Quanti soldi entreranno nelle casse dello Stato a seguito della web tax? Non tutti sono concordi sulle stime fatte dal governo, molto più alte delle previsioni contenute in un’analisi dell’Istituto Bruno Leoni.
IL PROVVEDIMENTO
L’ultima versione licenziata, ‘salvo intese’, dal Consiglio dei ministri – ricorda in premessa l’Ibl, “ricalca quella contenuta nella finanziaria 2019, ma poi accantonata per la mancata promulgazione dei richiesti decreti attuativi”. Un’imposta che, si spiega, “si applicherà ai soggetti con un fatturato complessivo di almeno 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 generati dalla prestazione di servizi digitali in Italia, e introdurrà un prelievo del 3 per cento sui ricavi derivanti, in particolare, dalla pubblicità online, dall’intermediazione delle piattaforme che abilitano la fornitura di beni e servizi, dalla trasmissione dei dati raccolti dagli utenti”.
LE CIFRE (E I CALCOLI)
Ebbene, oltre ad alcune difficoltà tecniche nel calcolo di alcuni di questi segmenti, l’Istituto Bruno Leoni sottolinea come i proventi per le finanze dello Stato potrebbero essere molto inferiori a quanto atteso. In particolare, rimarca l’analisi, secondo l’esecutivo sono “600 milioni di euro l’anno che l’erario dovrebbe ricavarne, secondo le previsioni dei proponenti (somma poi lievitata a 708 milioni nella relazione tecnica al decreto fiscale collegato alla manovra)”. Ma, secondo l’articolo dell’Ibl, queste somme appaiono eccessive. “A titolo di confronto”, si evidenzia, “la Francia – il cui mercato digitale vale quasi il doppio di quello italiano – stima d’incassare da un provvedimento analogo circa 500 milioni l’anno”.
Ma, prosegue il confronto, “anche una previsione di 250 milioni”, apparirebbe erronea. Intanto perché è limitata negli ambiti che tocca. “L’imposta colpisce alcune specifiche categorie di servizi digitali – fuoriescono dal suo ambito d’applicazione, per esempio, l’e-commerce diretto, la fornitura di contenuti digitali, i servizi di comunicazione e quelli di pagamento”. E poi, scrive ancora l’Ibl, “le soglie dimensionali previste limitano il numero dei soggetti sottoposti al prelievo”. E “queste esclusioni limitano ulteriormente i possibili benefici della web tax per l’erario. Basso anche il gettito atteso dalla pubblicità online (da circa 54 milioni a un massimo di 81 milioni). Più complesso ancora “stimare il gettito generato dai servizi di intermediazione”.
LE STIME DELL’IBL
Tutto ciò, conclude l’Istituto Bruno Leoni, unito a stime sulla crescita di questi mercati in Italia e ad altri aspetti tecnici, lascerebbe pensare che “una quantificazione realistica del gettito dell’imposta, dunque, si attesterebbe tra i 120 e i 145 milioni – nella migliore delle ipotesi, un quinto degli oltre 700 milioni su cui il governo avrebbe messo gli occhi”.