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L’Italia può reggere un’altra recessione globale? L’analisi di Pennisi

Perché tornare sui rating espressi alla fine della settimana scorsa dalle principali agenzie di valutazione dei titoli di debito? C’è una dimensione di politica economica che pochi pare abbiano colto.

Il rating dei principali titoli di debito pubblico italiano è stabile (pur se notevolmente inferiore a quello dei principali Paesi industrializzati) è stabile ma l’outlook (ossia la previsione per il prossimo futuro) è negativo. L’outlook è negativo sia per l’economia reale sia per il Governo. Il destino del secondo è strettamente legato alla prima dato che la manovra di politica economica (nonostante di disegno di legge di bilancio non si veda traccia anche se i termini per la presentazione al Parlamento sono superati da una settimana) si basa su una crescita del Pil almeno dello 0,5%.

I dati che provengono dal resto del mondo sono tutt’altro che incoraggianti. Il Governo stesso ha più volte sottolineato le preoccupazioni provenienti da un rallentamento dell’economia tedesca che rischia di entrare in recessione. Si è, però, spesso sorvolato su quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Per ora, il tasso di crescita è ancora buono e la disoccupazione molto bassa. Tuttavia, gli ultimi dati sulla produzione industriale (pubblicati anche essi alla fine della settimana) mostrano un decremento sia dell’output sia dell’occupazione, specialmente nel Michigan, in Pennsylvania e nel Wisconsin, gli Stati che nel 2016 resero possibile la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali. Inoltre, le indagini sulla fiducia delle imprese mostrano un vero e proprio tracollo. Soprattutto, i tassi d’interesse a dieci anni – indicatore eloquente delle aspettative degli investitori – sono scesi dal 3% l’anno 12 mesi fa ad appena 1,75% l’anno venerdì 25 ottobre. Il premio Nobel Paul Krugman stima che la prossima primavera ci sarà una recessione analoga, ove non superiore, a quella del 2008.

Se – come probabile – una recessione ‘made in Usa’ toccherà il resto del mondo, quali difese ha l’Italia per ‘sostenere’ ed il debito pubblico ed una politica di spesa pubblica di parte corrente basata su una crescita, pur modesta, dell’economia reale?

Per quanto riguarda il debito, le istituzioni europee che l’anno scorso hanno adottato misure ‘difensive’, ossia atte ad impedire la diffusione di un ‘contagio’, ove la situazione sfuggisse di mano. Riguardano l’European Stability Mechanism (colloquialmente chiamato ‘Fondo Salva Stati’). Le due misure consistono in rendere automatica una clausola di azione collettiva (ossia se uno Stato indebitato si accorda con un creditore per il prolungamento di una scadenza di un titolo, ciò vale per tutti i titoli e tutti i creditori) e nel varare due nuove forme di finanziamento a favore degli Stati dell’eurozona che rischiano instabilità a ragione dei debito di un altro Stato dell’area dell’euro. Questa testata ha illustrato le due misure, approvate nel dicembre 2018, prima che venissero confermate nel giugno 2019. Queste misure lasciano l’Italia indifesa e scoperta.

Per quanto attiene all’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni (ossia il deficit di bilancio), i quattro partiti di governo (e le loro correnti e componenti) che in queste ultime settimane hanno mostrato di combattere all’ultimo sangue per le misure care ai loro elettorati, sapranno decidere insieme, in uno spirito coeso, cosa sforbiciare per non fare dilatare il disavanzo? Difficile dare ‘l’ardua risposta’.

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