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Il lavoro di prima e quello di poi

Il lavoro, nell’economia della produzione, produceva beni e servizi; merci insomma per dar ristoro ai bisogni. Chi lavorava, per il tempo e la perizia impiegati, riceveva un reddito che veniva speso per dare ristoro…. toh…ai bisogni.
Tanti i bisogni, tante le merci da produrre per soddisfarli.
Questo mirabile equilibrio mostrava il merito che verrà premiato da un reddito adeguato alla bisogna; meriterà la settimana corta per prender fiato, ferie per sgranchirsi, assistenza pubblica in caso di malattia, il gruzzolo del Tfr per rifocillarsi, la pensione infine per il meritato riposo.
Si fecero carico del tutto una Filosofia economica che aveva fatto, di quel “travaglio”, elegia. Una parte della politica e quella sindacale ne rappresentarono le istanze mentre, non scorto, con la produttività dell’esercizio reso rigenerava se stesso.
Bene, nell’economia dei consumi, sregolata dall’impiego di regole scadute, ci si attarda ancora a riconoscere se si sia prodotto troppo o si sia affrancati dal bisogno. Nel frattempo il lavoro, correo con il Capitale dello squilibrio, da solo ne paga il prezzo, con un reddito insufficiente per fare la spesa.
Sia come sia, un lavoro di tal fatta, privato di una taglia contrattuale da far valere, diventa incapace di riprodursi. L’efficacia delle Teorie che lo hanno sostenuto vacillano; la Politica rincorre inefficaci slogan, il Sindacato vivacchia.
Così è se vi pare. Prima era funzione della produzione, oggi diventa dipendente dal consumo; solo così può ritrovare la sua riproduzione, il suo remunero.
Essì, se nel prima, il reddito da lavoro spesava la spesa e l’esercizio di consumazione trovava il compenso nel ristoro del bisogno, il rapporto produzione/consumo stava in equilibrio.
Nel poi, per riffe o per raffe, reso d’obbligo quell’esercizio di consumazione, ch’eppur collide proprio con l’affrancamento dal bisogno, deve trovare un più idoneo compenso per potersi riprodurre e far ri-produrre.
Un reddito di scopo insomma, che pareggi il conto di quello insufficiente generato dal lavoro; pagato per l’obbligo dell’esercizio, per l’impiego di risorse scarse e per il vantaggio che ricava il ciclo produttivo con l’azione della “tiritera*”.
Okkei, signori dal fiato sul collo? Bene, se il prezzo è quello giusto, si vada oltre.

*La spesa trasforma la merce in ricchezza, la sua consumazione da spinta alla ri-produzione, genera lavoro e lo remunera; tiene attivo il ciclo produttivo, da sostanza alla crescita economica.

Mauro Artibani, l’economaio
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