Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Investimenti e alleanze. La strategia di Guerini per la Nato (e per l’Italia)

Investire nella Difesa è un’esigenza nazionale, un’opportunità di crescita e un fattore di credibilità all’estero. Parola del ministro Lorenzo Guerini, che oggi è intervenuto di fronte alle commissioni Difesa di Camera e Senato per la seconda puntata dedicata alla presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero. Complici i tempi stretti e le molteplici domande dei parlamentari, lo scorso 30 ottobre il presidente della commissione di Montecitorio Gianluca Rizzo aveva infatti rinviato ad altra data il prosieguo del dibattito.

UN TEMA DELICATO

Il tema più delicato resta la spesa destinata alla Difesa, soprattutto in vista del vertice che all’inizio della prossima settimana riunirà a Londra i capi di Stato e di governo della Nato. Si attendono infatti nuove strigliate di Donald Trump agli alleati europei lontani all’obiettivo di raggiungere entro il 2024 l’obiettivo di destinare alla Difesa il 2% del Pil. Sul tema (che probabilmente nasconde una più profonda insofferenza del presidente americano sui contesti multilaterali) già lo scorso anno a Bruxelles c’erano state scintille. Guerini non cela le difficoltà italiane: “il 2% non è realisticamente realizzabile entro il 2024”, ha detto dopo aver espresso il punto a Berlino qualche giorno fa. Partendo dall’attuale 1,22%, “occorrerebbero 14 miliardi in più” rispetto ai 21 circa ora destinati alla Difesa. Il problema comunque è il trend. “Dal 2014 – ha ricordato Guerini – non vi è stata crescita significativa”.

LA STRATEGIA ITALIANA

Per questo, “il governo si sta muovendo verso un incremento dell’investimento destinato alla Difesa, così da tendere progressivamente alla media degli altri alleati europei in maniera credibile e sostenibile”, intorno all’1,55%. A ciò si aggiungono altri aspetti con cui l’Italia spera di colmare agli occhi degli alleati i problemi sulla spesa. Primo, le pressioni nell’Alleanza affinché si tenga conto non solo del cash, ma anche delle capability e del contribution (le 3C definite in ambito Nato). Occorre focalizzare l’attenzione, ha detto Guerini, “anche sulle capacità esprimibili e sui contributi operativi”. Per questi due aspetti l’Italia è messa bene. “Il nostro Paese è il secondo contributo alle missioni Nato”, riuscendo a esprimere “elevato livello capacitivo” palese nel recente dispiegamento degli F-35 in Islanda, il primo tra gli alleati. “Abbiamo portato l’Alleanza nella quinta generazione aeronautica”, ha ricordato il ministro della Difesa. Resta inoltre la proposta già avanzata dall’ex ministro Elisabetta Trenta sull’estensione del computo del 2% anche agli “investimenti che le singole nazioni sostengono per i nuovi domini operativi”, in particolare quello cyber, e ai contributi finanziari alle nuove iniziative dell’Unione europea nell’ambito della Difesa.

PERCHÉ AUMENTARE GLI INVESTIMENTI…

Occhio però a confondere gli obiettivi. Aumentare gli investimenti per la Difesa serve “non tanto per adempiere agli impegni assunti con la Nato”, quanto “per uno strumento militare efficiente e commisurato a ruolo che Italia vuole avere su scena internazionale”. Tendere al 2% “rappresenta prioritariamente un’esigenza nazionale”. D’altra parte, “lo sforzo maggiore” Guerini lo ha assicurato per “l’intenzione di proseguire secondo una logica spiccatamente interforze il percorso di ammodernamento delle Forze armate”. Ciò “necessita della graduale crescita dell’investimento nel medio-lungo periodo in un quadro di certezza degli investimenti stessi”.

…E COME FARLO

La proposta del ministro è ormai nota: “uno strumento pluriennale che assicurerebbe stabilità di risorse e opportuna supervisione politica del Parlamento sulle scelte più rilevanti”. L’esempio di riferimento sono i fondi quindicennali già adottati da altri amministrazioni centrali: “Investimenti certi e garantiti per l’intero arco di sviluppo dei programmi consentono importanti economie di scala e favoriscono una crescita armoniosa del comparto industriale nazionale con rilevanti cadute sia sullo sviluppo di nuove tecnologie sia sulla competitività e sui livelli occupazionali”. La Difesa dispone già di uno strumento di programmazione pluriennale (il Dpp), a cui però non corrisponde la possibilità di avere finanziamenti certi corrispondenti.

LA VOCE ESERCIZIO

Ciò crea problemi prima di tutto alle Forze armate. Guerini ha ricordato per questo “le preoccupazioni” che da tempo giungono dai vertici militari, soprattutto “in merito alle conseguenze che la contrazione delle risorse destinate all’Esercizio”, cioè la voce del budget Difesa che riguarda addestramento e manutenzione. Per l’anno in corso vi è destinato il 13% della funzione Difesa, complessivamente pari a meno di 14 miliardi rispetto ai 21,4 complessivi per il dicastero. “Intendo individuare nuove risorse per finanziare il settore Esercizio” ha detto Guerini, evitando “che vengano assorbite dai costi fisse determinando ricadute dirette sullo strumento militare”. Tale riflessione riguarderà anche la legge 244 del 2012, la cosiddetta “Legge di Paola”, elaborata dall’allora ministro della Difesa con l’obiettivo di avere entro il 2024 uno strumento militare di dimensioni più contenute, ma più sinergico ed efficiente. Si punta a 150mila unità di personale militare partendo da un numero complessivo di 190mila, e di 20mila unità per il personale civile, a fronte delle 30mila di partenza.

RIVEDERE LA LEGGE 244

“Gli effetti auspicati non sono stati del tutto conseguiti – ha notato Guerini – dal momento che i risparmi derivanti dalla riduzione dei volumi organici hanno contribuito in parte al miglioramento dei saldi di finanza pubblica, e per la quota rimanente vengono ulteriormente erosi dagli obiettivi di risparmio fissati annualmente sulla spesa dei singoli ministeri”. A ciò si aggiunge l’inevitabile invecchiamento del personale, a fronte dell’esigenza di maggiori impegni derivanti “da un mutato quadro geostrategico di riferimento”. Da qui arriva la proposta di Guerini alle Commissioni Difesa: “una serie e approfondita riflessione sulla legge 244”. Per iniziare, ha aggiunto, si potrebbe “fare ciò che la legge consente, e cioè sfruttare al massimo la flessibilità che la norma prevede per la definizione degli organici fino al 2024, e cioè per il periodo transitorio, considerando la possibilità di posticipare poi di anno in anno il conseguimento dell’organico”.

×

Iscriviti alla newsletter