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Solo costi dalla Brexit? Le opportunità per l’Ue secondo Pennisi

All’indomani della clamorosa vittoria del Partito Conservatore guidato da Boris Johnson, i commenti apparsi sui quotidiani riguardano i costi dell’ormai imminente Brexit, che avrà luogo, solo a fine 2020, dopo la conclusione di un periodo transitorio durante il quali si dovrà negoziare e finalizzare un accordo commerciale tra Gran Bretagna (GB) ed Unione europea (Ue). Occorre, invece, esaminare le possibili opportunità di medio e lungo periodo.

La prima è l’esigenza che l’Ue consolidi il proprio settore ad alta tecnologia (5G) se vuole competere nell’arena mondiale del futuro. Dopo la Brexit, diventa senza dubbio molto concreto l’accordo per una zona di libero scambio, che potrebbe essere un primo passo verso un mercato comune, tra Gb e Stati Uniti d’America (Usa). Non è l’intercambio di merci a dover impensierire l’Ue, ma quello di tecnologia. Il “nuovo” mercato “atlantico” (Gb-Usa) avrà tre-quattro giganti (anche facilitati dalla regolazione) rispetto agli oltre 130 minuscoli nanetti dell’Ue. Il mercato “atlantico” negozierà direttamente con il mega gigante tecnologico della Cina, altamente sovvenzionato dallo Stato. La Casa Bianca ha già lanciato inviti a Downing Street in questo senso. Ed i nanetti europei o scompariranno o diventeranno tributari di Gb-Usa perché diventare, invece, sussidiari della Cina significa perdere qualsiasi riservatezza e protezione di dati sensibili. Questo scenario da incubo, dovrebbe spronare l’Ue ad un consolidamento, modificando se del caso anche la regolazione o la sua interpretazione restrittiva.

La seconda è l’esigenza che nell’Ue cresca una voce liberale. Sino ad ora la Gb ha svolto questa funzione, ma è ancora più significativa la sconfitta dei laburisti proprio nelle aree un tempo di concentrazione industriale. Ciò vorrà dire probabilmente, nella Gb, una riduzione della pressione fiscale (oggi al 34% del Pil rispetto, ad esempio, al 44% dell’Italia ed al 42% della Francia) compatibilmente con il mantenimento di una rete di sicurezza sociale, specialmente nella sanità. In un mercato “atlantico” è probabile una ulteriore riduzione (negli Usa è al 24%). Si innescherà – è probabile – una serrata competizione fiscale che dovrebbe indurre l’Ue a rivedere le proprie politiche tributarie e sociali se non si vorrà vedere una fuga di imprese e di cervelli verso lidi dove è più consistente ciò che resta in tasca al netto di tasse ed imposte. In questa fiera delle tasse e delle imposte sarebbe auspicabile riesaminare l’equilibrio tra imposizione indiretta sulle cose e sulle transazioni ed l’imposizione diretta sulle persone fisiche e giuridiche.

La terza è la modifica della composizione del Parlamento Europeo, dove dopo che i britannici avranno lasciato i loro seggi, il gruppo parlamentare dei sovranisti sarà più numeroso di quello dei verdi. Potrebbe essere un’opportunità sia perché in numerosi Stati dell’Ue i sovranisti sono più liberisti dei verdi e certamente sono più contrari di loro ad alta pressione fiscale.

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