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Perché sui dazi hanno vinto gli Usa. Parla Zecchini

Un tempismo quasi perfetto. Un anno di guerra commerciale a suon di dazi tra Stati Uniti e Cina si sta per concludere con un accordo che, alla fine, accontenta più gli Usa che la Cina. Ieri l’amministrazione di Donald Trump ha firmato un’offerta di accordo commerciale diretta alla Cina (recapitata a Pechino dal capo negoziatore americano Robert Lighthzer attraverso l’ambasciata cinese di Washington e accettata oggi dal Dragone) che di fatto getta le basi per una pax commerciale di lunga durata. Le grandi economie globali non chiedono di meglio, anche se in molti scommettono che nulla sarà più come prima: l’accordo con la Cina apre la strada a una nuova stagione delle controversie commerciali, complice un Wto, almeno per il momento, fuori gioco.

La fase 1 dell’intesa (quella 2 arriverà dopo le elezioni del 2020), annunciata questo pomeriggio dallo stesso Trump, prevede una significativa riduzione dei dazi americani esistenti e lo stop a una nuova stretta da 160 miliardi di prodotti di largo consumo made in China che sarebbe diventata operativa domenica 15 dicembre. Niente di tutto questo, visto che l’offerta del presidente è stata già accettata. In cambio la Cina acquisterà maggiori quantitativi di prodotti agricoli americani fino a 50 miliardi di dollari l’anno, raddoppiando la quota attuale, a rafforzare le tutele della proprietà intellettuale e ad aprire il mercato dei servizi finanziari. Formiche.net ha sentito in merito Salvatore Zecchini, economista e docente di Tor Vergata, in forza all’Ocse.

Zecchini come giudica l’intesa raggiunta?

Sicuramente è un primo passo verso la fine di tensioni commerciali che in questi mesi hanno inciso sulla crescita globale. Ma penso anche questo accordo sia soltanto l’inizio di un percorso più complesso che deve avere un seguito. La base di partenza è lo scambio tra le due potenze che finirà per rompere completamente gli schemi del Wto. Nei fatti, questo accordo segna una nuova fase della gestione delle controversie commerciali.

Può essere più chiaro?

Non saranno più le tariffe a stabilire i flussi commerciali globali e la concorrenza, ma saranno accordi bilaterali, come questo, sull’acquisto di beni e sulle concessioni. L’intesa odierna dunque sancisce nuovi equilibri planetari. Tutto si baserà, da oggi in poi, sulle intese siglate tra singole grandi economie.

Secondo lei l’accordo tra Cina e Usa eviterà la recessione globale?

Diciamo che questa intesa potrebbe essere sufficiente a riportare il commercio mondiale alle traiettorie pre-guerra commerciale e forse ridarà un po’ di fiducia ai mercati, che fino ad ora hanno risentito non poco delle tensioni commerciali. Ma l’accordo non promette bene per il futuro e questo perché cadranno le vecchie regole e l’intero commercio globale verrà subordinato ad accordi internazionali.

E per l’Europa cosa significa questa prima intesa?

Qualcosa di positivo, certo, la fine di uno scontro. Attenzione però, perché da esso arrivano segnali precisi su come dobbiamo portare avanti i nostri negoziati, con la Cina e anche con gli stessi Stati Uniti.

Chi ne esce più avvantaggiato?

Penso gli americani, per il semplice fatto che si passa da una situazione in cui i cinesi avevano mano libera, facendo il bello e il cattivo tempo, a una in cui invece la Cina è imbrigliata. Da questo punto di vista l’intesa mi sembra più favorevole per gli Stati Uniti.

Zecchini, per un problema che si risolve ce ne uno che si apre…il Wto.

L’idea che oggi prevale tra i governi è una profonda riforma del Wto, da portare avanti attraverso una conferenza ristretta tra diversi Paesi, magari i primi dieci o venti del mondo. Occorrerebbe discutere per una riforma profonda dell’organismo, partendo dai servizi finanziari e dai prodotti agricoli. Ovviamente il riassetto dell’Organizzazione non non tener conto di quanto detto prima e cioè dei nuovi equilibri mondiali sanciti dall’intesa Cina-Usa.

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