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La sfida di Bonaccini tra apertura ai civici, appello ai 5 Stelle e Sardine

Di Federico Di Bisceglie

Diecimila, forse dodicimila. Esattamente come le sardine. Bologna risponde all’appello di Stefano Bonaccini, attuale governatore dell’Emilia Romagna e candidato a guidarla nuovamente. Piazza Maggiore ieri era gremita. Per la partita che vedrà il suo esito dopo il 26 gennaio, il candidato ‘dem’ sceglie di puntare più che sul suo partito, su se stesso. Niente simboli (e neanche qualcosa che possa lontanamente richiamare alla tradizione piddina, tanto che la scritta con l’hashtag #unpassoavanti è in verde), niente esponenti politici, salvo un Romano Prodi in veste di semplice uditore.

La scelta de verde, dice Bonaccini, “richiama al colore del simbolo della nostra Emilia Romagna”. Un modo non troppo velato per tentare di smorzare la polemica che si era innescata dopo l’uscita dei manifesti e del materiale elettorale scelti dal governatore. Il discoro di Bonaccini fa leva su lessico che piace alla piazza bolognese. Sì perché “partire da piazza Maggiore, è stata di per sé una sfida”.

La posta in gioco è quella “dell’identità della nostra regione, una terra dove essere felici di far crescere i nostri figli”. La terra delle persone che «preferiscono fare piuttosto che dire”. In questo senso, più che proporre, il candidato si dilunga (non poco) nell’elencare “i risultati raggiunti in una regione che è leader ad esempio nel comparto sanitario”. Le infrastrutture, la manifattura, le eccellenze, il territorio. Quasi ad intestarsi il merito di tutto. Ma la campagna elettorale, i sondaggi e i cambi di casacca che sono stati registrati in alcuni comuni del territorio accendono un campanello d’allarme nella testa di Bonaccini. Un campanello d’allarme che scaturisce in una strategia ben precisa: l’appello ai civici, il voto disgiunto e l’apertura al movimento 5 Stelle, alleato di governo a Roma. “Ho già raccolto tante candidature di amministratori locali – gongola Bonaccini – perché credo che si debba partire da loro. Spesso questi sindaci civici alle ultime elezioni hanno sconfitto il centrosinistra. Eppure per la guida di questa regione non vogliono passare dall’altra parte”.

Dalla parte di chi “dice di voler liberare l’Emilia Romagna, dimenticandosi che noi siamo già liberi grazie al sangue dei nostri nonni”. Un po’ di accenni alla resistenza “che qui è stata forte e determinata alla lotta all’antifascismo” non può che riscaldare i cuori di una piazza che batte i denti. Abbandonata la lotta partigiana, Bonaccini s’immerge nel mare del pesce azzurro, salutando “Mattia (Santori) che assieme alle sardine ha riempito le piazze in maniera gentile, senza rabbia e senza rancore”. Chiaro il messaggio, anche elettorale: l’interlocutore delle sardine (che stando agli ultimi sondaggi pubblicati proprio oggi sul Quotidiano Nazionale a cura di Antonio Noto, varrebbero il 12% se si dovessero costituire come figura partitica), è lui.

L’ottica è quella di evitare che l’ultimo retaggio dell’anima movimentista della sinistra vada disperso. Chiaramente perché Bonaccini è ben conscio del fatto che i primi a vedersi erosi nei consensi sarebbero lui e il suo partito. Rimarcando poi il fatto che “l’Emilia è una regione di ponti e non di muri”, il candidato si rivolge ai pentastellati: “Confrontiamoci e non isolatevi col rischio di non avere più rilevanza”. L’ultima freccia che scocca dal suo arco Bonaccini la rivolge urbi et orbi, “anche chi vota Lega”: “Si può scegliere una lista, facendo poi la croce su un altro candidato senza dover rinunciare alla propria appartenenza”. Carpire gli indecisi, quelli che non sono ancora sicuri, anche nel centrodestra, di votare per Lucia Borgonzoni, candidata avversaria, leghista della prima ora. Questo, in definitiva, l’obiettivo più ambizioso.

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