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Spagna, l’insostenibile crisi catalana continua. La posizione dei separatisti

Nuovo capitolo della crisi catalana. Stamattina la Spagna si è svegliata con una notizia senza precedenti nella storia recente del Paese: la Corte Suprema spagnola ha condannato nove leader indipendentisti catalani accusati di sedizione a una pena tra 9 e 13 anni di carcere. L’ex vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras, è stato il più penalizzato, con una condanna di 13 anni per sedizione e malversazione. La sentenza pone fine a due anni di un processo iniziato il 16 ottobre 2017 con l’arresto preventivo dei leader dell’Assemblea nazionale catalana (Anc) e Òmnium Cultura, Jordi Sánchez e Jordi Cuixart.

Quindici giorni dopo, l’ufficio del procuratore generale presentò una denuncia contro l’intero governo di Carles Puigdemont  in esilio in Belgio e al quale è stato riattivato, poche ore dopo la sentenza, il mandato d’arresto internazionale ed europeo a suo carico – e i membri dell’Ufficio di presidenza del Parlamento. Tutti avevano autorizzato il voto per la dichiarazione unilaterale d’indipendenza il 27 ottobre. Oltre a Junqueras, Sánchez e Cuixart, sono coinvolti anche gli ex consiglieri Dolors Bassa, Joaquim Forn, Raül Romeva, Jordi Turull e Josep Rull, e dell’ex presidente del Parlamento Carme Forcadell. Le difese degli imputati hanno già annunciato che faranno ricorso contro la sentenza.

Dal carcere, Junqueras ha inviato una lettera ai simpatizzanti del suo partito, Sinistra Repubblicana di Catalogna: “L’indipendenza oggi è più che mai necessaria per poter vivere in una società più libera, più giusta e più democratica. […] Hanno cercato di farla finita con noi, con tutta una generazione di catalani che lotta per la libertà. […] Siamo una generazione nata per vincere, non abbiate dubbi, torneremo e vinceremo”. L’ex presidente della Generalitat, Puigdemont, invece, ha denunciato la condanna dall’esilio: “Cent’anni di prigione in totale. Un’aberrazione. Ora più che mai, al vostro fianco e con le vostre famiglie. […] È tempo di reagire come mai prima d’ora. Per il futuro dei nostri figli e delle nostre figlie. Per la democrazia. Per l’Europa. Per la Catalogna”.

La delegazione del governo catalano in Italia ha diffuso un comunicato con il quale respinge le accuse e la decisione della Corte. Il ministro di Azione estera della Generalitat, Alfred Bosch, sostiene che “si tratta di un processo politico in cui delle persone sono state giudicate esclusivamente sulla base di idee politiche. La sentenza che condanna al carcere i nove leader catalani è un errore storico che non risolve il problema, bensì lo aggrava”.

L’accusa è contro il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez, per non essersi impegnato nel risolvere la situazione attraverso il dialogo, “come dimostrano le richieste di condanna avanzate dalla Procura e dall’Avvocatura di Stato, due cariche nominate direttamente dal governo”.

Secondo la delegazione, “la sentenza contro i prigionieri politici trasferisce questo conflitto a livello europeo e ai tribunali internazionali. È necessario che la comunità internazionale sia parte attiva nella risoluzione del conflitto tra Catalogna e Spagna. Nessuno può rimanere in silenzio di fronte a questa violazione dei diritti fondamentali”. Il governo della Catalogna lancia così “un appello internazionale a favore del dialogo e di una soluzione democratica”.

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