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Cosa prevede l’alleanza tra Messico e Ue contro il traffico d’armi

Una battaglia combattuta insieme per frenare il flusso illecito di armi. Il Messico e l’Unione europeo hanno siglato ieri un accordo di cooperazione contro il traffico di materiale bellico. Hanno firmato l’alleanza strategica rappresentanti diplomatici di Germania, Austria, Spagna, Italia e Romania, insieme alla delegazione dell’Unione europea in Messico.

La segreteria dei Rapporti Esteri messicana ha confermato che, congiuntamente con la segreteria di Sicurezza e Protezione della Cittadinanza, la procura generale della Repubblica e delegati dei Paesi europei, è stato avviato l’inizio di questa storica intesa per combattere il traffico di armi.

L’accordo si basa sullo scambio di informazioni “tra il governo messicano e i Paesi firmatari, per tracciare le armi che entrano nel territorio di Stati Uniti e Messico”, si legge nel comunicato ufficiale. Ugualmente, si cercherà di identificare gli standard di qualità che richiedono le esportazioni di armi dall’Unione europea per creare una rete di cooperazione internazionale tra le autorità messicane e le forze di sicurezza europee. Con l’obiettivo di sviluppare strategie di intelligence indirizzate alla riduzione del traffico di armi. Infine, l’accordo promuoverà nuovi strumenti internazionali per combattere questo reato.

Purtroppo è, in parte, dall’Italia che arrivano le armi con cui i narcotrafficanti infondono il terrore in Messico. Sul territorio messicano circolano almeno 20.000 pistole e fucili fuori dal controllo delle autorità, e una su sette è made in Italy.

In un report dell’organizzazione Stop Us Arms to Mexico si legge che “la maggior parte delle armi esportate in Messico proviene dagli Stati Uniti, ma la maggior parte di quelle non americane è fabbricata in Italia. Negli ultimi dodici anni, l’Italia è stata il secondo esportatore di armi da fuoco e munizioni non militari, superando di molto altri importanti esportatori come Repubblica Ceca, Spagna, Francia, Austria, Belgio, Corea del Sud e Israele”.

Le cifre sono preoccupanti: lo studio sostiene che i produttori italiani hanno venduto e immesso nel mercato messicano circa 10.000 pistole e revolver e 1.100 fucili all’anno in media, negli ultimi dodici anni: “Molte ‘armi civili’ italiane sono state vendute anche in Colombia e Guatemala, probabilmente alimentando i locali mercati illegali e semilegali. Nello stesso periodo tra 2007 e 2018, il Messico è stato il secondo maggior cliente latinoamericano dell’industria militare italiana, dopo il Brasile”.

Il report, a cura di Carlo Tombola dell’Osservatorio Permanente Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e di John Lindsay-Poland, di Stop U.S. Arms to Mexico, fa il punto sugli standard europei per il controllo degli utenti finali: “La legge italiana 185/1990, concernente i soli trasferimenti di armi e munizioni militari, nega la licenza di esportazione ‘quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali’. La Posizione Comune Europea ECP/20085 elenca otto criteri per concedere licenze d’esportazioni di materiali militari, tra cui il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale nei paesi destinatari finali”.

In questo senso le autorizzazioni dovrebbero essere negate quando “c’è un chiaro rischio che la tecnologia militare o le attrezzature da esportare potrebbero essere usate nella repressione interna”, in particolare in zone in cui sono verificate serie violazione dei diritti umani da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Unione europea o il Consiglio d’Europa. Ma il quadro, si spera, potrebbe migliorare con questo nuovo accordo.


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