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Plastic e sugar tax? In Italia tanti sceriffi cattivi, ma nessun Robin Hood

Di Carlo Amenta

Tasse, tasse, tasse! Anche in questa legge di Bilancio sembra riecheggiare forte lo slogan di governo del Re fasullo d’Inghilterra, del Robin Hood di Disney, intenzionato a punire i sudditi irrispettosi di Nottingham. E l’Italia sembra sempre di più assomigliare alla Nottingham della Disney, con tanti sceriffi cattivi ma nessun Robin Hood a difendere cittadini e imprese dalle mani rapaci dello Stato.

Dopo polemiche, rinvii e modifiche sono passate anche la plastic tax e la sugar tax che dovrebbero portare un gettito complessivo di meno di 200 milioni di euro e hanno alimentato, sin dalla loro concezione, polemiche e dibattiti anche all’interno di questa sgangherata maggioranza di governo.

Si tratta di tasse che, da un punto di vista teorico, dovrebbero ridurre i consumi e la produzione dei beni in questione considerati dannosi per l’ambiente e per la salute. Questi provvedimenti appartengono alla categoria delle cosiddette tasse pigouviane, ideate dall’economista Arthur Cecil Pigou per risolvere uno dei fallimenti del mercato, quello delle esternalità di consumo e di produzione. Si tratta di casi in cui produttori e consumatori non considerano i costi che gravano sulla collettività in ragione delle loro azioni e producono o consumano quantità più elevate di quelle “ottimali”. La tassa pigouviana mira quindi a “internalizzare” questi costi sociali, aumentando quelli individuali di imprese e individui e riducendo così la quantità prodotta e consumata.

La teoria è affascinante per chi ama l’intervento dello Stato come “guida silenziosa del mercato” come l’ha recentemente definito il ministro Patuanelli. Per loro natura le tasse pigouviane, se funzionano e almeno nel lungo periodo, dovrebbero quasi azzerare il gettito prodotto in quanto le quantità consumate e prodotte dovrebbero ridursi lasciando il problema di continuare a coprire i buchi per i livelli di spesa inefficiente a cui non si pone rimedio. I nostri eroi al governo sembrano anche vittime della sindrome del “modello super fisso” che non considera che imprese e individui reagiscono e si adattano come nel caso di queste “tasse sui vizi”.

Alcune imprese del settore della produzione di soft drink hanno già annunciato che, in ragione dell’introduzione delle nuove tasse, delocalizzeranno i propri stabilimenti creando gravi disagi all’occupazione. Non so se, come sostengono i sindacati, si tratti solo di un pretesto ma, anche se così fosse, è grave che questo governo riesca a fornirne così tanti. Lo ha fatto con l’ex llva, cambiando le regole in corso e consentendo così a Mittal di provare a fuggire e lo sta facendo con produttori di plastica e venditori di bibite, dando la possibilità di scegliere di abbandonare un Paese sempre meno amico delle imprese, degli investimenti e dello sviluppo.

Ci troviamo di fronte a un governo che non ha una visione, non ha una idea di futuro e non sa immaginare alcuna strategia per lo sviluppo. Chi scrive detesta l’idea della politica economica di uno Stato che sceglie per i propri cittadini cosa è giusto produrre e cosa consumare, ma di certo odia ancora di più uno Stato “accattone” che non riesce a contenere la propria spesa mettendo mano a un serio taglio delle uscite e inventa nuovi balzelli, utili solo a fare cassa per comprare il consenso di piccoli gruppi di interesse legati a rendite di posizione.



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