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Trump in Afghanistan e Macron con Stoltenberg. Si avvicina il vertice Nato

Si muovono le ultime pedine in vista del vertice che la prossima settimana riunirà a Londra i capi di Stato e di governo della Nato. Il presidente Donald Trump nel giorno del ringraziamento visita a sorpresa il contingente americano in Afghanistan e rilancia il negoziato di pace con i talebani. La mossa è valida in vista della corsa alle presidenziali del prossimo anno, per cui il tycoon vuole incassare il ritiro promesso, ma anche per sedersi al tavolo con gli alleati con una carta in più nel proprio mazzo. Intanto, il collega Emmanuel Macron riceve il segretario generale Jens Stoltenberg, difende le critiche rivolte all’Alleanza, ma tenta di abbassare la tensione facendosi promotore del suo rilancio.

LA VISITA DI TRUMP

A sorpresa, il presidente Trump è arrivato nella serata di ieri alla base di Bagram. Non si è sottratto ai selfie con i militari e ha servito loro il tradizionale tacchino per la festività nazionale. Poi, l’incontro con il presidente afghano Ashraf Ghani. Due i messaggi: il rilancio del negoziato con i talebani (“vogliono un accordo, e ci stiamo incontrando con loro”) e la conferma dell’intenzione di ridurre il contingente americano, attualmente di circa 13mila unità tra la partecipazione alla missione Nato Resolute Support e l’impegno bilaterale di contrasto al terrorismo in cooperazione con le Forze afghane. Nel giro di qualche ora è arrivata la risposta del portavoce ufficiale del gruppo islamista, Zabihullah Mujahid: “Per ora è troppo presto per parlare della ripresa dei colloqui”.

GLI INTERESSI DEL PRESIDENTE

Nell’intenzione di Trump ci sono comunque prima di tutto gli interessi di politica interna. Quella del ritiro dall’Afghanistan è una promessa di vecchia data per il tycoon, che ora spera di incassare quantomeno una riduzione del contingente da poter spendere nella campagna elettorale verso il voto del prossimo anno, già complessa per l’impeachment. Il negoziato con i talebani aveva subito una brusca battuta d’arresto a settembre. Trump aveva difatti invitato i leader del gruppo e il presidente Ghani a Camp David, salvo poi annullare il vertice due giorni dopo, quando un attacco a Kabul provocò la morte di dodici persone tra cui un soldato americano.

IL CONTESTO NATO

Ora, la mossa a sorpresa di Trump giunge a una manciata di giorni dall’atteso vertice Nato di Londra. Non pare un caso, visto che l’Alleanza è direttamente impegnata nel Paese, tra l’altro unico esempio nella storia del ricorso all’articolo 5 del Trattato del nord atlantico, quello che fece scattare la clausola della difesa collettiva dopo gli attacchi dell’11 settembre. La missione Resolute Support è inoltre la più corposa per la Nato in termini numerici e di impegno politico. Rilanciando il negoziato di pace, Trump dimostra dunque di voler tornare protagonista sulla questione all’interno della Nato, per un dossier a cui è dedicata sempre una sessione di lavoro nei vari incontri al quartier generale di Bruxelles.

LA NOTIZIA PER L’ITALIA

I segnali che arrivano dall’Afghanistan interessano comunque anche l’Italia, presente nel Paese con un contingente di 800 unità. Già alla fine dell’anno scorso, l’annuncio di Donald Trump su un dimezzamento della presenza americana (che seguiva un’esternazione simile sulla Siria e che provocò lo strappo con l’allora capo del Pentagono James Mattis) aveva portato la titolare della Difesa Elisabetta Trenta ad avviare una discussa “pianificazione tecnica” su un eventuale ritiro. Il dibattito si è poi spostato in sede Nato, dove i periodici incontri tra ministri di Esteri e Difesa hanno contribuito alla definizione di una linea comune dell’Alleanza: si va via solo tutti insieme, e solo quando le condizioni lo permetteranno. Gli intoppi al negoziato di pace e le elezioni presidenziali afghane di settembre hanno reso l’ipotesi di ritiro sempre più remota, complice anche l’argine sollevato dagli apparati americani (Pentagono su tutti) alle volontà di Trump.

STOLTENBERG A PARIGI

Il tema sarà nuovamente oggetto di confronto a Londra la prossima settimana, quando però l’Alleanza sarà chiamata ad affrontare altre delicate questioni, a partire dalle critiche sollevate dal presidente francese sulla Nato “in morte cerebrale”. Per preparare il terreno, il segretario generale Jens Stoltenberg ha chiuso ieri il tour nelle capitali dei Paesi membri con la visita all’Eliseo. Come sempre, il numero uno della Nato ha cercato di abbassare la tensione, ringraziando la Francia per l’impegno nelle missioni comuni e per la spesa che dedica alla Difesa (su spinta di Macron raggiungerà il 2% del Pil entro il 2024). Non è mancata tuttavia una stoccata sull’idea francese di difesa europea: “L’Unione europea – ha detto Stoltenberg – non può sostituire l’unità transatlantica; una Nato forte e una forte Ue sono le due facce della stessa medaglia”.

LA DIFESA DI MACRON…

Pur con toni più cauti rispetto a quelli usati nella contestata intervista all’Economist, Macron ha difeso le sue accuse alla Nato: “Era necessario un campanello d’allarme, sono contento che sia stato consegnato e sono contento che ora tutti pensino che dovremmo pensare ai nostri obiettivi strategici”. Inoltre, “le questioni che ho sollevato restano aperte”. Il riferimento è “alla pace in Europa, alla situazione post-Trattato Inf, alla relazione con la Russia e alla questione turca”. Poi la mano tesa, spostando il focus sul “nemico comune”: il terrorismo nel Levante, affiancato dall’auspico di “una vera discussione” sul tema nel vertice di Londra che si aprirà il prossimo martedì. A complicare il quadro restano tuttavia le accuse di Macron alla Turchia, il cui intervento militare sui curdi ha “complicato” l’impegno contro il terrorismo e “sollevato questioni reali che devono essere affrontate”.

…E IL NODO TURCO

Le critiche sono state rispedite al mittente dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, che ha rifiutato il quadro descritto dal presidente francese. Il rischio è che tali frizioni possano impattare sull’operatività dell’Alleanza, soprattutto per decisioni concrete che necessitano del via libera di tutti e 29 gli Stati membri. Polonia e Paesi baltici restano indispettiti dalle parole di Macron soprattutto per l’apertura alla Russia. Nel frattempo, come racconta il Guardian, Ankara avrebbe bloccato il piano Nato per rafforzare la presenza proprio tra Polonia e Paesi Baltici in ottica anti-russaa, indispettita dal mancato riconoscimento formale da parte di alcuni alleati delle forze curde di Ypg e Sdf come una minaccia alla sicurezza. Secondo i diplomatici turchi, a far saltare tale riconoscimento sarebbero stati gli Usa, per nulla intenzionati a vedersi vincolare da un obbligo per intervenire contro gli alleati nella lotta all’Isis. Considerando anche le nuove puntate della vicenda S-400, su cui Ankara ha cercato di alzare la tensione, c’è da aspettarsi un interessante vertice londinese.

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