Ce lo vedete Matteo Salvini silenzioso, molto attento a seguire un dibattito senza proferir parola per più di due ore, intento solo a prendere appunti (e, chissà? forse a dimostrare che anche lui sa “studiare i dossier”) in un convegno, per di più, che in alcuni momenti sembra proprio assumere toni accademici, con tanto di professori che intrecciano fili storici e concetti teorici? È accaduto ieri sera nella sala convegni di un albergo in pieno centro a Roma, ove si discuteva del nostro ruolo in Europa.
A compiere il miracolo è stato l’ex presidente del Senato Marcello Pera, che è ricomparso dopo molto tempo in pubblico da par suo: tenendo una vera e propria lectio magistralis (la definizione è del capogruppo al Senato di Forza Italia Anna Maria Bernini) sulle evoluzioni, o meglio involuzioni, di una Unione europea che ha perso strada facendo lo spirito cristiano e liberale (non liberal) che aveva ispirato i Padri Fondatori subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale (“Il ratto di Europa. Obiettivi dei Padri, delusione dei figli” era il titolo). Il tutto sotto le insegne del quotidiano Il Tempo, con la regia del direttore Franco Bechis e probabilmente con la bonaria sponsorship di Dennis Verdini che si aggirava in fondo alla sala con molta discrezione e semplicità di modi.
E in effetti Pera sembra aver compiuto ieri un miracolo: aver cominciato a federare veramente quel centrodestra (o destra-centro se preferite) che né Salvini né Silvio Berlusconi finora avevo mostrato seriamente l’intenzione di voler federare. Ma la politica a volte fa valere le sue regole che vanno oltre le intenzioni, o meglio i caratteri e le simpatie personali, dei singoli. L’importante è trovare sulla propria strada un “padre nobile”, casomai più intellettuale che politico, che possa farsi patrocinatore di un percorso comune, sancito dalla presenza ieri fra i relatori dei due capigruppo a Camera e Senato del partito del Cavaliere. Tanto che alla richiesta di Pera di convocare presto una conferenza programmatica di tutto il centrodestra, il leader della Lega non ha potuto che accettare. Salvini ha pure indicato una data non troppo lontana per la sua realizzazione: la primavera prossima, subito dopo l’auspicata vittoria nelle elezioni regionali di Calabria e Emilia Romagna. “Magari il 25 aprile, in risposta a ‘Bella Ciao”, ha detto nel suo intervento conclusivo, ironizzando su Paolo Gentiloni e gli esponenti socialisti europei che non si sa in base a quale criterio poco prima avevano intonato le note della canzone partigiana a Bruxelles.
“Programma”, “base culturale”, “visione ideale e non improvvisazione”: questo il senso dell’appello di Pera, il quale, nella sua relazione, ha mostrato come tutti i fili delle singole battaglie del centrodestra possano tenersi se si ha ben chiari i fini a cui tendere: come il “sovranismo” sia una battaglia per la democrazia e per un diverso e più forte europeismo e non il contrario; come il politically correct e il progressismo continuino sulla strada delle ideologie del passato e si fanno perciò non a caso patrocinatrici di politiche illiberali oltre che antidemocratiche (“chi governa a Bruxelles oggi è chi è stato bocciato alle elezioni di casa propria”); come l’Unione europea in certi aspetti assomigli sempre più a un centralismo di tipo sovietico ove burocrazie “senza anima” pretendono persino di indicarci la dieta giusta (“bocciando ad esempio il Parmigiano, perché non salutare, e promuovendo le “sardine”!).
Due i panel: dopo quello più strettamente culturale, con le dotte relazioni dei professori Carlo Malinconico e Marco Gervasoni, quello politico con Enzo Moavero Milanesi, Bernini, Maria Stella Gelmini e, in fondo, quasi a ora di cena, Matteo Salvini a concludere, consapevole che la sala aveva “tenuto” anche per l’attesa del suo intervento. Il quale però è stato contenuto anch’esso nei tempi (avrà parlato non più di una decina di minuti) e soprattutto nei toni. Sul banco degli imputati, ovviamente, il governo, e il famigerato Mes. Anche perché Moavero, nel suo intervento, fra l’altro molto tecnico, aveva affermato senza molte perifrasi che gli spazi migliorativi adombrati dal governo sono praticamente inesistenti. Il centrodestra farà proprio l’appello alla concordia lanciato da Pera? Chissà! Certo, è l’“ultima chiamata”. “Se ritornati al governo, ricomincerete di nuovo a litigare – ha ammonito l’ex presidente del Senato – state sicuri che gli italiani questa volta non l’accetteranno e più non vi voteranno”.