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Così la Cina getta il guanto di sfida spaziale. Il lancio dall’isola di Hainan

Dalla Cina alla Luna. Con il ritorno al volo del vettore pesante Lunga Marcia 5, i piani spaziali di Pechino riprendono vigore. L’ambizione è notevole: sostituire gli Stati Uniti oltre l’atmosfera e divenire la prima potenza nello Spazio. Per farlo, si punta prima di tutti sui lanciatori, con un nuovo successo registrato nel sud del Paese. D’altra parte, la capacità di avere accesso autonomo allo Spazio è prerogativa indispensabile per chi aspira a divenire potenza extra-atmosferica.

IL LANCIO

Con un altezza di circa 57 metri, paragonabile a un palazzo di venti piani, il vettore è partito correttamente dalla base di lancio Wenchang, sull’isola di Hainan lungo la costa sud del Paese, la stessa che il primo Long March 5 inaugurò tre anni fa. Ci ha messo circa 40 minuti per portare in orbita geostazionaria lo Shijian-20, satellite per telecomunicazioni. Nel giro di altri venti minuti, la China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC, azienda di Stato impegnata in attività spaziali) ha dichiarato il successo della missione. Un sospiro di sollievo per i responsabili del programma, dato che il vettore aveva vissuto a luglio del 2017 un sonoro fallimento al suo secondo lancio. La versione B del vettore (che nei piani originari avrebbe dovuto volare nel 2018) potrebbe debuttare nei prossimi mesi, in vista del lancio di Thainé, il modulo centrale della futura stazione spaziale cinese.

LA LUNGA MARCIA DI PECHINO

Il programma cinese d’accesso allo Spazio è denominato Lunga marcia (Chang Zheng) e già il termine indica il livello di ambizione e l’importanza che il Partito vi attribuisce. Tra gli obiettivi più rilevanti c’è l’esponente numero 9: un vettore super-pesante (c’è chi dice che avrà cinque volte la capacità del Long March 5) pensato anch’esso per l’esplorazione umana della Luna e di Marte. Parallelamente, prosegue lo sviluppo del vettore medio Lunga Marcia 8, che invece potrebbe avere un primo stadio riutilizzabile proprio come i famosi lanciatori di SpaceX.

AMBIZIONI LUNARI E MARZIANE

Le ambizioni cinesi sono d’altra parte complete. Il 2019 dello Spazio si aprì un anno fa con l’arrivo della sonda Chang’e 4, per prima nella storia dell’esplorazione spaziale, sul lato nascosto della Luna. Un traguardo che sorprese l’Occidene. La successiva missione lunare (Chang’e 5) dovrebbe partire nel 2020 con l’obiettivo di raccogliere e riportare a Terra dei campioni di superficie lunare. Per la loro conservazione, a dimostrazione della rilevanza che la Cina attribuisce alle sue aspirazioni extra-atmosferiche, si è scelto un luogo simbolico: Shaoshan, città natale di Mao Zedong. Per le tappe successive mancano ancora i dettagli, ma per ora i vertici spaziali puntano a far arrivare sulla Luna i primi taikonauti nel giro di “circa dieci anni”. Si punta poi a Marte (con un programma spaventosamente simile a quello Usa), con il lancio della prima sonda cinese previsto anch’esso per l’anno prossimo. Una tabella di marca ambiziosa, presentata al mondo intero lo scorso aprile, quando il China’s Space Day è andato in scena nella città di Changsha, nel cuore del Dragone rosso.

IL PALAZZO CELESTE

L’esplorazione inizia comunque dalle orbite più vicine alla Terra, ed è per questo che Pechino ha da tempo in cantiere la Tiangong-3, il terzo palazzo celeste cinese che, con i primi moduli in rampa di lancio per l’anno prossimo, potrebbe essere operativo nel 2024. È destinato a ospitare permanentemente taikonauti a bordo, seguendo le orme delle due precedenti stazioni. La prima, si ricorderà, è caduta rovinosamente a terra (non senza generare diverse apprensioni) a Pasqua dello scorso anno, mentre il secondo (Tiangong-2) è stato lanciato nel 2016 e ha ospitato già quell’anno gli astronauti Jing Haipeng e Chen Dong, tornati sulla Terra dopo oltre un mese in orbita. Già nel 2003 comunque la Cina diventava il terzo Paese ad avere accesso autonomo per astronauti nello Spazio. A bordo di una navicella Shenzhou-5 fu Yang Liwei a orbitare intorno al Pianeta. Quattro anni dopo anche le inclinazioni militari furono chiare. I cinesi dimostrarono infatti di possedere le temute capacità anti-satellite (Asat), riuscendo a colpire e distruggere con un missile intercettore un proprio satellite meteorologico.

I TIMORI DI WASHINGTON…

In tutti questi anni l’attivismo spaziale di Pechino non è passato inosservato oltreoceano. Più recentemente però i timori americani si sono fatti più concreti. A metà novembre, un deciso avvertimento è arrivato della US-China Commission, la commissione del Congresso istituita nel 2000 per monitorare i rischi per la sicurezza nazionale derivanti dalla crescita del Dragone d’Oriente. Le conclusioni del rapporto sono chiare: la nuova Via della seta arriva fino allo Spazio; percorrendola, la Cina vuole sostituire gli Stati Uniti anche oltre l’atmosfera. Il rapporto invita dunque l’amministrazione Trump a essere più attiva nel contrasto all’attivismo di Pechino in ogni campo, dall’esplorazione alla New space economy (visti i copiosi sussidi pubblici alle aziende cinesi), fino alle alleanza internazionali. Qui l’avvertimento è rivolto anche agli alleati con fascini orientali, Italia compresa, che è in ballo per contribuire alla Tiangong-3 non senza preoccupazioni da parte degli Usa.

…E LA SPACE FORCE

Ben prima di novembre, gli Stati Uniti hanno compreso la sfida spaziale di Pechino. La creazione della Space Force, siglata da Trump la scorsa settimana, arriva dopo due anni di serrato dibattito tra Congresso, Casa Bianca e Pentagono. L’idea di una Forza armata specificatamente dedicata allo Spazio arriva direttamente dal presidente e ha incontrato diverse resistente nelle Camere e negli apparati della Difesa. Proprio i piani della Cina (e delle Russia) hanno poi convinto tutti ad aderire al progetto, il quale doterà le Forze armate americani di una nuova struttura per le guerre stellari. Saranno senza dubbio diverse da quelle della saga nata dall’idea di George Lucas (come spiegava il generale Vincenzo Camporini), ma avranno un impatto sicuramente determinata sulla nostra vita quotidiana. È proprio dallo Spazio che dipende gran parte di essa. Non è un caso che la novità 2019 della Nato sia il riconoscimento dello Spazio extra-atmosferico quale nuovo dominio operativo, suscettibile di attivazione della clausola di difesa collettiva che richiama tutti gli alleati. Il guanto di sfida è stato raccolto.
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