Ma quanto sia problematico oggi il lavoro di banchiere centrale lo spiegato un paio di anni fa Claudio Borio, capo del Dipartimento economico e monetario della Bri di Basilea. Le banche centrali devono provare a guidare i tassi di interessi verso il tasso naturale – una delle tante astrazioni del pensiero economico – usando come bussola i segnali che provengono dalla curva di Phillips. Ossia la relazione che lega il livello dell’occupazione con quello dell’inflazione. Situazioni di piena occupazione si associano solitamente a livelli più elevati di inflazione e viceversa.
Senonché la curva sembra abbia smesso di funzionare. Abbiamo economie in sostanziale piena occupazione – sempre il Giappone ad esempio – dove i prezzi rallentano. Si può ipotizzare lo sprofondamento del tasso naturale – uno dei fondamenti della teoria della stagnazione secolare – che rende necessario azzerare i tassi di riferimento. Oppure, come suggerisce Borio, guardare ad altri fattori: la tecnologia e la globalizzazione.
Quest’ultima ha aggiunto circa 1,6 miliardi di persone al mercato del lavoro mondiale e insieme ridotto il peso specifico dei “nostri” mercati del lavoro. Molti studi mostrano che la componente “globale” che determina il livello generale dei prezzi pesa sempre di più sui costi unitari del lavoro. In sostanza “importiamo” deflazione. E il progresso tecnico – si pensi al crescente utilizzo dei robot – ha fatto il resto. Forse l’inflazione non è morta. Si sta adeguando.