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Arabia Saudita e Iran. Donne tra due giganti in competizione

Di Farian Sabahi

In Medio Oriente tante guerre si combattono con armi prodotte nei Paesi occidentali perché – recita un proverbio – l’odore dei soldi sposta anche il corso dei fiumi. I belligeranti più agguerriti dell’area sono rappresentati dall’Arabia Saudita e dall’Iran. Due giganti in competizione per la supremazia regionale, desiderosi di primeggiare come difensori della fede: i sauditi dell’Islam sunnita e integralista per l’adesione alla scuola giuridica hanbalita, la più severa; gli iraniani dell’Islam sciita seguono invece la scuola detta jafarita, che utilizza l’ijtihad – il ragionamento indipendente – per sciogliere i nodi della modernità. Sulla base di questa facoltà, per esempio, è permesso in Iran il cambio di sesso, che prevede anche un rimborso delle spese sostenute da parte del Sistema sanitario nazionale.

Dal marzo 2015, la competizione, anzi, una vera e propria Guerra fredda regionale tra Riyadh e Teheran si è trasformata in un conflitto per procura in diverse aree della regione. In modo particolare, e cruento, in Yemen, dove i sauditi hanno scatenato l’inferno. Il pretesto è stata la presa di potere nella capitale da parte dei ribelli houthi, che professano l’Islam sciita, anche se in modo distinto dagli iraniani – essendo sciiti zaiditi e non jafariti. I sauditi, naturalmente, non hanno tollerato la presa di potere da parte di una fazione sciita in Yemen, Paese confinante con l’Arabia Saudita, né l’esito positivo delle proteste legate alla Primavera araba, che a Sanaa aveva portato alla cacciata del presidente, Ali Abdallah Saleh. Quest’ultimo era sì sciita e zaidita, come gli houthi, ma questo non aveva impedito un conflitto fra il presidente e i ribelli, durato anni: una delle tante contraddizioni del Medio oriente.

Negli ultimi anni, inoltre, la Guerra fredda tra Arabia Saudita e Iran ha avuto anche dei risvolti di tipo culturale, coinvolgendo per esempio, le donne in due ambiti specifici: il diritto di guidare l’automobile e quello di assistere alle partite di calcio allo stadio. Molte saudite hanno preso la patente all’estero, ma non per questo potevano guidare in patria. Il pretesto – mi raccontava un amico – è che le donne sono percepite dalla popolazione maschile come irresponsabili e volubili. Nonostante i tanti timori, nel giugno del 2018, le saudite sono comunque riuscite a ottenere il diritto di guidare. Un gesto di apertura dell’ambizioso principe ereditario Muhammad bin Salman, il quale, se da una parte ha ordinato ai suoi scagnozzi di tagliare a pezzi con la sega elettrica il giornalista Jamal Kashoggi, il 2 ottobre del 2018, dall’altra ha lanciato una serie di riforme innovative per il regno saudita.

Ciononostante, le attiviste che per anni hanno lottato per questo diritto restano attive, in quanto tanti diritti fondamentali restano negati: resta in piedi il sistema del wali, del guardiano, per il quale le saudite hanno bisogno del permesso di un parente di sesso maschile – padre, fratello, marito o figlio – per uscire di prigione, recarsi in ospedale, e per numerosi altri ambiti.

Le iraniane, dal canto loro, guidano da sempre l’automobile, ma anche loro sono discriminate dal punto di vista legale: nell’eredità, nella testimonianza in tribunale e nel prezzo del sangue – un risarcimento in caso di ferimento o morte violenta – valgono la metà di un uomo. Solamente il 10 ottobre di quest’anno sono riuscite, finalmente, a ottenere il diritto di entrare negli stadi di calcio, anche se soltanto nelle partite internazionali e in percentuale minima rispetto alla capienza.

Ma ce l’hanno fatta, grazie soprattutto alle pressioni della Fifa dopo il sacrificio della ventinovenne Sahar Khodayari, la quale, nel marzo del 2019, era entrata allo stadio Azadì di Teheran travestita da maschio e, dopo aver saputo di essere stata condannata a una pena detentiva, il 2 settembre 2019 si era data fuoco, morendo una settimana dopo per le ustioni riportate. In questo ambito sono state le saudite che hanno preceduto di poco le iraniane, venendo ammesse allo stadio di Jeddah per la prima volta il 12 gennaio del 2018.

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