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Gli investimenti fanno bene alla Difesa. La nota del Quirinale spiegata da Marrone (Iai)

Dal Quirinale sono arrivati messaggi forti sugli investimenti necessari alla Difesa. Fanno il paio con le linee programmatiche del ministro Lorenzo Guerini e sembrano dire che c’è il “momentum” per una piccola grande riforma che assicuri finalmente certezza finanziaria al settore, soprattutto in vista della finanziaria. Parola di Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dell’Istituto affari internazionali (Iai), che Formiche.net ha raggiunto per commentare i messaggi arrivati dal Consiglio supremo di Difesa presieduto dal capo dello Stato Sergio Mattarella lo scorso lunedì.

Nella nota diffusa dal Quirinale si parla di investimenti certi per la Difesa e di “coerente e lungimirante politica di modernizzazione dello strumento militare”. Che tipo di messaggio è?

Un messaggio sicuramente importante. Il Consiglio supremo di Difesa non si riunisce frequentemente. Le parole che mette nero su bianco hanno il peso del massimo organo istituzionale e costituzionale per la Difesa nazionale, con il Presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, tutti i ministri interessati, il sottosegretario di Palazzo Chigi e il capo di Stato maggiore della Difesa. Il messaggio è forte anche perché è arrivato in un momento difficile di fronte all’opinione pubblica, spiegando l’esigenza di mantenere la presenza nelle aree di instabilità e mandando un segnale di fermezza all’indomani del ferimento dei militari italiani in Iraq. Emerge poi una consapevolezza ulteriore sul fatto che le Forze armate devono essere in grado di rispondere a tali minacce nei vari teatri operativi, anche nel contesto delle alleanze. Non a caso vengono citate Nato e Ue.

Ma ci sono margini per aumentare le risorse?

Quello delle risorse è un problema annoso. A tal proposito, dal Quirinale il messaggio forte è arrivato sulla continuità dei finanziamenti. Difatti, qualunque sia il livello di risorse messe a disposizione, incertezza e discontinuità si traducono in scarsi risultati e inefficienza. Per questo il comunicato del Consiglio supremo di Difesa richiede una corretta programmazione.

Ma perché è così importante?

Perché gli equipaggiamenti delle Forze armate richiedono anni per il loro sviluppo e la loro acquisizione. L’obiettivo è essere efficaci e tecnologicamente all’avanguardia rispetto agli avversari. Inoltre, si tratta di programmi spesso condivisi per oneri finanziari e comunalità di equipaggiamenti con altri Paesi europei o con gli Stati Uniti. Non è possibile rimetterli in discussione ogni anno. È come pensare di rinegoziare ogni mese un mutuo a tasso fisso. Certo, si può dire che un programma non risponde più alle esigenze delle Forze armate e va rivisto drasticamente. Ma questo non è quasi mai successo. Si tratta di programmi necessari che, anche se andati a buon fine, hanno risentito negativamente di mezze marce indietro e incertezze a livello politico.

Questo però potrebbe avvenire anche adesso.

A maggior ragione è importante quanto ha messo nero su bianco il Consiglio supremo di Difesa, specie in vista della finanziaria e in una fase in cui si sbloccano impegni presi lo scorso anno e poi bloccati dal precedente ministro. Ora si sta recuperando l’arretrato. Forse è però anche il caso di aprire una riflessione su uno strumento di programmazione che superi la finanziaria.

Che intende?

Il ministero della Difesa ha già il Documento programmatico pluriennale (Dpp) che si muove su un arco triennale. A esso però non corrispondono finanziamenti certi per le stesse tempistiche. Potrebbero ora esserci le condizioni per questa piccola grande riforma.

Fa riferimento al fatto che la stessa cosa sia stata proposta dal ministro Guerini nelle sue linee programmatiche?

Sì. C’è probabilmente un momentum. Il Consiglio supremo di Difesa è presieduto dal presidente della Repubblica ma vede un ruolo importante del ministro competente, titolare della politica di Difesa. In più c’è la presenza del capo di Stato maggiore della Difesa, vertice delle Forze armate e portatore delle loro esigenze. È lecito pensare che le linee-guida del ministro siano state condivise con i vertici militari e con il Consiglio supremo che, forse non a caso, ha prodotto tale risultato. Bisogna poi ricordare che Mattarella è stato ministro della Difesa e ha preso durante l’incarico scelte importanti come l’avvio della prima fase di studio del programma Joint Strike Fighter, poi F-35.

Questo ha un valore?

Certo. Quando uomini politici si accostano al tema della difesa con una certa attenzione e propensione al dialogo, comprendono appieno le esigenze delle Forze armate.

Nella nota del Quirinale si fa anche riferimento a “un’efficace sinergia con il comparto industriale nazionale”. Cosa si intende?

Anche questo riferimento è importante. È la consapevolezza che il sistema della Difesa è composto dalle Forze armate, che esprimono delle esigenze per svolgere i compiti loro assegnati dalla Costituzione e dalla legge, e da un comparto industriale da cui si approvvigionano dei mezzi necessari. Quest’ultimo è per lo più nazionale, e assicura dunque sovranità tecnologica, ritorni tecnologici e occupazionali per tutto il Paese. La certezza dei finanziamenti giova anche all’industria, poiché permette di programmare e fare investimenti. Ciò vale per ogni settore. Quando il cliente (che nel caso della Difesa è pubblico) riesce a programmare su base pluriennale, l’offerente ha maggiore propensione al rischio nello sviluppo dei prodotti. Questo permette anche all’industria di presentarsi all’estero con un più attraente biglietto da visita.

Ha parlato di “momentum”. Nota un cambio di passo rispetto al recente passato?

Direi di sì. È stato il primo Consiglio supremo di Difesa del governo Conte II. Ammettendo che la nota diffusa dal Quirinale sia condivisa, emerge una consonanza tra i ministri presenti (che sono anche rappresentanti dei partiti di governo) e con la presidenza del Consiglio sulla politica di Difesa del Paese. Si citano tanti contesti e dossier: Iraq, Siria, Libia e Afghanistan, ma anche Nato e Unione europea. Si parla della riforma dello strumento militare in senso interforze (sancita dal Libro Bianco del ministro Pinotti e non ancora completata) e dei programmi di investimento. Sono pilastri importanti che ora appaiono condivisi al massimo livello istituzionale facendo anche il paio con le linee-guida del ministro competente. Pur in un momento di incertezza politica generale, il Consiglio supremo di Difesa ha dato elementi di continuità e di spinta politica su questi punti. L’auspicio è che possa rappresentare un mandato politico affinché nella prossima legge finanziaria si agisca coerentemente con tali posizioni, con poche ma utili riforme a partire dalla continuità delle risorse.

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