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Phisikk du role – Qualcuno ha notizia del referendum costituzionale?

Il traguardo di Natale è a un passo e, come da tradizione, il Parlamento si prepara con l’impegno dovuto alla Festa, con dovizia di abeti ecologici con le palle scintillanti e presepi d’epoca, concerti da grande soiree, ventagli condivisi coi giornalisti in conferenza stampa ( i “ventagli”, però, vanno bene ad agosto… a Natale ci vorrebbe qualcosa di più caldo, ma insomma non sottilizziamo), voti al Mes, soccorsi dei “responsabili”, leggi di stabilità, chiacchiere vaganti sull’instabilità e tutto il casinò di sempre.

Piccolo mondo antico: se non ci fosse la verniciata di futuro con le postazioni dei computer, sembrerebbe di essere all’alba del secolo scorso, con Giolitti che s’infila in qualche salotto e, sparso per il transatlantico, l’esercito degli iscritti al demi- monde dei giovanotti di provincia sbarcati nella Capitale alla ricerca di fortuna. L’Italia è sempre uguale a se stessa, solo che non c’è il re al Quirinale e corre, con qualche eccessiva altisonanza, la Terza Repubblica. Al ritmo eterno del “primum vivere, deinde…”.

A proposito: qualcuno ha notizia del referendum costituzionale? Dopo l’approvazione entusiasta dei parlamentari con urletti di gioia purissima, si attendeva la mossa dei referendari, per sottoporre l’importantissima modifica costituzionale al vaglio del popolo sovrano. Il referendum può essere chiesto da 5 Consigli Regionali, 500.000 cittadini o un quinto di deputati o di senatori. Lato consigli regionali silenzio assoluto. Lato raccolta firme si segnala solo l’eroico gesto dei radicali a rompere un silenzio compatto come una congiura. Lato parlamento inspiegabile blackout. Si sa solo che con qualche fatica si raggiunse già da tempo la cifra di cinquanta a palazzo Madama, dove occorrono solo 65 firme di senatori e lì si è fermato- inspiegabilmente-il treno. Dalla Camera solo qualche lasca testimonianza. Voci attendibili raccontano che al Senato si sta diffondendo una strana teoria: se si raccolgono le firme per il referendum e poi il popolo dovesse votare no, si aprirebbe una scorciatoia per il voto anticipato, che si renderebbe politicamente inevitabile dopo lo smacco ricevuto dal popolo.

Meglio allora stare zitti e buoni e godersi quel che resta, tre anni e un po’, della 18a legislatura. E si sa che il parlamentare, soprattutto se di fresca nomina, guarda al voto anticipato come il toro guarda al rosso del matador nella corrida. Personalmente ritengo un tantino stupida questa idea, perché non garantisce affatto l’allungamento della durata di questa travagliatissima legislatura, ma anzi paradossalmente la minerebbe seriamente, perché comunque resterebbe l’inciampo dell’elezione del Capo dello Stato nel 2022.

Infatti rimane difficile pensare che dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale possa essere ancora il collegio dei 945 parlamentari ad eleggere il nuovo Presidente (che dura in carica sette anni, non dimentichiamolo, dunque ben oltre la durata della legislatura ), quando il nuovo è formato da soli 600. Dunque almeno per correttezza istituzionale il Parlamento andrebbe sciolto per rendere possibile l’adeguamento alla modifica Costituzionale già entrata nell’ordinamento. A maggior ragione, allora non si capisce l’indolenza riluttante dei senatori di fronte alla richiesta delle firme per l’indizione del referendum. In fondo se sono così certo del voto che ho dato per amputare più di un terzo del Parlamento, mi farà piacere confrontare le mie ragioni col popolo sovrano. O no?

Intanto è quasi Natale: i pacchetti sotto l’albero prendono posto e qualche bacio sotto il vischio schiocca sonoro, come sempre. E, in verità, è questa l’unica cosa che rassicura.


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