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Sul Mes Bruxelles cala il sipario. Riforma tra un mese

L’Europa gela l’Italia sul Mes, e stringe il cerchio intorno ai fautori della resistenza alla riforma del Meccanismo di stabilità. Nel primo pomeriggio il ministro dell’Economia portoghese e presidente dell’Eurogruppo di turno, Mario Centeno, ha di fatto calato il sipario sull’ipotesi di un rinvio con annessa modifica della riforma del Meccanismo. Spegnendo in un colpo solo le speranze del Movimento Cinque Stelle, che una firma sulla riforme del Mes (qui l’intervista di ieri all’economista Innocenzo Cipolletta) non è disposto a metterla, almeno in tempi brevi. Poche, brevi, frasi che però si sono abbattute come un macigno sulla politica italiana, provata da giorni di scontri sul caso Mes.

L’EUROPA CHIUDE IL CASO MES

“Non vediamo ragione per cambiare testo”, ha detto Centeno. “L’accordo politico, ha detto, è già stato raggiunto mentre i Paesi stanno ora lavorando solo su alcune tecnicalità. Per l’Europa, dunque, non c’è nessun caso Mes, forse non c’è mai stato. Al punto che lo stesso Centeno ha fornito una tabella di marcia che più serrata non poteva essere: la firma per la riforma del Mes avverrà nei primi giorni di gennaio, dunque tra un mese esatto. Un periodo relativamente breve, festività natalizie complici, per consentire di trovare un accordo politico dentro la maggioranza.

IL M5S ALL’ANGOLO E IL RUOLO DI GUALTIERI

Che la tensione dentro fuori la maggioranza sia destinata a salire, è forse più di una sensazione. Tanto per cominciare le affermazioni di Centeno cancellano in un colpo solo le richieste del capo politico del M5S Luigi Di Maio, che proprio oggi ha insistito su Facebook sulla necessità di un rinvio: “Sul Mes, siamo molto determinati. Per noi bisogna rinviare: così com’è non va bene, perché espone l’Italia e gli italiani a dei rischi troppo alti. Questa firma ci impegnerà per i prossimi 50 anni. Finché non avremo la certezza al 200% che l’Italia sarà al sicuro, non apporrò nessuna firma”.  C’è però una posizione che forse è la più scomoda di tutte. Quella del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, il quale ha da sempre sostenuto la necessità di una riforma del Mes il più veloce possibile, rassicurando sull’inesistenza di clausole per la ristrutturazione del nostro debito in caso di richiesta di aiuto. Gualtieri ha sposato una linea che esattamente quella contraria del M5S, che vorrebbe far passare la riforma del Mes attraverso il Parlamento. Per il responsabile di Via XX Settembre, non c’è tempo perché un accordo politico a livello europeo sul Mes, è già stato preso a giugno (qui l’analisi di Angelo De Mattia). Ora, Gualtieri da una parte si trova di fronte a un’Europa decisa a chiudere i giochi dentro un mese, dall’altra però ci sono i malumori del Movimento che è azionista di un governo di cui Gualtieri fa parte.

IL FRONTE DELL’UNIONE BANCARIA

Potrebbe però esserci un colpo di scena. Gualtieri potrebbe decidere di accordare la riforma del Mes in cambio di un ripensamento dell’Ue sulla proposta di Olaf Scholz, ministro dell’Economia tedesco, in materia di unione bancaria e che punta a legare il valore dei titoli pubblici in pancia alle banche al profilo di rischio del nostro debito. Oggi quei titoli sono parte del patrimonio delle banche. Con la richiesta tedesca dovrebbero invece essere considerate dei crediti, parzialmente coperti nei loro bilanci a fondo rischi. Questo significherebbe dovere riscrivere tutti i bilanci delle banche in Europa. E scoprire istituto dopo istituto che i coefficienti patrimoniali non sarebbero in molti casi più soddisfatti, e dovrebbero essere riequilibrati da corposi aumenti di capitale. Il cuore del piano di Scholz è infatti non rendere più a rischio zero per le banche acquistare titoli di Stato, bensì misurare tale rischio sul rating del debito dei diversi Stati membri dell’Eurozona. Ciò, chiaramente, avvantaggerebbe la Germania, i cui Bund hanno un rating tripla A e sono considerati l’investimento sicuro per eccellenza. Ll’Italia e le altre nazioni con spread elevati e rating mediocri resterebbero penalizzate.

LA SPINTA DI GENTILONI E VISCO

Tornando al Mes, la spinta al Meccanismo passa anche per il neo-commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni e per il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ascoltato questo pomeriggio alla Camera, proprio sul Mes. “I cambiamenti che sono stati concordati, in linea generale e non in tutti i dettagli, già nel giugno scorso io penso che non penalizzano nessun Paese e dunque non penalizzano l’Italia”, ha spiegato Gentiloni, al suo arrivo al suo arrivo all’Eurogruppo. “Si tratta di introdurre nel sistema un nuovo ombrello protettivo aggiuntivo in caso di crisi bancaria di livello particolarmente acuto. Non capisco perché questo dovrebbe penalizzare alcuni Stati membri e non capisco perché dovrebbe danneggiare l’Italia”.

E anche per Visco non sembra esserci più tempo per le discussioni. “La proposta di riforma segna un passo nella giusta direzione, soprattutto perché introduce il backstop al Fondo di risoluzione unico. Sul fronte del sostegno ai Paesi in crisi la riforma non cambia la sostanza del Trattato attualmente in vigore”. E poi, “le modifiche introdotte per la riforma del Meccanismo di Stabilità “sono di portata complessivamente limitata. La riforma non prevede e non annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito”. Insomma, il Mes s’ha da fare.

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