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L’F-35 compatta centrodestra e maggioranza. Il programma che serve al Paese

L’F-35 è una scelta del Paese, per le esigenze delle Forze armate, il lavoro dell’industria nazionale e i rapporti con gli alleati della Nato. Dopo i messaggi di Sergio Mattarella dal Quirinale, le rassicurazioni di Giuseppe Conte agli Usa e l’assunzione di responsabilità del ministro Lorenzo Guerini di fronte al Paese, il dossier F-35 ha fatto ritorno ieri alla Camera, dove in tarda serata l’aula ha iniziato a discutere la mozione della Lega, prima firma Roberto Paolo Ferrari, per impegnare il governo a confermare gli impegni per i 90 velivoli previsti. Da subito si sono aggiunte altre due mozioni (del Gruppo misto e di Fratelli d’Italia, a prima firma Giorgia Meloni) aventi la stessa finalità. Eppure, rispetto al passato, il dibattito sembra segnare il passo, schivando (per ora) il rischio di polarizzazione. Tutte le forze politiche hanno infatti concordato sulla strategicità del velivolo per le Forze armate e, soprattutto, sugli importanti ritorni industriali che dallo stabilimento novarese di Cameri si estendono all’intera filiera. Di più, da tutti è arrivato il via libera a esplorare nuove possibilità di collaborazione industriale con l’alleato d’oltreoceano.

TRA DIVERGENZE E PUNTI DI INCONTRO

Se la Lega, a cui si affiancano Forza Italia e Fratelli d’Italia, propone di chiarire una volta per tutte l’aderenza agli impegni, la maggioranza si compatta sulla linea del riesame per un programma che si sviluppa nel tempo. Non una “rimodulazione” dei numeri; non una “rinegoziazione” degli impegni; né una “valutazione tecnica” su un velivolo dalle comprovate capacità (lo dimostrano i primati dell’Aeronautica militare). Pd e M5S trovano la quadra sulla “valutazione” del contesto internazionale e delle esigenze. “Voglio pensare – ha detto il deputato dem Alberto Pagani, capogruppo in commissione Difesa, nel suo intervento – che l’intenzione dei presentatori della mozione non sia di seminare zizzania nel campo della maggioranza, ma sia di evidenziare la necessità di dare una continuità ad una politica adottata dal nostro Paese”. È per questo che l’intenzione della mozione della Lega viene considerata “lodevole” da Pagani, che tuttavia ha preannunciato una mozione diversa.

GLI IMPEGNI SECONDO IL PD…

Si chiederà al governo, ha rimarcato Pagani, “di valutare le future fasi del programma al quale l’Italia ha sempre partecipato in modo serio e responsabile, tenendo conto dei mutamenti del contesto geopolitico, delle nuove tecnologie che si stanno affacciando, dei nuovi costi che si profilano, degl’ impegni internazionali assunti dall’Italia, della tutela dell’industria italiana del comparto, della difesa e dell’occupazione, al fine di avviare l’accrescimento massimo possibile del know-how nazionale e l’accesso alla tecnologia straniera nelle risorse disponibili”. In più, ha aggiunto Pagani, si chiederà l’impegno a “continuare nella valorizzazione degl’ investimenti già effettuati nella Faco di Cameri, della sua competitività quale polo produttivo logistico internazionale, allargando ulteriormente gli ambiti di cooperazione internazionale nel campo aerospaziale e della difesa”. Infine, ci sarà “l’impegno al governo di riferire periodicamente al Parlamento, attraverso le Commissioni, le eventuali evoluzione del programma”.

…IL M5S…

La linea è sposata dal M5S nelle parole del capo gruppo in Commissione Difesa Giovanni Russo. “Si ravvisa ormai la necessità di valutare nel tempo gli sviluppi del programma F-35, tenendo conto delle esigenze del nostro sistema di difesa e di quelle dell’industria nazionale”, ha detto nel suo intervento. Inoltre, si rilancia la valorizzazione degli investimenti su Cameri, compreso l’allargamento degli ambiti di cooperazione internazionale “al fine di massimizzare i ritorni economici, occupazionali e tecnologici”. Intesa anche sul terzo punto: “Continuare a riferire periodicamente al Parlamento sulle evoluzioni del programma, per ribadire ancora di più la centralità della nostra Assemblea nazionale”. Di base, c’è la consapevolezza sulla “assoluta eccellenza dell’industria italiana che in questo programma si sta rivelando appieno”.

…E ITALIA VIVA

La linea trova rispondenza anche in Italia Viva con Nicola Carè, che ha notato la necessità “per un contraente il mantenere inalterata la sua capacità di valutare nel tempo l’andamento di un programma, prendendo, di volta in volta, le decisioni più utili agli interessi del Paese stesso”. Carè ha inoltre definito “assolutamente ragionevole” (promettendo sostegno) la proposta della Lega per impegnare al governo “ad esplorare la possibilità di allargare ulteriormente gli ambiti di cooperazione nel campo aerospaziale e della difesa tra le aziende leader italiane e i colossi americani del settore”.

