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Restituiamo Roma ai romani, e sul Mes vi dico… Parla Rinaldi (Lega)

Di Roberto Pagano

“Elezioni subito” ed a tutti i livelli, “Via Raggi, no al Mes”. Queste le parole d’ordine per una svolta in verde leghista per la Capitale, in Regione Lazio e a Palazzo Chigi. A margine dell’evento organizzato dalla Lega al Teatro Italia, dove, a partire dal segretario Matteo Salvini, sono state attaccate duramente le insufficienze amministrative della Sindaca di Roma, Virginia Raggi, l’indeterminatezza sulla questione rifiuti da parte del Comune e della Regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, ed il governo Conte sul tema del giorno, la ratifica parlamentare del Meccanismo europeo di stabilità, Formiche.net ha intervistato Antonio Maria Rinaldi, oggi eurodeputato della Lega, docente di Economia e finanza aziendale, romano “doc” e volto mediatico capitolino di Via Bellerio.

Antonio Rinaldi, a parte le difficoltà evidenti che si registrano nella gestione politico-amministrativa della Capitale ed andando oltre i naturali slogan di una manifestazione di una Lega all’opposizione, che ha reclamato e reclama, dalla crisi di agosto ad oggi, elezioni subito ed a tutti i livelli – parlamentari, regionali e comunali -, di cosa avrebbe bisogno Roma, innanzitutto?

Roma ha il bisogno fondamentale, in primo luogo, di rimettere il cittadino al centro dell’attenzione. Il cittadino romano è stato trascurato e messo troppo a lungo da parte. Bisogna lavorare per migliorare la qualità della vita. Ci vuole poco. I romani non pretendono la luna, e vorrebbero solamente quello che hanno e di cui godono i cittadini di tutte le altre grandi capitali. Potremmo davvero essere la più bella città, e realmente la migliore Capitale del mondo e, invece e purtroppo, siamo il fanalino di coda.

Lei ha molto sottolineato, intervenendo prima del segretario Salvini, questi aspetti, la caduta della qualità dei servizi, il decoro urbano.

A sessantacinque anni mi vergogno dello stato della mia città. Quando ero un bambino ricordo che Roma non era in questo stato e, di certo, mai così. Mi piange il cuore, lo dico apertamente, da cittadino e ancor più da romano a vederla nelle condizioni attuali. E questo, quando potremmo avere, invece, sicuramente la possibilità di vederla in uno stato molto migliore. I romani si accontentano di poco: desiderano soltanto un po’ più di sicurezza, che le strade non siano come quelle di Kabul dopo i bombardamenti, vogliono che vi sia una viabilità che consenta di avere effettivamente delle alternative all’automobile. I romani prendono la loro auto non perché sono pigri o per altre ragioni, ma perché effettivamente non hanno alternative al trasporto privato. Un servizio di trasporto pubblico efficiente, quel che è assicurato in tutte le altre capitali mondiali, sarebbe la prima cosa da assicurare e riorganizzare. Dobbiamo cercare, quindi, di riavvicinarci alle effettive esigenze dei cittadini. Comprendo bene che Roma ha problemi che vengono da lontano, però non si è mai fatto nulla per risolverli. A mio avviso, la gestione di Roma è sempre stata quella di ‘tappare il buco’. Non si è mai avuta una visione, una prospettiva. E, infatti, ci troviamo in questa situazione tragica.

La Capitale ha problemi strutturali, uno status giuridico non riconosciuto per la Capitale del Paese, un sistema burocratico-amministrativo inadeguato, un bilancio insufficiente e gravato dall’enorme debito storico. I cittadini, negli ultimi anni, hanno visto declinare i servizi pubblici essenziali. Ma quale azione immediata per superare lo stato delle cose? In particolare, lei e la Lega cosa proporreste?

