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Il genio della fine e dell’inizio. Un augurio per la buona scuola

È tempo di “auguri”, cioè – nell’antica lingua etrusca – è tempo di “voli favorevoli di uccelli”.

Certamente è possibile affidarsi al fato, al destino…ci sta: chi ragiona, comprende che non tutto è programmabile nella vita. L’intelligente, poi, che crede in Dio può affidarsi alla Provvidenza. È tutto giusto nel passaggio dal vecchio al nuovo anno civile, dal “già” al “non ancora”.

Le decine di mail che ricevo ogni giorno da parte di genitori e di docenti, mail piene di sofferenza e di speranza, rendono evidente che è sempre tempo di “già e non ancora”: il desiderio di giustizia e di libertà – soprattutto quando sono in gioco i bambini e i ragazzi e i loro educatori – non ha un tempo di inizio e di fine: è presente tutti i giorni dell’anno e non si esaurirà fino al suo compimento.

È chiaro infatti che, col nuovo anno, non compariranno i 50 mila docenti di sostegno che mancano; sicuramente gli sprechi nella scuola pubblica statale andranno avanti ancora per un bel po’ di tempo, senza un meccanismo di costo standard; di certo centinaia di piccole scuole pubbliche paritarie, con rette sotto ai 3000 euro annui (ben più economiche delle pubbliche statali a 10.000 euro annui per alunno) andranno verso la chiusura; ancora migliaia di bambini disabili non potranno accedere alle pubbliche paritarie, non ricevendo dallo Stato il sostegno che le scuole non possono pagare, pena la chiusura immediata.

È chiaro inoltre che continuerà la favola delle scuole paritarie che sfruttano i docenti (dove sta lo Stato controllore? Come mai certi dirigenti ministeriali bloccano le relazioni degli Ispettori che fanno il loro dovere?) e anche andrà avanti, con il nuovo anno, la leggenda metropolitana degli alunni delle pubbliche paritarie che non sono didatticamente preparati (eppure le prove Invalsi – dove sono serie – parlano chiaro…). Strano, perché i rampolli dei parlamentari di tutti i colori le frequentano regolarmente… e tali figli hanno spesso un desiderio di cultura e di formazione maggiore di quello dei padri.

Ci sono tutte le premesse perché il primo giorno di gennaio abbia in sé tutto il genio della speranza e il fardello del 31 dicembre. La differenza sta nel considerare ogni giorno che passa come la fine di un tempo e l’inizio di una svolta, fondata su principi incontrovertibili di giustizia ed equità. Caratteristiche lontane dal sistema di Istruzione italiano, al di là delle affermazioni giuridiche di principio. Non è un caso che l’Istruzione pubblica sia stata, nella breve storia repubblicana dell’Italia, quasi sempre al centro di mutazioni governative. Nessuno Stato, nessun governo può durare senza un equilibrio e una giustizia nella formazione dei suoi membri e di chi deve provvedervi. Uno Stato che non prende a cuore il diritto della Famiglia ad esistere (anche economicamente) e a scegliere l’educazione dei propri figli, può soltanto affermare che intende distruggere la famiglia, risolvendo il problema alla radice. L’augurio è che, se così è stato fino al 31 dicembre, non sia più dal 1° gennaio, almeno nella coscienza e nell’azione di tanti cittadini e parlamentari consapevoli. Buon inizio, genitori e docenti italiani, che intendete e desiderate scegliere come educare e dove educare nella buona scuola pubblica statale e paritaria.

Buon inizio, allievi – anche diversamente abili – delle scuole pubbliche italiane, statali e paritarie, che desiderate docenti ben formati, motivati, còlti, consapevoli del loro ruolo, concordi almeno nei principi essenziali dell’educazione e della civiltà, e anche retribuiti dignitosamente, per il valore del loro lavoro.
Questo augurio “da primo gennaio”, in realtà, vuole essere incastrato in ogni giorno festivo e feriale dell’anno solare. Pasqua compresa.



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