LA LINEA DEL CENTRODESTRA

E se si compatta la maggioranza, altrettanto si può dire del centro destra, unito sul sostegno alla mozione della Lega. ho visitato la ditta di Cameri dove vengono assemblati questi cacciabombardieri; e nel tempo mi sono reso conto che il progetto F-35 non è qualcosa che puoi decidere di acquistare solo in caso di necessità. Davide Galantino di Fratelli d’Italia ha ricordato di aver lavorato su una mozione per rivedere il programma, salvo poi decidere di non presentarla perché “ho visitato la ditta di Cameri e mi sono reso conto che il progetto F-35 non è qualcosa che puoi decidere di acquistare solo in caso di necessità”. Così, dicendo “no” ai velivoli, si rischia di “dire no alla sicurezza dei cittadini, perché nel 2030 il nostro sistema di difesa aerea andrà in fine vita”. Alle esigenze operative si aggiungono quelle di credibilità internazionale. “L’F-35 – ha detto il presidente del Copasir, già sottosegretario alla Difesa Raffaele Volpi – è uno dei mezzi di legame che dimostra, anche in continuità, il nostro ancoraggio all’Alleanza Atlantica”.

UNA SCELTA TRANSATLANTICA

L’adesione al programma, ha rimarcato Volpi, “non è un atto di fedeltà, ma una scelta politica e geopolitica, una scelta che deve traguardare il futuro”. Esigenze operative e collocazione atlantica nell’ambito del programma F-35 sono apparse evidenti il mese scorso in Islanda. Sei velivoli dell’Aeronautica militare italiana hanno portato la Nato nella quinta generazione, ricevendo per primi la certificazione sulla piena capacità operativa. Un risultato non da poco anche in vista del summit che a Londra riunirà tra un paio di settimane i capi di Stato e di governo dell’Alleanza. Si attendono le nuove strigliate di Donald Trump sul fronte della spesa, e il successo dell’impegno islandese offre all’Italia una nuova carta a sostegno della linea del contributo alle missioni oltre il semplice cash. Non è un caso che l’impiego degli F-35 in Islanda sia stato ricordato alla Casa Bianca da Sergio Mattarella dopo che Trump aveva ripreso il nostro Paese sulla lontananza dal noto 2% del Pil.

LA RESPONSABILITÀ DI GUERINI

D’altra parte, il capo dello Stato ha ricordato più volte, anche dentro i confini nazionali, l’esigenza di assicurare ai programmi di lungo periodo stabilità di investimenti e certezza di finanziamenti. Il punto è emerso anche nell’ultimo Consiglio supremo di Difesa, riunitosi al Quirinale la scorsa settimana. Era arrivato dopo la nuova precisazione del ministro Lorenzo Guerini sull’intenzione di “chiudere il dibattito sugli F-35”. Il titolare della Difesa aveva spiegato da Pozzuoli l’intenzione di “non derogare a nessuno” i suoi doveri, a partire da quello “di garantire l’efficacia dello strumento militare, quello di tenere l’Italia dentro gli impegni assunti in sede internazionale e nelle alleanze a cui partecipiamo e quello di vedere le ricadute positive che le scelte che noi compiamo hanno sul nostro Paese”. Il programma F-35, aggiungeva, “mette in gioco tutti questi elementi e io non intendo in maniera molto precisa non derogare a nessuno di questi doveri”. Qualche settimana prima, l’assunzione di responsabilità di Guerini a conferma degli impegni presi aveva generato qualche malumore tra gli alleati pentastellati di governo. Nel dibattito di ieri sera alla Camera traspare invece un’intesa ritrovata, focalizzata prima di tutto sugli aspetti industriali

I RITORNI INDUSTRIALI

La partita riguarda i ritorni di lavoro derivanti dalla partecipazione al programma F-35. Oltre il sito di Cameri (che assembla i velivoli italiani e olandesi), c’è un’intera filiera coinvolta, dai big nazionali alle tante Pmi. Visto l’avanzamento del programma, ci sono le opportunità per incrementare i ritorni, per un ruolo che comunque ha già prodotto vere eccellenze tecnologiche (notate da molti intervenuti al dibattito parlamentare). Nell’ultimo mese l’Olanda ha presentato l’acquisto di nove F-35 in più rispetto ai 37 già previsti. Il Belgio ha inoltre ufficializzato i piani per 34 velivoli, aggiungendo un accordo tra diverse aziende belga e Lockheed Martin per garantirsi ritorni industriali importanti. A Cameri è giunta di recente una delegazione polacca che potrebbe scegliere il sito novarese per assemblare i 32 F-35 che Varsavia intende acquistare. Più di recente, il Pentagono e Lockheed Martin hanno siglato l’accordo per i prossimi lotti produttivi del velivolo di quinta generazione, scendendo con un anno di anticipo al di sotto della soglia di 80 milioni di dollari per un F-35 in versione convenzionale: meno di un velivolo di quarta generazione.

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