Skip to main content

Ilva e plastic tax sono schiaffi a chi investe. La versione di Rossi

Di Alessio Rossi

Segnale assente. Se si dovessero riassumere gli eventi di questi ultimi giorni, viene in mente un cellulare temporaneamente senza campo. Come dice la voce registrata, non è al momento raggiungibile. Al governo è caduta la linea, proprio quando si doveva sventare una crisi annunciata come quella di Ilva.

La speranza è che ci sia modo di riprendere le fila di un dialogo, ormai strappato, dalla disattenzione con cui il Governo ha trattato il dossier dell’impianto siderurgico più grande d’Europa. Di fronte ad una decisione chiara, avremmo potuto prendere una posizione chiara: nuovi investitori sì o no. Piano ambientale sì o no. Di fronte ad una volontà motivata ed espressa, ogni attore si regola di conseguenza.

Di fronte a scelte di breve respiro e dichiarazioni che si accavallano e contraddicono, invece, si incrina l’affidabilità di un Paese. Questo provoca la sfiducia degli investitori internazionali, disincentivati ad investire dall’incertezza e dall’assenza di interlocutori credibili. E provoca anche la rinuncia delle imprese italiane, che continuano a correre controvento per tenere in piedi i fondamentali dell’economia, ma che sempre di meno sono intenzionate ad investire, incerte del futuro che le attende.

Un esempio per tutti la plastic tax in discussione. Ce la potrebbe raccontare Eceplast, un’azienda modello, con sede in provincia di Foggia, che dà lavoro a più di 100 persone. Un’impresa che produce manufatti in plastica e che, forte della propria visione del mondo e del business, investe in ricerca e sviluppo green. Ci riesce. Sono così bravi che diventano addirittura una best practice per Eni-Versalis. Oggi la plastic tax, una tassa nata solo per far cassa, rischia di compromettere seriamente i loro risultati.
Cos’ha il governo da dire a questa e tutte le altre imprese che stanno seriamente affrontando un percorso di transizione verso la sostenibilità?

Come può giustificare non tanto che i costi di produzione verosimilmente raddoppieranno (la plastica costa 1 euro e 20 al chilo, la tassa sarà di 1 euro al chilo, l’aritmetica non inganna), ma soprattutto che tutti gli sforzi e l’impegno profusi da Eceplast e i suoi dipendenti sono vani? L’Italia è prima in Europa per l’economia circolare, il che dimostra lo sforzo già compiuto dalle nostre imprese che in questo campo sono tra le più virtuose e non si meritano di essere trattate come se fossero insensibili alla sostenibilità del pianeta. Ecco due storie di sviluppo, che partono dalla Puglia e chiamano in causa direttamente Palazzo Chigi. Stavolta speriamo che il segnale non sia assente.

×

Iscriviti alla newsletter