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Berlusconi, Renzi, Conte e Cairo in campo per ricostruire il Centro. Il commento di Rotondi

Di Gianfranco Rotondi

Moderato, bello a vedersi. Ma dove sono i moderati oggi in Italia? E cosa sono, esattamente? Nei sacri testi la moderazione è descritta come una virtù, ben più di una emozione né troppo calda né troppo fredda. Osservando la politica italiana, questa virtù proprio non si rintraccia: campeggiano protagonisti addestrati alla lotta nei talk show, vere fucine di talenti buoni per la politica urlata, sguaiata, violenta.

Sono lontani i tempi di Jader Jacobelli e della sua Tribuna politica nella quale i leader “ringraziavano della domanda che dà l’occasione di precisare un pensiero”. Oggi in Tv viene richiesta aggressività e un fisico del ruolo che aderisca al format della rissa spettacolare. La Tv trash ha prodotto carismi politici altrettanto trash e la presa diretta della Rete e dei social ha solo completato il capolavoro.

Quindi il tema è un altro: è possibile una comunicazione, prima che una leadership, moderata? Tocca provare per saperlo. Fin qui nessuno ci ha provato. Ora però si apre uno scenario nuovo. Intanto metà degli elettori non va a votare: vuoi vedere che non siano proprio i moderati? Secondo un sondaggio realizzato all’uscita delle chiese, oggi i cattolici italiani si rifugiano nell’astensione. È un indizio. Anche sui social si registra una timida inversione di tendenza: sarà che è divenuto il social degli anziani, ma su Facebook le voci aggressive vengono segnalate sempre più spesso. E si può sperare che la Rete si emendi da sola, favorendo così un ritorno al confronto civile delle idee.

Ma intanto chi sono i possibili player di un partita politica del centro moderato? Uno è l’immarcescibile Berlusconi, fin qui sempre risorto dalle sue ceneri. Oggi non gioca da protagonista, ma il suo gruzzolo di voti è essenziale a chiunque aspiri a occupare quel campo. Poi c’è Renzi, ammiccante al centro in tutte le direzioni. La sua Italia viva rivendica persino nel nome la parentela con l’esperienza forzista più ancora dei precedenti araldici della Margherita e del Ppi.

Ma la novità assoluta è il premier Conte: approdato più o meno per caso a palazzo Chigi, si è addestrato da solo in una lotta politica che è stata spietata nel governo gialloverde e promette di essere vivace anche nel Conte bis a tinte giallorosse. Il premier resiste con successo e disegna abilmente una leadership cucita con la stoffa buona del moderatismo e del cattolicesimo politico. Sullo sfondo rimane Urbano Cairo, che è in campo senza essere in campo ed è per lui la scelta migliore: non si brucia, trattiene il carisma di novità e tuttavia tasta il terreno.

Chi di questi quattro cavalieri farà un passo avanti? Se vogliamo dare una risposta di centro, essa è: tutti e quattro. Il centro moderato, per sua natura, è collegiale e allergico alle leadership assolute. Forse per questo è così difficile ricostruirlo nel tempo degli uomini soli al comando.


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