E’ il tempo degli intellettuali liberi. In un “mondo caos”, quello nel quale viviamo e che ci mostra, ogni giorno, la fluidità dei processi storici e l’improvvisazione come metodo strategico, vi è l’urgenza di ritornare a pensare visioni di civiltà.
In un mondo percorso dall’innovazione, i paradigmi novecenteschi, riferiti a equilibri che non ci sono più, vanno profondamente problematizzati. Ci vuole uno scavo nella ricerca; noi intellettuali abbiamo una grande responsabilità verso i giovani, per formarli a essere coscienza critica e classe dirigente.
In questi anni ho potuto sperimentare, come docente presso la Link Campus University, metodi innovativi con giovani che hanno bisogno di capire, che vogliono partecipare alla Storia ma che, non per colpa loro, si trovano immersi nella penombra (potente) della mediocrità. I professionisti del futuro saranno sempre più creativi e vincerà chi sarà in grado di elaborare scenari imprevisti, chi coglierà il valore della “emergenza” dei fenomeni e non si accontenterà più della superficialità dell’ “evidente imminenza”.
In una globale guerra di disinformazione, che cancella la profondità della conoscenza in nome della presunta onnipotenza del pregiudizio, chi ha visione viene inevitabilmente attaccato. Chi non vuole morire cerca di uccidere i propri figli e chi vuole innovare viene considerato come un corpo estraneo da eliminare. Eppure, la Storia insegna, insistere sulle vie nuove paga; siamo chiamati, noi intellettuali, a camminare lungo le strade della Realtà, lungo percorsi che non possono essere accantonati in nome di una voglia di conservazione che vorrebbe spegnere il fuoco della conoscenza.
Questo è un appello, non uno sfogo. Il mondo ha bisogno di respirare l’oltre che è già in noi.