Serve innanzitutto una fortissima ristrutturazione organizzativa di Roma. La città ha una situazione molto particolare. Se andiamo a vedere le altre capitali europee, queste hanno una organizzazione amministrativa completamente diversa. Pensiamo ad Ostia, ad esempio. Per dimensioni è una vera provincia, ma da sempre Ostia è prima una circoscrizione e poi un semplice Municipio. Altrove è del tutto diverso. Se infatti guardiamo a Parigi, quella metropoli è organizzata in modo molto differente. Da una parte c’è il centro, il cuore di Parigi, e poi con gli arrondissement, una organizzazione amministrativa e politica autonoma e decentrata. Perché non emulare la capitale francese? In Italia, possiamo vedere anche la situazione di Milano: Monza è un Comune a parte, eppure ci troviamo con una città nella città. A Roma, invece, quella città sarebbe un semplice Municipio. Questo sistema organizzativo non è affatto compatibile con una metropoli europea e questo grava moltissimo su una gestione efficace della Capitale.

La questione del Meccanismo europeo di stabilità è il tema del giorno, tra polemiche, accuse e controaccuse tra le forze politiche. Come valuta la vicenda del cosiddetto Fondo Salva-Stati e come vede le prospettive del governo Conte, almeno a breve termine?

Leggo che lunedì prossimo il Presidente del Consiglio riferirà in Aula sul Mes. Sono estremamente curioso di sapere come Conte riuscirà ad arrampicarsi sugli specchi. Questo lo dico perché il premier non è andato a riferire alle Camere, mentre c’è una legge specifica al riguardo, che volle Monti, la 234 del 24 dicembre del 2012. Qui, in maniera inequivocabile, è indicato che il capo del governo deve riferire alla Camere su qualsiasi accordo in materia economica e monetaria con l’Unione europea. E la legge va addirittura oltre, e infatti le cito anche il comma 5, che impone che nel caso in cui il governo non si attenga all’indirizzo delle Camere, esso deve tempestivamente – si utilizza proprio questo termine “tempestivamente” – andare a informare il Parlamento. Non mi risulta che ciò sia mai avvenuto. Adesso, naturalmente, il Mes non è più emendabile, perché è chiuso e definito. Però ci sarà un voto del Parlamento che ne deciderà le sorti. Sono certo che non passerà, dal momento che tutte le forze politiche, tranne il Pd, sono contrarie al Mes. Non so quando andrà in discussione e non so, in realtà, nemmeno se sarà questo governo a discuterne. Credo che l’esecutivo, continuando così, avrà una vita molto breve.

Cosa pensa delle dichiarazioni, sostanzialmente tranquillizzanti, del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri?

Non posso che fare una battuta. Credo che Gualtieri sia molto più bravo a suonare la chitarra che a parlare del Mes.

È al debutto la nuova Commissione europea. Come vede gli intenti programmatici della presidente Ursula von der Leyen? Lei ha una posizione molto euro critica.

Certamente. Se la presidente von der Leyen pensa che i problemi di tutta Europa, di 500 e oltre milioni di cittadini europei si risolvono con la “green economy”, direi che siamo molto lontani dall’affrontare i problemi reali. Le esigenze delle persone in carne ed ossa, che debbono arrivare a fine mese, o di chi fa impresa, sono molto diverse e così anche le politiche da mettere in atto. Non è questa la strada.

Quali dovrebbero essere le posizioni da prendere e gli interventi indispensabili?

Realizzare un vero e reale piano di grandi investimenti in tutta Europa. A iniziare dall’Italia. Innanzitutto, dobbiamo rilanciare fortemente i consumi interni. Ed operando a tutto campo sui vari fronti. Uno tra tanti, come priorità assoluta, ad esempio: è indispensabile un grandissimo piano per la messa in sicurezza di tutto il nostro territorio, dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Vediamo cosa succede ogni volta che la pioggia cade un po’ più intensamente con le tragedie e i disastri che provoca. Non c’è manutenzione nel nostro Paese. Qui bisogna intervenire con determinazione. Significherebbe far ripartire il comparto delle costruzioni, che in dieci anni ha bruciato oltre 600 mila posti di lavoro, qualcosa di incredibile, e nessuno ne parla.

Questo significherebbe uscire dai vincoli europei, salvo nuove deroghe o la violazione degli stessi. Ma come si può fare con lo stato non brillante dei conti pubblici italiani, sempre sotto osservazione?

Io registro che molti altri Paesi dell’Unione europea escono tranquillamente dai vincoli e nessuno dice alcunché. Noi, invece, siamo sotto ricatto. Magari se avessimo un po’ più di forza e determinazione, probabilmente non saremmo in una situazione di subordinazione, del tutto non accettabile.

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