suscettiva di essere derogata convenzionalmente.

 Lo Stato che viola le norme imperative rischia di incorrere verso la conseguenza giuridica particolare. Difatti, in caso di conseguenze particolari di una violazione grave di un obbligo, gli Stati devono cooperare per porre fine con mezzi leciti ad ogni violazione grave di una norma imperativa con mezzi legittimi – come viene sancito nel Progetto di articoli sulla responsabilità dello stato della commissione del diritto internazionale –; contrariamente viene anche enunciato che nessuno Stato riconoscerà come legittima una situazione creata attraverso una violazione grave.

 Altro punto da tenere presente è che le due super Potenze, vale a dire Russia e Stati Uniti che – va ricordato – sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con diritto di veto –, sono tenute a collaborare per trovare una soluzione pacifica per porre fine a queste violazioni, senza bloccare, con il proprio voto, le azioni dell’organo politico a cui è demandato la responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza internazionale.

 Altro aspetto concerne la questione della Turchia membro della NATO, cioè a dire che se le forze militari turche dovessero – ipoteticamente – scontrarsi con quelle siriane e russe (quest’ultime hanno deciso di fare da cuscinetto tra i turchi e i siriani), come potrebbero agire gli altri membri dell’Alleanza atlantica? Di certo, gli Stati parti di quest’organizzazione internazionale militare, a carattere regionale, arduamente supporterebbe l’alleato turco per la ragione che la Turchia non ha subito alcun attacco armato e che il Trattato atlantico prevede che «le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse (…) costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale». Pertanto, l’Alleanza atlantica non è intervenuta a sostegno della Turchia per la mera ragione che essa ha violato il divieto dell’uso della forza in quanto non era stata aggredita dalla Siria.

 In conclusione, la Turchia è in totale difetto a causa della sua consapevole responsabilità, sul piano internazionale, di aver violato una norma internazionalmente riconosciuta quale è il divieto di ogni azione coercitivo militare contro la sovranità, l’integrità e indipendenza di un altro Stato. L’azione aggressiva turca è da considerare illegittima.

 

19 ottobre 2019                                                                                                                   Giuseppe Paccione



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