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Perché non si può fare a meno del Mes

Attorno alla questione del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, si sta profilando una voragine di confusione sia nel mondo politico, sia in quello dell’opinione pubblica, sia in quello dell’informazione e dei social network, dove si sta assistendo alla corsa di chi ne sa di più, come pure si va manifestando la figura dell’espertone del nulla dove ognuno crede di essere un deus ex machina. Qualcuno accusa il premier Giuseppe Conte di essere il solo responsabile per aver firmato nel giugno di quest’anno la revisione del Mes, accusandolo addirittura di svendere il nostro Paese, sino ad invocare lo stato di messa d’accusa per alto tradimento, parola troppo grossa e fuori luogo.

Si dice che, per ogni soluzione e chiarezza, sia necessario usare lo strumento della saggezza, della competenza e dell’onestà intellettuale per comprendere cosa sia questo Meccanismo, che, a mio parere, va esaminato attraverso lo strumento giuridico e il ruolo che ha questo organismo istituito al di fuori del sistema dell’Ue. A seguito del continuo aggravarsi della crisi nell’area dell’euro, iniziata concretamente con la caduta nella crisi della Grecia che aveva un debito pubblico ormai fuori controllo nel 2009, la Bce e il Consiglio europeo decisero di ricorrere ai ripari con l’adozione di strumenti di salvataggio, che hanno avuto una breve durata. Essi erano il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e il Fondo europeo di stabilità finanziaria, che vennero sostituiti, con la decisione del Consiglio Europeo nel 2010, dall’istituzione di un fondo salva Stati permanente denominato European Stability Mechanism (Meccanismo europeo di stabilità).

Tale meccanismo ha avuto la sua luce, dopo una serie di negoziati e discussioni diplomatiche dei Paesi membri dell’Eurozona, nel 2012, con la firma di un accordo tra alcuni Stati, membri dell’Unione economica monetaria, tra cui l’Italia, e che dava avvio al dispositivo di misura di aiuto nei riguardi di quegli Stati soffocati dai loro debiti, che viene denominato Fondo Salva-Stati, ossia un paracadute di sicurezza creditizia. Il Mes è un’istituzione finanziaria internazionale che, guarda caso, ha la sua origine dal Tfue (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) o, tout court, Trattato di Lisbona – in vigore dal dicembre 2009 – grazie all’inserimento di una norma giuridica ad hoc, adottata mediante la decisione del Consiglio Europeo nel marzo 2011, che statuisce il potere degli Stati membri, la cui moneta è l’euro, di istituire un meccanismo di stabilità ( ci si riferisce all’art.136, dell’aggiuntivo paragrafo 3, del Tfue che stabilisce che gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità).

Quest’istituzione, chiaramente, nasce da un accordo di tipo intergovernativo, del tutto autonomo nel senso che è esterno al perimetro dell’ordinamento dell’Ue. Ergo, il Mes è un’organizzazione internazionale, a carattere regionale, dotato di personalità giuridica, soggetto di diritto internazionale, con sede a Lussemburgo, non solo, ma è tecnicamente considerato un fondo internazionale quasi paragonabile ad un’altra istituzione internazionale come il Fmi (Fondo monetario internazionale), tanto che si parla del passaggio dal Mes al Fme (Fondo monetario europeo), che riceve il finanziamento dai bilanci degli Stati membri dell’area della moneta unica, tra cui l’Italia.
Essendo un’organizzazione internazionale, che possiede il suo ordinamento giuridico costituito da una struttura autonoma, di carattere finanziario internazionale, si compone di un Consiglio di governatori, composto da un ministro responsabile delle finanze per ogni Stato membro del Mes, nonché, nella veste di osservatori, il Commissario Ue per gli affari economici, il presidente dell’Eurogruppo e il presidente della Bce, un consiglio di amministrazione e, infine, un Direttore generale.

Ora, a prescindere le tante inesattezze da parte di alcuni politici che – come ha sottolineato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri – hanno manifestato profonde preoccupazioni, a volte anche esagerate, e che sono del tutto infondate e basate su informazioni non precise e non corrette, lo zoccolo duro che ha scatenato forti reazioni di alcuni partiti concerne la revisione del Trattato istitutivo Mes (ratificato dai due rami del Parlamento (Camera dei Deputati e Senato) il 23 luglio 2012, il cui atto di ratifica è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.116 del 23 luglio 2012), che ha la sua radice nella proposta della Commissione UE di esporre l’iter di regolamento che abbia come scopo quello di trasformare il Mes in Fme, che, non solo tutelerebbe l’attuale struttura finanziaria e istituzionale del Meccanismo, ma verrebbe incorniciato nel quadro giuridico dell’Ue.

Nelle proposte di revisione, contenute nella bozza, si rinviene una gamma di poteri affidati al Mes come la prevenzione e gestione della crisi nell’eurozona, la linea di demarcazione come novità tra l’organismo Mes e la Commissione Ue e la Bce, nel senso che queste ultime istituzioni per poter agire devono attendere la decisione degli organi del MES, e così altri punti di per sé importanti che non sto ad elencare.

Il nocciolo della problematica, che sta creando un infondato e immotivato polverone attorno a questo revisionismo del Trattato Mes, si focalizza nella cosiddetta ristrutturazione del debito – Private Sector Involvement – consistente in un provvedimento, da parte degli organismi di questa organizzazione internazionale finanziaria, di elargire, nel senso di prestare, del credito soltanto a quegli Stati (che sono Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna), sempre dell’Eurozona, il cui debito è considerato e giudicato sostenibile. Ora, è noto che l’Italia ha un debito molto elevato, se dovesse chiedere un prestito per ristrutturare il proprio debito, rischierebbe di restare a mani vuote, a causa dell’insostenibilità di affrontare con il credito la ristrutturazione di un debito che purtroppo di anno in anno continua a lievitare.

Ora, questo meccanismo è un scudo di protezione che, ribadisco, si limita ad asserire che il credito verrà erogato solo allo Stato membro dell’area dell’euro il cui debito presenti la piena sostenibilità, affinché lo Stato debitore sia realmente in grado di restituire, forse sarebbe meglio usare l’espressione rimborsare, l’organizzazione finanziaria internazionale che apre i rubinetti del prestito creditizio. Per cui è fondamentale che gli Stati contengano la sostenibilità del debito pubblico che viene esaminata dagli organismi del Mes, prima di procedere alla concessione del credito come supporto dello Stato membro in difficoltà. Poi, c’è l’attenta valutazione dei tre organismi indipendenti quali la Commissione Ue, la Banca Centrale Europea e il Meccanismo europeo di stabilità. In conclusione, dopo questa mia breve panoramica sul carattere profilo-giuridico del Mes, credo che il parlamento e il governo debbano mettere da parte le asce bellicose e affrontare seriamente il problema della revisione di questa realtà internazionale finanziaria che funziona dal 2012, della quale non si può fare a meno.

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