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Perché il rilancio della Nato passa da Berlino. L’analisi di Carnegie Europe

Tra le accuse di Emmanuel Macron alla Nato e le critiche di Donald Trump agli alleati, potrebbero essere le proposte di Angela Merkel a ridare slancio all’Alleanza Atlantica. È il quadro descritto da Carnegie Europe, il centro a Bruxelles di Carnegie Endowment for International Peace, uno dei più antichi e autorevoli think tank statunitensi di studi internazionali. L’analisi, firmata da Judy Dempsey, non-resident senior fellow e direttore di Strategic Europe, individua spazi aperti tra le pieghe dell’Alleanza di cui potrebbe approfittare anche il nostro Paese (che oggi chiude a Berlino la presenza come nazione partner alla Security Conference).

VERSO L’INCONTRO DI LONDRA

Tra pochi giorni si aprirà a Londra il vertice tra i capi di Stato e di governo. Chi si aspetta un incontro celebrativo per chiudere il settantesimo anniversario dell’Alleanza lì dove ebbe luogo il primo quartier generale sarà probabilmente smentito. Secondo Dempsey, già il fatto che si sia scelto il termine “meeting” (al posto del consueto “summit”) è già indicativo “dell’ansia” che accompagna l’appuntamento londinese. Eppure, spiega l’esperta, “in modi differenti Trump e Macron possono fare bene alla Nato, a condizione che i leader dell’Alleanza riescano a trasformare le loro critiche in un vantaggio”. La prima difficoltà è che i due presidenti mettono in luce questioni differenti tra loro.

IL TEMA DELLA SPESA

Per Donald Trump il punto centrale è la spesa, con puntuali strigliate agli alleati europei per la lontananza dall’obiettivo a destinare il 2% del Pil alla Difesa entro il 2024. Eppure, ricorda la Dempsey, “gli Stati membri stanno pagando di più per la loro difesa; sebbene in molti debbano ancora raggiungere l’obiettivo del 2%, i contributi sono aumentati”. Il punto è se Trump vorrà vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, per non parlare dell’eventualità che possa chiedere percentuali ancora superiori. Poi, c’è il dubbio sollevato da altri, e cioè che il computo non sia un metro di giudizio valido per valutare la partecipazione all’Alleanza (l’Italia ad esempio vuole che sia valorizzato di più il contributo alle missioni comuni). Probabilmente, nota la Dempsey, sotto le insofferenze per la spesa si nascondono questioni più profonde. Per Trump “la Nato è solo un altro strumento commerciale; l’idea che sia stata fondata per sostenere l’Occidente ha poco peso”. E così si tratterebbe di “un altro assalto di Trump alle organizzazioni multilaterali post-1945”.

L’ACCUSA DI MACRON

Di natura differente le critiche di Emmanuel Macron, sintetizzate nella nota intervista all’Economist sulla “Nato in morte cerebrale”. Qui l’interpretazione della Dempsey è particolare: il presidente francese si starebbe preparando all’eventualità che Trump tiri gli Stati Uniti fuori dall’Alleanza. La prospettiva, seppur possibile per alcuni osservatori, è per i più fuori da ogni probabilità. La politica estera e di difesa americana si fonda infatti su una serie di pesi e contrappesi al potere del presidente, e tutti gli apparati che ne fanno parte (dal dipartimento di Stato al Pentagono) si sono dimostrati convinti atlantisti a ogni occasione utile. Eppure, secondo l’esperta di Carnegie Europe, “Macron non vuole che la Francia diventi leader di una difesa europea che potrebbe eclissare la Nato”, ma al contrario intende spingere “l’Europa a considerare il futuro della propria sicurezza nel caso di un’uscita americana”.

NUOVE SFIDE

In ogni caso, tanto i commenti di Trump quanto le critiche di Macron hanno avuto il merito di risvegliare il dibattito sull’Alleanza. L’occasione potrebbe essere utile, nota la Dempsey, per farle finalmente affrontare alcune questioni su cui è apparsa un po’ in disparte: “gli immensi pericoli che l’Occidente sta affrontando da Russia, Cina e terrorismo, per non parlare della crescente vulnerabilità delle democrazie in tutto il mondo”, fino “all’accordo nucleare iraniano” o alla “preparazione per scenari di conflitto come quello nel Mar cinese meridionale”. Per l’esperta è “una vaso di pandora” ancora da aprire, e a farlo potrebbe essere la Germania.

IL RUOLO TEDESCO…

Qualche segnale c’è già stato. “Il ministro della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer – ricorda la Dempsey – ha detto di volere che gli alleati europei si assumano più responsabilità”, mentre il ministro degli Esteri Heiko Maas “desidera l’istituzione di una commissione indipendente per intraprendere un esame minuzioso dell’Alleanza”. La proposta è stata presentata ai colleghi la scorsa settimana a Bruxelles, ed ha accolto l’apprezzamento (quanto meno per l’iniziativa) del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Il piano, avverte la Dempsey, rischia di “non andare da nessuna parte se la Germania non deciderà una volta per tutte di svolgere un ruolo strategico in Europa e nella Nato”.

…E DI ANGELA MERKEL

Significa “rispondere a Macron fissando l’agenda per la sicurezza e la difesa dell’Europa”, scrive l’esperta di Carnegie Europe. Vuol dire “porre domande difficili circa la garanzia di sicurezza americana, sul ruolo delle due potenze nucleari europee, Gran Bretagna e Francia, e sull’ulteriore allargamento della Nato”. È una sfida che chiama in causa la cancelliera Angela Merkel in prima persona, al suo ultimo mandato alla guida del governo tedesco. Tocca a lei secondo la Dempsey “cogliere la possibilità di approfittare delle critiche che provengono da Casa Bianca ed Eliseo”. Se non lo farà, conclude la ricercatrice, “il vantaggio passerà al presidente russo Vladimir Putin”.

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