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Il terremoto dell’Irpinia e la Protezione civile con le parole di Zamberletti

Di Sonia Topazio

Il 23 novembre è una data drammatica per l’Irpinia, per il Sud e per l’Italia intera. Sono trascorsi 39 anni da quella tragedia ma quel 23 novembre rappresentò per l’Italia anche la nascita della Protezione civile, un’intuizione di Giuseppe Zamberletti, scomparso a gennaio dello scorso anno, che in questa intervista estratta dal libro “I signori dei terromoti”, di Sonia Topazio, racconta cosa accadde all’indomani di quel drammatico evento.

Senatore Giuseppe Zamberletti, il suo nome è rimasto legato a una moderna concezione di Protezione Civile. Lei è stato praticamente il fondatore della moderna Protezione Civile nel nostro Paese.

Eravamo all’indomani del drammatico terremoto dell’Irpinia, quando ancora doveva essere costruita in Italia una efficace organizzazione di Protezione Civile. Il rapporto tra il Governo e gli scienziati, che si occupavano di Scienze della Terra e di Sismologia in particolare, era tutto da inventare. Non c’era una rete sismica nazionale, quelle locali, là dove esistevano, erano in mano a ricercatori o universitari, che formavano tante parrocchie isolate non comunicanti fra loro e lo stesso Istituto di Geofisica, ING a quei tempi, poi diventato INGV, era privo da anni di un presidente, dopo la parentesi del professor Enrico Medi, che lo aveva portato a visibilità pubblica.

Vorrei raccogliere i suoi ricordi su come venne fuori la figura del Professor Enzo Boschi per il rilancio dell’Istituto Nazionale di Geofisica, che alla vigilia dell’80 risultava commissariato a un funzionario, una bravissima persona, della pubblica istruzione, che praticamente non aveva competenza nella specifica materia.

Incontrai a Bologna il senatore Nino Andreatta, il quale mi disse che conosceva un professore di geofisica che faceva al caso mio: giovane, competente e con grandi doti organizzative. Quello che ci voleva, insomma, per rilanciare il languente ING e farlo diventare nello stesso tempo, il capofila di una nuova rete sismica nazionale e l’interlocutore privilegiato del Governo e della Protezione Civile in caso di emergenze sismiche. Fu così che Enzo Boschi venne nominato prima commissario straordinario e, poco dopo, presidente dell’ING.  L’Ente era rinato, ma mancava ancora di uomini e mezzi, al suo interno era risorta una piccola sala di sorveglianza sismica collegata a varie stazioni di monitoraggio sparse sul territorio nazionale ma, ahimé, quando i pennini cominciavano a vibrare per qualche scossa, non c’era personale per dare l’allarme, non avevamo persone h 24 al controllo delle strumentazioni. Allora chiesi consiglio al Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, che mi mandò dal Capo di Stato Maggiore della Marina. La Marina dislocò all’ING un gruppo di giovani marinai, che avevano il compito di presidiare l’osservatorio, in modo che anche la notte di Natale o di Santo Stefano l’allarme fosse garantito. Non erano
ragazzi competenti, ma dovevano solo guardare i sismogrammi e dare l’allarme. Lui, Boschi, li aveva istruiti in modo che quando mancava l’esperto o il tecnico, quello della comunità scientifica insomma, i marinai avvertivano tempestivamente i ricercatori, in modo tale da intervenire subito per decifrare il sismogramma: la lettura è essenziale per determinare l’epicentro e l’ipocentro del terremoto. Allora l’ING, come ho detto, non aveva ancora tanto personale, aveva pochi studiosi e in quel momento si pensò di fare il famoso battaglione marinai dell’ING e ogni tanto ne trovo ancora qualcuno che mi dice: «Sono stato in Marina». «Ma dove?». «Alla Geofisica, ho navigato all’ING».

Come nasce la Commissione Grandi Rischi?

È stato il passo successivo; urgeva costituire una Commissione Grandi Rischi, in cui erano rappresentati scienziati competenti per ciascuna delle grandi aree di emergenza presenti sul territorio italiano: sismica, vulcanologica, idrogeologica. Anche per questa struttura nuova, la figura di Boschi risultò decisiva, infatti grazie alla sua capacità comunicativa con il pubblico e di ottenere consenso attraverso un confronto con i suoi colleghi, tutto il capitolo della prevenzione del rischio terremoti diventò oggetto di dibattito culturale anche attraverso il mezzo televisivo.

Come funzionava?

Era necessario disciplinare la comunità scientifica per quello che si è detto. Ogni Osservatorio agiva per conto proprio, ma questo non
valeva solo per gli osservatori, per esempio per la gestione di Chernobyl il pericolo era che ogni Università lanciasse allarmi diversi. C’era quello che diceva i nanocurie fanno bene e c’era quello che diceva il contrario. Pareri controversi.

Un’ultima domanda, Senatore, qual era il vantaggio della Commissione
Grandi Rischi?

La comunità scientifica non si può disciplinare per decreto. Era necessario aiutarla ad autodisciplinarsi con l’ING. Ad esempio, nel settore sismico con la parte sanitaria e per cui anche l’Istituto Superiore di Sanità veniva alle riunioni Grandi Rischi, anche la capacità di dialogo interdisciplinare fra gruppi di discipline diverse della comunità scientifica. Era molto interessante perché potevano crearsi delle sinergie molto preziose. In realtà si otteneva il vantaggio di non avere il gallinaio della polemica scientifica sull’opinione pubblica, che è la cosa più disastrosa.

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