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La logistica italiana tra Cina e corsa all’Africa. Parla Russo (Confetra)

Un mercato dei trasporti che cambia in scia ai nuovi equilibri globali. Una sfida che mette le imprese italiane del settore dinnanzi a una scelta: intercettare le opportunità di crescita oppure avviarsi a un lento declino. La partità però, spiega in questa intervista a Formiche.net, Ivano Russo, direttore generale di Confetra (l’associazione del settore trasporti e logistica), si può vincere. Con l’incognita Cina.

Confetra è la confederazione italiana dei trasporti e della logistica, qual è l’analisi delle imprese associate sugli scambi internazionali nel Mediterraneo?

Mercato in grande crescita, nonostante la lunga stagione di instabilità politica seguita alla Primavera araba” ed ai tanti conflitti “a bassa intensità” che avvelenano il clima politico ed economico generale della regione. Tuttavia i porti del Mediterraneo, ad esempio, da anni crescono più degli scali del Northern Range. Realtà molto aggressive, penso a Tanger Med, sono oggi veri e propri hub globali di una nuova idea di logistica industriale. Il raddoppio di Suez fa di tale macroarea il primo gate di accesso all’Europa per il traffico containerizzato sulla rotta Far East – West. E poi, alle spalle dei Paesi della Sponda Sud, sta prendendo forma una nuova Africa….

Leggiamo da più parti di investimenti cinesi, e non solo, nella gestione dei porti…

La Cina sta realizzando un progetto globale di interconnessione – infrastrutturale, finanziaria, tecnologica, commerciale – che vale dieci volte il Piano Marshall e coinvolge 63 Stati partner. È un disegno globale di una Superpotenza 2.0 che con i soldi ed il commercio – quindi attraverso il soft power – sta covando una legittima egemonia globale. La Bri è un fatto, e non la si può certo contrastare.

Che cosa ostacola le imprese italiane dal ricercare un ruolo che vada oltre qualche commessa per migliorare la logistica e i servizi portuali?

L’Italia, come Paese e come Sistema produttivo – dovrà essere capace di intercettare opportunità di crescita, senza svendere i propri asset, e ponendosi quale interlocutore unitario di Pechino. Dentro l’Ue, ma anche autonomamente dalla Ue. Come del resto da sempre fanno altri Stati Membri, penso a Francia e Germania su tutti.

In Africa stiamo assistendo ad un corsa agli investimenti esteri, alcuni Paesi, hanno una previsione di crescita decisamente significativa. Quale può essere il ruolo del mezzogiorno per collegare il Mediterraneo all’Europa?

La Cina sta trasformando l’Africa nella sua fabbrica manifatturiera. Riproducendo ciò che l’Occidente ha fatto proprio con la Cina negli ultimi 20 anni. In Africa oggi ci sono circa 14 mila Pmi cinesi che, sfruttando le numerose materie prime di quel Continente, stanno impiantando li nuove filiere industriali e manifatturiere. Automotive, tessile ed agrifood su tutte. É chiaro che il mercato estero prevalente di riferimento per questa nuova industria sino subsahariana sarà l’Europa. E l’Italia è proprio lì di fronte, come potenziale hub di accesso. Sapremo cogliere tale opportunità? Dipende dal ‘se’ saremo in grado di soddisfare questa nuova domanda di logistica industriale.

Tre infrastrutture sostenibili per il Sud che produrrebbero un beneficio a tutto il Paese…

La AV / AC Napoli Bari, il completamento del Progetto Gateway per connettere il porto di Gioia Tauro alla rete ferroviaria nazionale, ed il ponte ferroviario sullo Stretto di Messina. Ricordo che collegare Napoli e Palermo è quanto dovremmo fare per completare il Corridoio Scan Med.

I porti italiani sono in competizione tra loro nello sviluppo verso i mercati mediterannei, africani e medio orientali?

Direi proprio di no. Queste sono sfide che il Paese dovrebbe giocare nel suo insieme valorizzando la differenziazione competitiva delle aree portuali in un quadro unitario

Si parla molto delle ruolo delle città globali e di come un’alleanza con il sistema delle imprese possa generare uno sviluppo sostenibile, quale può essere il supporto che gli ecosistemi urbani insieme alla Farnesina possono dare al settore?

Un grande supporto. Cito solo un esempio. Le città sono generalmente i luoghi in cui si genera il Sapere e la Conoscenza, grazie alla presenza delle Università, dei Centri di Ricerca, delle professioni liberali. Oggi la Logistica è, come settore, l’incubatore delle principali innovazioni tecnologiche in fase di sperimentazione: blockchain, intelligenza artificiale, realtà aumentata, 5G, cybersecurity, piattaforme per il commercio elettronico. Un ecosistema urbano che produca known how innovativo, sul terreno della digitalizzazione, rappresenterebbe un asset decisivo di attività logistiche dinamiche, globali, competitive. Senza un retroterra scientifico degno di questo nome, non ci sarà mai una industry logistica performante e capace di offrire servizi ad elevato valore aggiunto.

Garantire sicurezza e controlli insieme ad una maggiore rapidità dell’iter amministrativo sulle merci che giungono via mare, lei propone una sorta di “coordinamento interforze”… ci spiega meglio?

È quanto già previsto dalla Legge di Riforma dei Porti, il Dlgs 169/2017 che ha profondamente modificato la Legge 84/94. Oggi i procedimenti amministrativi di controllo sulle merci sono oltre 120, in capo a 17 diversi uffici. La riforma ha istituito lo Sportello Unico Doganale e dei Controlli, ponendo il coordinamento funzionale di tutte tali azioni in capo a Dogane, best performer nazionale in materia di controlli grazie alle massicce dosi di innovazione tecnologica introdotte negli anni scorsi con pre clearing, fast corridor ed e-manifest. Da due anni siamo in attesa del Dpcm attuativo che traduca questo sogno in realtà…

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