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Airbus, la corruzione e l’anomalia italiana. Parla Tricarico

Rispetto a quanto accade all’estero, in Italia l’industria della difesa (e non solo) viene trattata “come se fosse lo sterco del diavolo”. È così che il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, commenta con Formiche.net le notizie che arrivano da Airbus, il colosso franco-tedesco dell’aviazione che questa mattina ha confermato le indiscrezioni del Financial Times sul prossimo raggiungimento di un accordo con le autorità di Francia, Regno Unito e Stati Uniti in merito alle accuse di corruzione e abuso d’ufficio. Ammettendo le azioni illecite, il gruppo potrebbe apprestarsi a pagare una sanzione miliardaria, chiudendo una vicenda che dura da quattro anni.

LE ACCUSE

Nel 2016 fu infatti il Serious fraud office (Sfo) britannico ha avviato un’indagine su tangenti e corruzione connesse a presunte irregolarità nei rapporti con intermediari e terze parti per il cui pagamento potrebbero essere stati usati persino fondi neri ad hoc. Un anno dopo, con le stesse accuse, l’iniziativa di Londra fu seguita dal Parquet national financier (Pnf) francese, mentre nel 2018 si aggiunse il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sull’ipotesi di violazione dei regolamenti per il commercio internazionale di armamenti (Itar).

LA SANZIONE

Come nota il Financial Times, il patteggiamento consentirebbe ad Airbus di evitare azioni penali in caso di ammissione di azioni illecite, accettando di conseguenza di rivedere la proprie attività e di pagare una sanzione che si preannuncia miliardaria. Nel 2017, con accuse simili, Rolls Royce pagò 671 milioni di sterline. Per il gruppo europeo gli analisti stimato almeno 3 miliardi di euro. Per ora mancano comunque i dettagli, anche perché, come specifica la stessa Airbus, gli accordi devono essere approvati dalle autorità dei tre Paesi.

IL LATO MILITARE

Negli ultimi anni Airbus è stata protagonista di diverse vicende giudiziarie. A febbraio del 2018, sul lato militare (che tocca Airbus Defense and Space), si chiuse l’indagine della procura di Monaco di Baviera sull’ipotesi di corruzione nella vendita da 2 miliardi di euro di 18 Eurofighter (poi ridotti a 15) all’Austria, nel 2003. Pur sollevando l’azienda dall’accusa di corruzione, la procura ha comminato una sanzione da 250mila euro, insieme alla restituzione (disgorgement) di ben 81 milioni. Sulle stessa commessa era stata tra l’altro aperta l’inchiesta sponda austriaca, su cui in passato è addirittura intervenuto il ministro della Difesa di Vienna, Hans Peter Doskozil, palesando i sospetti di frode.

LA PREDIZIONE DI ENDERS

D’altra parte, alla fine del 2017, era stato l’allora ceo tedesco Tom Enders, ad annunciare “tempi turbolenti”, chiedendo ai dipendenti di prepararsi. Il ceo aveva avvisato delle “possibili pesanti conseguenze, incluse consistenti sanzioni”, potenzialmente derivanti dalle molteplici accuse che, già da mesi, piovevano da mezza Europa sull’azienda. Secondo diversi osservatori, tali accuse hanno pesato nel corposo cambio al management degli ultimi due anni. Lo scorso aprile, Enders ha lasciato l’incarico al francese Guillaume Faury come annunciato mesi prima, quando aveva spiegato che non avrebbe chiesto una riconferma dopo 14 anni alla guida del gruppo.

IL CASO ITALIANO

Airbus si appresta ora a patteggiare. La notizia fa sorgere un dubbio: cosa sarebbe accaduto se a finire sulla graticola fosse stata un’azienda italiana? “In Italia – spiega il generale Tricarico – la situazione è decisamente più complessa; in pratica, la magistratura ha spesso mostrato nei confronti delle operazioni commerciali all’estero delle nostre grandi imprese una rigidità e un rigore che sono di ostacolo alle attività di esportazione, non solo di materiali d’arma”. Ora, ha aggiunto, “se questo atteggiamento dovesse perdurare, è chiaro che aumenterebbe lo svantaggio dell’industria nazionale sui mercati globali”. In altre parole, “andrebbe individuato uno strumento legislativo che consenta, al di fuori del territorio nazionale, di concedere la facoltà di corrispondere compensi di intermediazione, naturalmente facendo in modo che le operazioni siano trasparenti e che non comportino arricchimenti illeciti per nessuno”.

DUE PESI E DUE MISURE

Rispetto al caso Airbus, non sfuggono le inchieste giudiziarie che hanno piegato Finmeccanica, decidendo le sorti di amministratori delegati, del modello organizzativo (la cosiddetta One company) e dello stesso nome del Gruppo, oggi Leonardo. In Italia “c’è di più”, ha infatti notato Tricarico. “Dopo aver prosciolto con la conferma della Cassazione i dirigenti di Finmeccanica accusati di reati di corruzione internazionale, li si lascia in balia della giustizia di Paesi che ancora utilizzano tribunali speciali”. L’India, ha ricordato il generale, “da molti mesi sta insistendo per portare in giudizio Giuseppe Orsi e Bruno Spagnoli (rispettivamente ex ad di Finmeccanica e AgustaWestland) dopo che la giustizia italiana per gli stessi fatti li ha completamente prosciolti”. Occorre, ha detto, “che la nostra giustizia, anche con il grave precedente dei Marò, metta una barriera rispetto a richieste insensate, invece che addirittura assecondarle, sbrigando le pratiche in pochi giorni quando altri processi stanno fermi per decenni”.

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