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Vi racconto il miracolo di BoJo, il camaleonte del Regno Unito. Parla William Ward

Gli elettori britannici hanno consegnato a Boris Johnson una vittoria schiacciante, solida, assoluta. I tories potranno governare con una maggioranza assoluta a Westminster, il terreno è spianato per Downing Street e guidare il Paese i prossimi 5 anni. Sarebbe una facile (e sbagliata) tentazione dire che il trionfo dei conservatori in Regno Unito fa parte di una deriva a destra globale. Questo risultato elettorale ha una lettura più complessa, che riguarda anche e direttamente il futuro dell’Europa.

In una conversazione con William Ward, scrittore e giornalista britannico con base a Londra, già collaboratore del Times, Observer, Panorama, Il Foglio e molte altre testate, spiega che la prima interpretazione di questo voto è che la classe operaia britannica ha parlato, e ha parlato forte: “Non si riconosce più in un partito laburista, che appartiene quasi esclusivamente ad un élite delle grandi città che guarda loro, la classe operaia, con disprezzo. Il fatto che l’ex classe operaia abbia votato per il partito nei cui confronti avevano un odio, una paura viscerale e ancestrale, un partito che ha distrutto le loro grandi industrie, la dice lunga”.

Ma attenzione: non si tratta di un cambiamento nell’inclinazione politica di questi lavoratori, non sono diventati di destra o fascisti. Secondo Ward, i lavoratori hanno capito che il leader Jeremy Corbyn e il suo entourage, quasi tutti estremisti, sono alti borghesi che pensavano di sapere cosa andava bene per la classe operaia, ma sbagliavano.

“La lezione è di non trattare la classe operaia britannica con sufficienza – sottolinea Ward -. Tanto è vero che Boris Johnson, ha ammesso che si rende conto di quanto sia forte la responsabilità. Nel suo discorso di questa mattina ha detto che sono stati gli ex elettori laburisti, che sempre hanno temuto il suo partito, a conferirle questa grande vittoria. E che con molta umiltà accetta il loro appoggio sperando di non deludere le aspettative”.

Per il giornalista siamo davanti ad uno spostamento secolare, “com’è successo in America, quando fino agli anni ‘80, il Partito Repubblicano, il partito dell’alta borghesia e delle persone abbastanza liberal, da Nixon in poi si è trasformato nel partito della classe operaia bianca (mai come con Trump, ovviamente). I tories hanno compiuto, attraverso il vettore dell’argomento Brexit e della sovranità, questa trasformazione veramente sorprendente”.

Sul Partito Nazionalista Scozzese, Ward spiega che sì, hanno avuto un ottimo risultato, e non si preannuncia un periodo facile per il governo britannico perché loro sono contrari a qualsiasi ipotesi di uscita dall’Unione europea. Ma le regole del gioco non permetteranno un nuovo referendum sull’indipendenza solo perché lo desiderano: “Bisogna vedere in un secondo momento se l’Unione europea decide di fare una deroga, ma lo trovo molto difficile”, si aprirebbe un precedente per altri Paesi, non solo per la Spagna con il caso della Catalogna.

Tuttavia, c’è un elemento positivo in questi risultati ed è che con una forte maggioranza a disposizione, Johnson non sarà schiavo dell’ala destra del partito, European Research Group (Erg), una corrente all’interno del partito conservatore, “nevroticamente antieuropea”, che aveva sotto ricatto politico Theresa May con il loro sostegno.

“Non c’è più questo rischio – spiega Ward. Johnson può tradirli come vuole. E anche gli unionisti nordirlandesi sono stati già traditi inserendo nell’accordo con Bruxelles la barriera doganale tra Irlanda del Nord e il resto della Gran Bretagna. […]  Sarà la destra politica, specialmente Erg e gli unionisti dell’Irlanda del Nord, quelli che lo odieranno di più, pensa che ironia…”.

Ward, che ha lavorato con Johnson quando era direttore del settimanale The Spectator, non l’ha stimato come paladino della Brexit, ma riconosce l’efficacia della strategia politica: “A Londra come sindaco ha compiuto un miracolo, che evidentemente ha ripetuto ieri: fare appeal ad un elettorato tradizionalmente non favorevole alle sue tesi politiche. Bisogna dargli atto di questa solida vittoria. […] Non sarà più schiavo di questa fazione estremista che si chiama Erg all’interno del partito e può fare gli accordi con Bruxelles. […] Quel Boris Johnson che ho conosciuto 20 anni fa possibilmente tornerà in auge. È un grande camaleonte, ben capace di reinventarsi come lui vuole”.

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