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Vi spiego gli interessi italiani in Libano (con un occhio alla Libia). Parla Bertolini

“Un gesto di attenzione per un’area particolare in cui si incrociano interessi di tante potenze, in un Paese attraversato da istanze e proteste che potrebbero alterare un equilibrio già delicato”. È così che il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), commenta a Formiche.net la visita in Libano del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Una visita intensa, tra l’incontro con l’omologo libanese Gibran Bassil, con il contingente italiano e con il comando della missione Unifil dell’Onu, nelle mani del generale Stefano Del Col.

LA SITUAZIONE IN LIBANO

Arriva in un momento delicato per il Libano. Le pressanti proteste degli ultimi mesi hanno costretto il premier Saad Hariri a dimettersi alla fine di ottobre. Ne sono seguite complesse consultazioni guidate dal capo dello Stato, Michel Aoun, che la scorsa settimana ha affidato l’incarico di formare il nuovo esecutivo ad Hassan Diab, figura più tecnica che politica, professore universitario di ingegneria informatica, non affiliato ad alcun partito, con alle spalle un’esperienza da ministro dell’Educazione tra il 2011 e il 2014. Solo due giorni fa ha avviato le sue consultazioni per la creazione del governo, forte del sostegno dichiarato dalle fazioni sciite di Hezbollah e Amal, e di quelle maronite che fanno capo al presidente Aoun, che insieme hanno la maggioranza in Parlamento.

ISTANZE DI RIFORMA

Le fazioni sunnite, guidate da Hariri, hanno invece negato il proprio supporto, con uno scenario che di fatto rappresenta la prima bordata al sistema istituzionale su base confessionale, che prevede la separazione delle cariche tra esponenti di diverse religioni: il presidente maronita, il premier sunnita e il numero uno del Parlamento sciita. Il professor Diab è sunnita, e questo risponde a quanto previsto dalla Costituzione, ma di fatto non è espressione del partito guidato da Hariri. Tra i primi messaggi dopo la designazione, il premier incaricato si è rivolto direttamente al popolo in protesta: “Le tue richieste sono legittime e rappresentano una base per la costruzione di un nuovo Stato”. Messaggi con cui spera di abbassare il livello di tensione popolare, accogliendo le istanze di riforma complessiva ma inserendole all’interno del sistema pre-costituito. La linea è quella suggerita dal presidente Aoun, ma non è chiaro se avrà gli effetti sperati.

L’ATTENZIONE ITALIANA

L’Italia segue la situazione con attenzione e interesse. A metà novembre, nel pieno delle proteste, era arrivato in Libano il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ora, in un altro momento delicato, giunge Luigi Di Maio. D’altra parte, nel Paese è presente un ampio contingente militare italiano che, nell’ambito dell’operazione Leonte, contribuisce alla missione Unifil dell’Onu. La presenza autorizzata per quest’anno prevede un impiego di oltre mille militari, con poco meno di trecento mezzi terrestri e sei velivoli. Un contributo così importante che, ad agosto dello scorso anno, il comando di Unifil è stato assegnato per la quarta volta all’Italia, e in particolare al generale Stefano Del Col, alla guida di oltre diecimila militari da 42 Paesi.

DAL MEDIO ORIENTE AL MEDITERRANEO

D’altra parte, “il Libano è un Paese-cerniera tra varie aree di crisi”, spiega il generale Marco Bertolini. In Medio Oriente, ha aggiunto, hanno origine “i vari scontri di interessi tra Stati Uniti e Russia, tra Turchia e Siria, tra Iran e Arabia Saudita”. È “la fonte da cui partono le conflittualità che poi interessano il nord Africa e in Paesi a noi vicini, soprattutto ora che Ankara sta cambiando postura, passando da Paese atlantico a una figura completamente diverse”. La presenza italiana in Libano è dunque “cruciale per i nostri interessi, anche per quelli che ci sembrano più vicini, come la Libia, su cui la Turchia sta intervenendo in modo tutto nuovo, a sostegno di al Serraj, ma con l’ambizione di ricavarsi un ruolo importante”. In altre parole, “essere presenti in Libano e nell’area mediorientale vuol dire poter essere protagonisti anche in altri contesti per difendere i nostri interessi e non essere semplicemente spettatori”.

IL RUOLO DELL’ITALIA

In tale ottica va letta la visita di Di Maio, “un gesto di attenzione per un’area particolare, ora attraversata da istanze e proteste che potrebbero alterare un equilibrio già delicato”, ha notato Bertolini. Pur nella fragile situazione politica, “l’Italia è vista in Libano come un partner importantissimo, sia da un punto di vista culturale, alla luce dell’importante componente cristiana che vive nel Paese, sia per il rilevantissimo contributo alla missione Unifil dell’Onu, con 1.100 militari e il comando del generale Stefano Del Col, che segue altri tre comandanti italiani di elevatissimo livello: Claudio Graziano, Paolo Serra e Luciano Portolano”. È il segno che “l’Italia in Libano può dire la sua grazie ai crediti guadagnati nel tempo”. Ora, ha detto Bertolini, “sta a noi sfruttarli, sia per gli interessi libanesi, sia per i nostri diretti interessi”.

UNA MISSIONE “FONDAMENTALE”

Da anni il contributo italiano alla missione Onu viene confermato in effettiva continuità dal Parlamento, accompagnato sempre dall’appoggio governativo anche nel caso dell’esecutivo giallo-verde, quello in cui il M5S aveva espresso maggiori ambizioni per la revisione degli impegni all’estero. A inizio novembre, informando a Bruxelles i colleghi europei sull’attacco di Kirkuk di pochi giorni prima, il ministro Luigi Di Maio aveva affiancato all’Iraq proprio il Libano nello spiegare che tali Paesi restano fondamentali per la sicurezza europea. A ciò si aggiungono gli interessi economi. L’Italia è il secondo partner commerciale del Libano, il primo a livello europeo, con un ruolo di leadership in alcuni settore-chiave come idrocarburi, i prodotti chimici e materiali da costruzione.

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