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Washington, Parigi o Pechino? Spannaus spiega il bivio europeo alla Nato

Il vertice della Nato a Londra la prossima settimana avviene in un momento di spinte contrastanti. Attori diversi perseguono obiettivi diversi, il che dà credito all’impressione di una crisi d’identità dell’alleanza: 70 anni dopo la sua fondazione per contrastare l’espansionismo sovietico e per ricompattare l’Europa, è giusto interrogarsi sul senso e sui principi che la tengono in piedi.

Da quando Donald Trump ha definito la Nato “obsoleta” molti si sono chiesti se gli Usa continueranno ad essere al centro della sicurezza in Europa. Gli ultimi tre anni hanno dimostrato che l’alleanza è ancora ben presente, ma che bisogna decidere dove puntare nella prossima fase della sua vita.

Per Trump la Russia non è più il principale avversario dell’Occidente. Questa visione, ancora minoritaria, non è condivisa certamente dagli alleati più ad Est, ma cresce la spinta per tentare di superare l’impasse degli ultimi anni e quindi evitare di spingere la Russia verso un abbraccio più forte con la Cina, al centro delle attenzioni a Washington.

Emmanuel Macron ne approfitta, ma arriva tardi, da una parte, e con obiettivi un po’ strumentali, dall’altra. Promuovere il dialogo con la Russia per concentrarsi sul terrorismo è certamente una strategia degna di un confronto, ma ad oggi solleva molte domande. Ad esempio: sono tutti d’accordo su cosa sia il terrorismo e su come debba essere affrontato in Medio Oriente? Gli screzi con la Turchia hanno messo a nudo le difficoltà dell’Alleanza, per non parlare degli interessi nazionali in gioco in quella regione.

O ancora: de-enfatizzare la Nato sembra calzare con il disegno di Macron di guidare la difesa europea. Gli europei sono davvero pronti ad abbracciare una difesa comune caratterizzata da questo protagonismo? Meglio Parigi che Washington?

Se la Nato continuerà a rappresentare il collante del mondo transatlantico, non potrà dimenticare le sfide verso Est e Sud, e senza dubbio dovrà rimarcare la sua identità rispetto alla potenza nascente della Cina. Pechino non ha mai sposato il concetto occidentale del “rules-based system”, e oggi pensa piuttosto a difendere la propria stabilità e a come espandere la sua influenza.

Una corsa agli armamenti è già in atto, dai missili ipersonici al campo nucleare. E il connubio economia-sicurezza è più importante che mai, a partire da aree come le telecomunicazioni e l’intelligenza artificiale. La cooperazione in questi campi è già sotto i riflettori, e pone decisioni difficili, in particolare per un paese come l’Italia. Se la Nato si identificherà con i valori “occidentali”, allora i paletti piantati nei confronti della Cina saranno ancora più evidenti. Trump continuerà ad insistere su questo punto, e Roma non potrà non tenerne conto.

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