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Turchia, tecnologie e fronte sud. I messaggi (sottili) tra Stoltenberg e Conte

L’azione turca nel nord-est della Siria si prende inevitabilmente la scena dell’incontro a palazzo Chigi tra Giuseppe Conte e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Eppure, di messaggi interessanti ne sono emersi parecchi, compresa la nuova richiesta italiana per una maggiore attenzione dell’Alleanza al fronte sud. La novità riguarda invece la proposta del premier italiano per “un dialogo aperto” con la Russia che tocchi “una nuova architettura di sicurezza europea” (dopo la fine del Trattato Inf), ma anche il cyber-spazio e la competizione spaziale, in attesa di capire se gli Stati Uniti possano essere d’accordo. Con Stoltenberg si è parlato anche di lotta al terrorismo, della crisi migratoria e dello spinoso nodo delle spese per la difesa. Prima di tutto però, è arrivata la comune “preoccupazione” per le azioni di Ankara.

PREOCCUPAZIONI PER LE AZIONI DI ANKARA

“Venerdì sarò a Istanbul e parlerò con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan”, ha spiegato Stoltenberg, apparso scuro in volto alla conferenza stampa a palazzo Chigi. La ragione non è da rintracciare nel colloquio con “my friend Giuseppe”, quanto nelle notizie che arrivano da Ankara. “La Nato – ha spiegato Stoltenberg – è stata informata dalle autorità turche delle operazioni nel nord est della Siria”. L’importante, ha aggiunto, “è evitare azioni che destabilizzino la regione, aumentino la tensione e possano causare ulteriori sofferenze umane; spero che l’azione della Turchia sia proporzionata e misurata per non indebolire la lotta comune all’Isis”. Sulla stessa linea il premier italiana: “Non posso che esprimere preoccupazione” nei confronti di iniziative che rischiano “di portare ulteriori sofferenze alla comunità locale”.

IL RUOLO ITALIANO NELLA NATO

A parte le preoccupazioni turche, che si sommano alle insofferenze della Nato per l’acquisto da parte di Ankara del sistema russo S-400, l’incontro romano è stato giudicato positivamente da Stoltenberg. Il segretario generale è impegnato nel ciclo di viaggi preparatori al vertice dei capi di Stato e di governo del prossimo dicembre, il summit che a Londra (sede del primo quartier generale) chiuderà le celebrazioni per i settant’anni dell’Alleanza. “L’Italia – ha detto Stoltenberg – è uno dei Paesi che contribuiscono maggiormente alle missioni portate avanti dalla Nato in tutto il mondo”. In prima linea c’è il contributo a Resolute Support, la missione dell’Alleanza in Afghanistan. “Ogni volta che mi reco nel Paese resto colpito dalla professionalità e dall’impegno dei militari italiani”.

LA QUESTIONE DELLE RISORSE

Il segretario generale ha ricordato inoltre la partecipazione italiana in Iraq, Kosovo, Lettonia e Romana, impegni che l’Italia sta cercando di presentare con la dovuta chiarezza agli alleati a fronte delle difficoltà registrate sulla spesa per la Difesa. L’obiettivo del 2% del Pil è ancora troppo lontano e (a meno di miracoli) non verrà raggiunto entro il termine del 2024. Su questo l’attenzione della Nato resta alta, soprattutto per le pressante richieste al rispetto degli impegni che arrivano dagli Stati Uniti di Donald Trump. Conte e Stoltenberg ne avranno certamente parlato, visto che il tema del “burden sharing” appare tra quelli elencati nella nota della Nato. La strategia italiana è chiara da tempo, e punta a spostare l’attenzione sulla qualità dei contributi più che sulla quantità delle risorse finanziarie impiegate.

QUEL RIFERIMENTO DI STOLTENBERG

Una frase di Stoltenberg non è però passata inosservata: “Gli alleati stanno investendo di più in tecnologie all’avanguardia e aumentano i contributi alle missioni Nato; è una buona notizia e io contro sull’Italia, come su tutti gli alleati, per portare in avanti il trend”. La frase è criptica, ma da alcuni è stata interpretata come una sottile richiesta di maggiore attenzione ai programmi della Difesa, soprattutto a quelli ad alta tecnologia. Il riferimento potrebbe essere agli F-35, nel giorno in cui il dibattito sul dossier è tornato ad accendersi. D’altra parte, proprio pochi giorni fa i velivoli di quinta generazione italiani hanno raggiunto un nuovo primato: il primo dispiegamento in una missione targata Nato.

“UN PARTNER AFFIDABILE”

In ogni caso, per l’Italia c’è di base la volontà di confermarsi. “Nei settant’anni dell’Alleanza – ha detto il premier Conte– l’Italia ha dimostrato di essere un alleato eccezionale ed affidabile; siamo un Paese fondatore e un membro attivo, a cui è riconosciuto lo status di fornitore di sicurezza”. Il rapporto è tuttavia bidirezionale, considerando che “il legame transatlantico resta il pilastro della sicurezza europea”. Eppure, all’orizzonte emergono nuove sfide: “In questi settant’anni il quadro geopolitico si è trasformato; bisogna guardare alla multi-dimensionalità delle sfide per la sicurezza – ha rimarcato Conte – perché dalla capacità di rispondere alle richieste di sicurezza dei cittadini dei suoi Stati membri dipende l’immagine pubblica di vitalità”.

LA RICHIESTA…

Sulla base di questo, il presidente del Consiglio ha avanzato una richiesta, già presentata dal Paese in tanti appuntamenti recenti nel quartier generale di Bruxelles. “Ci aspettiamo che a Londra vengano affrontati nel dettaglio i temi relativi alle sfide che si presentano sulla sponda meridionale della Nato”. D’altra parte, ha aggiunto, “abbiamo investito finanze, capacità tecnologica e risorse umane per tutelare gli interessi dell’Alleanza”.

…E LA PROPOSTA

Alla richiesta si è sommata una proposta ormai altrettanto ricorrente: essere mediatore tra Bruxelles e Mosca, sulla scia dello “spirito di Pratica di Mare” che portò alla nascita del Consiglio Nato-Russia. E così, Conte ha spiegato che la fine del trattato Inf impone inevitabilmente un’esigenza maggiore di confronto costruttivo con i russi. “È fondamentale pensare a un nuovo modello per l’architettura di sicurezza europea, a fronte della terminazione del trattato delle forze nucleari intermedie, che richiede oggi più che mai un dialogo aperto e costante con la Russia, anche in materia di stabilità strategica”. A questo dialogo il premier lega anche “la gestione del nuovo dominio cibernetico” e “la competizione nello spazio”, con l’apparente ambizione di creare un ponte che probabilmente non sarà particolarmente gradito agli Stati Uniti, i cui piani per questi domini operativi vedono Mosca al secondo posto nella lista dei competitor. Al primo c’è infatti Pechino.

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