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Tortellini e crocifisso. I confusi appelli a difesa dell’identità nazionale

La polemica sul crocifisso, nelle scuole italiane, è una specie di fenomeno carsico. Ogni tanto, qualcuno fa riemergere la proposta di “liberare” le aule italiane dall’ingombrante presenza. Una sorta di riflesso condizionato, verrebbe da pensare, per chi ritiene ancora necessari atti eclatanti, per rendere plastica la laicità dello Stato. Come se quest’ultima fosse non diciamo a rischio, ma almeno dubitabile, nell’Italia di oggi.

Un passaggio che lascia attoniti: in una società profondamente secolarizzata, ci si aspetterebbe piuttosto un colpo di reni dalla Chiesa cattolica. Un richiamo in difesa di simboli e riti ormai quasi trascurabili, nella vita civile del nostro Paese. Non certo da una parte del mondo laico (assai minoritaria, in realtà). Un accanirsi contro il simbolo per eccellenza della cristianità, che denuncia una preoccupante povertà d’analisi.

A dispetto dell’uso spericolato del rosario da parte di Matteo Salvini, fuoco d’artificio buono per la propaganda, il peso dei simboli religiosi nel dibattito pubblico italiano è ormai ben poca cosa. Non solo il ‘48 è rimasto a prender polvere nei libri di storia (e sarebbe il caso di rileggerli, per capire da dove si venga…), ma ormai la rappresentanza cattolica è così atomizzata fra tutti gli schieramenti, da essere al contempo irrinunciabile eppure molto debole nella sostanza delle scelte.

Non a caso, fra i primissimi ad analizzare lucidamente le vere, possibili conseguenze dell’appello del ministro si segnalano proprio i vescovi. Nessun riferimento angosciato ai valori religiosi o all’eredità cristiana a rischio, ma una semplice considerazione: alla fine, l’unico a trarre vantaggio dall’idea potrebbe essere il già citato Salvini e più in generale il fronte sovranista. E questo ci porta ad un’ulteriore analisi: nell’Italia di oggi, i simboli cristiani (non i valori, si badi) vengono corteggiati dalle aree più a destra dello schieramento politico e del sentimento popolare. Vissuti quasi come un’ancora di salvezza, per chi si senta minacciato dalla globalizzazione e dai mutamenti sociali.

Nulla di più lontano, in definitiva, dal messaggio evangelico, ma questo conta fino a un certo punto. Nelle stesse ore, infatti, finisce nel centro del mirino il vescovo di Bologna, per la sua proposta di offrire a San Petronio dei tortellini senza ripieno di carne, come segno di apertura e dialogo. Nella maionese spesso impazzita del dibattito italiano di inizio III millennio, finiscono così incredibilmente insieme tortellini e crocifisso, in un confuso appello a difesa dell’identità nazionale. In questa versione, un po’ sempliciotta, fatta di pochi e rassicuranti elementi.

L’idea – vecchia, come si diceva in apertura – di strappare dalle scuole italiane il crocifisso non aiuta certamente a elevare il dibattito, anzi fornisce ai teorici della fine dell’Occidente un’arma formidabile, nella sua immediatezza e inutilità.

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